Capitolo II

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Il viso di Claudia è di un' interessante sfumatura verdognola.
-Penso che morirò.
Sussurra esanime, dopo l'ennesima vomitata.
In circostanze normali, una piccola parte di me ne sarebbe felice, ma adesso sono troppo spaventata e troppo in ansia, per essere meschina con la mia migliore amica.
Siamo sedute in riva al mare, l'unico posto sicuro e tranquillo che mi fosse venuto in mente subito dopo la fuga dalla villa, un tratto di spiaggia libera vicino al pontile.
Ho sistemato davanti a me il cellulare di Claudia e con le tempie che pulsano aspetto che si illumini e ci dia notizie di Tancredi.
-Se non chiama entro dieci minuti, lo chiamo io.
Guardo Claudia ed evito di risponderle, sarà almeno la terza volta che lo dice, ma sa benissimo che non le permetterò di prendere in mano il cellulare.
Tancredi è stato molto chiaro, dovevamo aspettare che fosse lui a chiamarci e visto che la situazione in cui lo avevamo lasciato era davvero brutta, non volevo aggravarla in nessun modo.
-La prossima volta che un ragazzo carino mi invita alla festa del cugino... io...
Non faccio neanche lo sforzo di voltare la testa nella sua direzione, sono concentrata a fissare il cellulare posato sulla borsa, davanti ai miei piedi.
Chiamami, chiamami, chiamami...
-Credi che fossero soldi sporchi? In che razza di giro si è andato a infilare mio fratello? Pensi che ce l'abbiano con noi? Quanti credi che fossero? Erano tutti biglietti da cinquecento euro!...
La litania di Claudia continua senza sosta.
Domande a cui non ho risposta.
Posso solo immaginare che tipo di affari avessero il Moro e suo fratello insieme, lo zaino nero che avevo visto addosso al motociclista con le fiamme verdi sul casco, doveva essere lo stesso che si era rotto nel tira e molla sul bordo piscina.
Mi passo una mano tra i capelli e cerco di rimanere lucida, l'emicrania è diventata così dolorosa da farmi venire voglia di vomitare.
Il cellulare si illumina e inizia a vibrare, le note dell'ultima canzone di Rihanna disturbano il silenzio della spiaggia, sul display appare la scritta "Brother".
Prima che Claudia possa allungare la mano per prenderlo, rispondo alla chiamata e mi incollo l'apparecchio all'orecchio.
-Tancredi?
La mia voce risulta impaurita alle mie stesse orecchie.
-Giorgia?
Il suo tono sembra sollevato, ma non posso dirlo con certezza.
-Stai bene?
Chiedo, mentre Claudia mi si aggrappa al braccio nel tentativo di strapparmi il telefono.
-Sono tutto intero, voi dove siete?
Glielo dico.
-Dobbiamo parlare, arrivo in trenta minuti.
E riattacca, a quel punto lascio che Claudia si riprenda il cellulare mentre sibila furiosa, "è mio fratello, non il tuo!", facendomi desiderare che un altro attacco di nausea la metta ko.
Rimaniamo in silenzio per tutta la mezz'ora successiva, Claudia alterna momenti in cui sta troppo male per parlare a momenti in cui è troppo arrabbiata con me e il mio nuovo spirito di iniziativa che la fa sentire minacciata nel suo dominio del mondo.
Io, molto semplicemente, non ho niente da dire.
Il rombo del motore ci avvisa dell'arrivo di Tancredi.
Claudia si alza, afferra i maledetti sandali e la borsetta e gli corre incontro, io mi prendo il tempo per scrollarmi via la sabbia dalle gambe nude e concedermi un paio di respiri profondi.
Non ho voglia di sentire cosa ha da dire, non ne ho voglia per niente.
Mi avvicino lentamente e mentre abbraccia la sorella, Tancredi ha lo sguardo fisso su di me. Ha parcheggiato la moto davanti al muretto che segna l'inizio della spiaggia e un lampione dalla brutta luce gialla gli illumina il viso.
Ha metà del volto pesto e tracce di sangue sulla barba, in corrispondenza di un brutto taglio sul lato sinistro del labbro inferiore.
Trattengo il respiro e mi porto due dita alla bocca, nello stesso punto dove picchiandolo gli hanno spaccato il labbro, ma lui mi fa un cenno di diniego con la testa, così io non dico niente e riabbasso la mano.
Nel frattempo, Claudia che è stretta al fratello e sembra non essersi accorta di niente, inizia a piangere e a parlare a ruota libera.
-Io non volevo e poi sono scivolata per colpa delle scarpe e per terra era bagnato ed ero ubriaca e Giorgia non mi ha...
Arrivo in tempo per sentire la fine della frase "... non mi ha tenuta lontano dal bordo" e per me è la goccia che fa traboccare il vaso.
Senza dire una parola, le strappo le scarpe dalla mano, le spezzo i sottili tacchi laccati di nero e scaglio tutto con forza verso la spiaggia.
Claudia interrompe il suo piagnisteo e fissa sconvolta ora la spiaggia immersa nella penombra, ora me, io guardo Tancredi che nonostante abbia metà faccia che gli si stia gonfiando come un pallone, sorride divertito mentre osserva l'espressione della sorella.
Mi siedo sul muretto e faccio dondolare le gambe, non degno di un'occhiata la mia migliore amica che, ripresasi dallo choc, sta balbettando qualcosa a cui non presto attenzione.
Tancredi la lascia andare, poi si appoggia pesantemente sul muretto accanto a me e sospira.
-Siamo messi davvero male, ragazze, la situazione è schifosa.
Mi sistemo per poterlo guardare in faccia mentre parla, la brezza che viene dal mare porta l'odore della salsedine mescolato a quello della sigaretta che si è appena acceso.
Fa una piccola smorfia ogni volta che tira una boccata, evidentemente gli ematomi che si stanno formando devono fagli male, mi chiedo perché lo faccia, perché fumi nonostante il dolore, e come faccia a essere così bello anche in questa situazione, ma tengo i miei pensieri per me.
-Che legami hai con il Moro?
Chiedo invece dopo qualche secondo, sembra che Tancredi non sappia bene da dove cominciare, così provo a dargli la giusta imbeccata.
Mi guarda, alza il sopracciglio destro e fa un mezzo sorriso.
Claudia si è sistemata davanti a lui ed evita di guardare me.
-Corro per lui nelle gare che si tengono alle piste nella zona ovest, dietro le fabbriche abbandonate e faccio manutenzione, aggiusto, tutti i mezzi con cui lavora.
-Ma lì non ci sono piste per le moto.
Lo interrompe Claudia.
-Non ufficialmente.
Continua lui.
-L'ho conosciuto qualche anno fa, era amico del proprietario della prima officina in cui sono andato a lavorare quando sono andato via da casa. Rimase colpito dalla mia abilità con i motori, mi offrì un lavoro pagato il doppio di quello in cui ero impiegato in quel momento, così accettai. Qualche tempo dopo venne a sapere che mi piaceva correre con le moto e mi offrì dei soldi, tanti soldi, per correre per lui. Dissi di sì anche quella volta e inizia a vincere. Nell'ultimo anno ha iniziato a chiedermi di fare dei lavoretti per lui, li chiama "piccoli trasporti speciali", ma mi sono sempre rifiutato. Già così, potrebbero mettermi dentro per diversi reati, non voglio invischiarmi anche nella storia della coca o dell'eroina.
Fa una pausa, lancia il mozzicone della sigaretta lontano, si guarda intorno e si tasta piano la faccia.
Fa un verso a metà tra il dolore e il disgusto, poi riprende a parlare.
-Stasera gli avevamo portato l'incasso dell'ultima corsa, lui non raccoglie mai i soldi di persona, gli allibratori portano le vincite direttamente a noi il giorno dopo. Due giorni fa io e Cristian abbiamo vinto la gara di staffetta in una pista appena fuori Napoli. Erano un sacco di soldi, cinquecentomila euro per la precisione, quasi tutti andati dispersi o distrutti nell'acqua della piscina.
Lo stomaco mi si contorce per il dolore, il senso di colpa, la paura e l'ansia mi fanno espirare bruscamente.
Claudia non è messa meglio, si aggrappa alla maglietta del fratello, tremante.
-Ma tu hai messo le cose a posto, glielo hai detto che non volevamo.
Guardo la faccia di Tancredi e i suoi occhi che scintillano per un sentimento che penso sia collera e mi chiedo quanto possa essere intelligente eppure dannatamente stupida Claudia.
-Cosa vogliono?
Chiedo a bruciapelo, non ce la faccio più a macerarmi e torturarmi.
Devo sapere.
Tancredi prende per il polso la sorella e le fa staccare la mano che è ancora aggrappata alla sua t-shirt, poi le passa un braccio attorno alle spalle e le da un bacio sui capelli.
-Andrà tutto bene, piccola, non ti preoccupare.
Le sussurra con voce dolce e rassicurante, poi mi guarda e la sua espressione è così seria da farmi venire voglia di urlare.
-Non è così semplice, quei soldi gli servivano per pagare un corriere che sta arrivando con un camion in cui ci sono quaranta chili di cocaina purissima. La consegna è prevista per dopodomani notte, in un'aria di servizio subito dopo il casello stradale.
Lo guardo confusa.
-Se deve solo pagare il corriere, allora può prenderli da qualche altra parte quei cinquecentomila, perché picchiarti?
Tancredi scuote la testa.
-La coca è già pagata, ma se non paghi il corriere, il pacco non lo ritiri. E siccome la stessa sera c'è la Blind Race, non ha liquidi. È tutto investito per quella dannata corsa.
-La Blind Race?
Chiede Claudia e i suoi occhi sono diventati due pozzi neri di paura.
Tancredi si prende il tempo per accendere un'altra sigaretta prima di rispondere e quando lo fa, fissa il marciapiede davanti a noi.
-Si corre al buio, sulle moto. Le luci vengono oscurate con la vernice nera, agli spettatori non è permesso usare il cellulare, qualsiasi fonte luminosa è bandita dagli spalti. Gli scommettitori seguono la gara con binocoli a infrarossi, girano somme altissime e si può partecipare solo su invito.
Rabbrividisco, ho capito dove sta andando a parare.
-Mi sono sempre rifiutato di partecipare a questa pazzia. Ogni anno ci sono almeno due morti.
Trattengo il respiro mentre sento il cuore battermi nel petto così velocemente da fare male.
-Stanotte non ho potuto dire di no.
Conclude guardando il fumo della sigaretta alzarsi piano e andare a scomparire nella luce gialla del lampione.
Claudia soffoca un gemito e si stringe al fratello, io lo guardo con sospetto, non ha finito, c'è dell'altro.
Lui si volta e incrocia il mio sguardo.
Ci fissiamo in silenzio per un istante.
Poi lui sbuffa per nascondere una risata amara e scuote la testa dando un paio di pacche sulla schiena della sorella disperata.
-Le scegli intelligenti le tue amichette.
Sussurra.
-Perché? Cosa c'è?
Chiede Claudia allarmata, staccandosi dal fratello e dimenticandosi di piangere.
-La consegna della coca... quella... dovete ritirarla voi.

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