LA RESPONSABILITÀ DEI SOGNI

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Le mie preghiere sembrano essere esaudite, continuo nel mio lento incedere cercando di non scivolare nel ghiaccio. La nave sta rallentando, notevolmente per la sua stazza, la velocità anche grazie al ghiaccio che aumenta proporzionalmente la sua resistenza. Vedo sempre più persone affacciarsi dalla bestia marina, a guardare quell'uomo che incespica davanti a loro, inseguito da una foca. "Vorrà mangiarselo". Avranno pensato. Sto sentendo il cuore sobbalzare, mi fermo stremato, distrutto da una fatica a cui avrei riso solo 30 anni prima. Una strana idea attraversa i meandri del mio cervello. Voglio salire su quella nave, cambiare posto, cambiare prospettiva, probabilmente anche solo per tornare a parlare con delle persone, magari, vanitoso che non sono altro, farmi anche ascoltare, raccontare la mia incredibile storia.

Mi avvicino lateralmente al mostro, la superficie è cosparsa di frammenti di ghiaccio, per terra un metro buono di acqua appena spaccata mi distanzia dal ferro lucido.

Estraggo il piccone, il movimento rotatorio della spalla mi causa una fitta di dolore che manda scariche a tutto il corpo, sollevo lentamente il braccio e impatto sul duro acciaio della nave. Spero che così facendo capiscano che gli sto chiedendo di salire. Al terzo rintocco delle mie braccia un paio di omoni calano una scala a pioli, che cade fino a centrarmi in mezzo alla fronte. Tiro un urlaccio, guardandoli malissimo, pur rendendomi conto che loro, da quell'altitudine, non potevano scorgere il mio sguardo truce.

Sorrido pensando a ciò che sto per fare. Metto lentamente un piede sulla scala, poi l'altro, quindi rimango saldo e fermo mentre loro mi innalzano verso di l'equipaggio. La risalita è piuttosto lenta, e mi dà il tempo necessario ad archiviare e riorganizzare i miei ricordi. La nave in particolari mi fa tuffare nel passato, un passato nemmeno troppo lontano, anzi, per niente lontano. Eravamo su una nave da crociera, una delle famose, al tempo almeno, prima dello scandalo degli affondi, General Trucks. L'abito da sera risplende il suo sorriso meraviglioso, siamo una meravigliosa coppia di mezza età, e ci incamminiamo verso una cena a lume di candela, a strapiombo sull'oceano. La candela ci illumina e ci separa mentre quasi senza staccarci gli occhi di dosso mangiamo. Sento una fitta al cuore, la mia tortura continua non tanto nel presente, quanto in una memoria fin troppo maledettamente reattiva. Il loro lavoro di trasporto è quasi giunto al termine: all'equipaggio appare lentamente prima la testa, quindi il busto e infine il corpo completo. Appoggio delicatamente i piedi sul bordo e attento a non cadere metto piede nella Nac, una delle navi, a detta degli addetti ai lavori, due italiani su un equipaggio piuttosto vasto, deputate alla ricerca sull'allarmante riscaldamento globale. Roba da complottisti, il riscaldamento globale, dicevano. Eppure già da anni esistevano le prove che controindicavano un problema enormemente serio. La tragedia di Miami, del resto, era addirittura capitata solo 30 anni prima. L'oceano aveva esondato durante un periodo di piena particolarmente grave.Un intero centro vicino, che aveva al proprio interno migliaia di persone incubate nelle macchine virtuali, sempre una brutta bestia, secondo me, era stato completamente allagato e sommerso fino a 5 metri di profondità, assieme a tutta la città, del resto. Il bilancio era stato di migliaia di morti, morti intrappolati nel loro cervello, nel loro paradiso felice che, alla fine, aveva solo lasciato spazio all'annegamento. Al tempo ero ancora in viaggio per lavoro, e dallo Skyscraper, tutt'ora l'edificio più alto al mondo, avevo assistito impotente a una scena degna da film post-apocalittico. Mancavano solo gli alieni e le loro astronavi inceneritrici.

Comunque, questa nave faceva maledettamente bene, secondo me. Un giorno queste informazioni avrebbero aiutato, e non poco. Il primo membro dell'equipaggio italiano, Filiano, si era prima accertato delle mie condizioni di salute, poi completamente annientato dallo stupore aveva ascoltato la mia storia, quindi mi aveva spiegato lo sviluppo della missione, dettata dal quel che rimaneva del gruppo di ricerca istituito dall'ONU gia agli inizi del ventunesimo secolo. In sostanza la nave era si diretta al polo Nord, ma le ricerche dovevano essere effettuate qui per mancanza di carburante necessario a tornare. In seguito alle misurazioni l'enorme mostro avrebbe viaggiato fino alla Danimarca, passando per il mare del Nord. Restammo per un tempo indefinito fermi in acqua, da lontano osservavo Polar che rimaneva vicino alla nave, quasi a tenermi compagnia, a voler stare vicino a me. Mi addormentai, rimanendo vicino alle stelle, per non perdere troppo il contatto con la mia amata.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 25, 2016 ⏰

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