Capitolo 1

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In quelle giornate la notte serviva soltanto a ricordarmi quanto la mia vita fosse vuota ed insensata. Speravo solo che al mio funerale potessi assistere al patetico spettacolo della gente che mi rendeva quotidianamente la vita un inferno piangere la mia morte. Avrei pagato per vedere i volti dei presenti intrisi di finta tristezza e le loro guance rigate da lacrime di coccodrillo. È incredibile quanto fossero tutti così bravi a farmi sentire uno scarto della società...in realtà non avevo alcuna intenzione di far parte di una società così schifosamente effimera. Stavo quasi bene così.

A volte mi dimenticavo totalmente di avere le cuffie nelle orecchie, la musica si miscelava alla perfezione con i miei pensieri, come se i testi delle canzoni fossero stati scritti attingendo spunto dalla mia mente malata. Solo la musica non mi faceva sentire uno schifo totale. Più o meno! Ad un certo punto la riproduzione casuale mio propose una delle mie canzoni preferite: "Solitude" dei Candlemass.

"Siedo solitario nell'oscurità, aspettando d'essere libero. Piango solo e abbandonato. Aspetto che arrivi la mia ora. Morte significa solamente vivere. Vi prego, lasciatemi morire in solitudine."

Sembrava scritta da me. Mi rassicurò pensare che non ero l'unica ad avere pensieri così anomali. -Ma perché?- mi domandai con amarezza. Quale peccato potevo aver commesso per essere condannata a vivere l'inferno sulla Terra? Non facevo altro che causare problemi a me ed a chi avevo attorno. Uno spreco di cellule, ecco cos'ero. Era bello pensare che tra poco sarebbe stato tutto finito, dovevo solo prendere il coraggio a due mani e ammazzarmi. In fondo, sarebbe stata la cosa migliore per tutti.

Il giorno seguente avrei riiniziato la scuola... il primo giorno di terza superiore. Mi ero posta il buon proposito di finire le superiori prima di farla finita ma quella sera pensai che non sarebbe stato possibile portare a termine nemmeno quell'anno scolastico. -Tsk, nella tomba la cultura non mi servirà proprio a niente- borbottai. Solo al pensiero che il giorno seguente avrei rivisto tutte quelle persone di merda che mi ero scollata di dosso per tre mesi mi venne il voltastomaco. Perlomeno nelle ore di laboratorio avrei potuto parlare con la professoressa di arti figurative, Amy. Era l'unica, che sembrava comprendere i miei disagi e non mi giudicava una squilibrata. Probabilmente perché era bipolare...provavo una grandissima ammirazione nei suoi confronti. Non si lasciava sopraffarre dal suo disturbo, era ancora viva, dopo quasi cinquant'anni. Peccato che io invece fossi solo una codarda, -Forse la vita non è per tutti...- pensai. Era tardi, rischiavo di non alzarmi in tempo il giorno dopo. Mi augurai sarcasticamente che i miei compagni di autobus sarebbero stati più creativi del solito con i commenti sul mio abbigliamento.

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*spazio autrice*

Saaaaalve! Sì, è corto, ma l'ho concepito così sintetico volutamente. Ho deciso di fermarmi qui per introdurvi un po' la protagonista e il suo modo di pensare. Vorrei farvi notare come così spesso focalizza il proprio odio prima verso gli altri e poi su sé stessa. Questo sarà uno dei tanti elementi distintivi di Echo. Il prossimo capitolo sarà più lungo e ricco, prometto. C:


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