Debussy

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Io ed Erin ci osserviamo negli occhi ancora incerte e timorose.
-È tutta colpa tua e del tuo odio per il purè.-la rimprovero sussurrando puntandole il dito al petto, ancora con il fiatone dovuto alla corsa per quel maledetto ritardo.
-Vallo a dire agli sguardi che mandavi al ragazzo senza nome, signorina.-ribatte con tono orgoglioso,soddisfatta di sé stessa.
Sbuffo irritata, e prima ancora che possa accorgermene bussa rumorosamente alla porta dell'inferno.
Entro a testa bassa, nella speranza che il ritardo non sia così deplorevole come la mia mente lo immagina realmente.
Diversamente da come mi aspettavo il professor Ward prosegue imperterrito la lezione di letteratura, scrivendo nervosamente alla lavagna.
Presumo non si sia neanche accorto del nostro scabroso ingresso.
Trattenendo per me l'euforia, mi dirigo verso il banco accanto alla finestra appannata, sostenendo il mio sguardo sul pavimento,per non pestare le formiche che non ci sono: Madlyn mi ripeteva sempre che anche loro sono esseri viventi, e che anche loro hanno il diritto di vivere una vita al riparo da grossi piedi puzzolenti che ogni giorno camminano sui loro prati.
Ed io ormai, non potevo fare altro che prenderla come un'abitudine.

Mi siedo tentando in vano di non far rumore con il fastidioso cigolio che la mia sedia emette, posando sul banco ciò che la lezione del professor Ward richiede.

Sbuffo frustrata, non faccio altro che sbuffare.
Sono consapevole di aver attirato l'attenzione dei miei compagni di classe   in questo momento, come sono consapevole del fatto che una voce nella mia mente, come un disco rotto, li stia pregando di smettere.
Essere al centro dell'attenzione è nella mia lista nera da ormai innumerevole tempo.

Ward riprende l'attenzione, salvando la mia io interiore dagli squali affamati.
Nascosta dietro alla mia lunga chioma di capelli impiegata come eccellente scudo, alzo finalmente lo sguardo.
E di nuovo le palpitazioni, il mio cuore vuole fuoriuscire dalla gabbia toracica da quanto sono state impetuose quelle emozioni.

Non so ben motivarmi della reazione che la vista del suo viso concentrato, delle sue scure sopracciglia aggrottate,dei suoi lineamenti contratti, delle sue labbra tirate e del suo sguardo sfuggente suscitarono in me; ero certa che però non gli fosse sfuggita la mia imprecazione quando troppo distratta dalla sua irresistibile bellezza avevo fatto cadere la penna per terra, e che troppo rossa dall'imbarazzo avevo chiesto al professore di andare in bagno.

Chiudo la porta della classe più bruscamente di quanto le mie mani avessero calcolato, ed ancora più imbarazzata di prima corro rapidamente verso il bagno comune.
Acqua, ho bisogno di acqua che rimedi in parte al surriscaldamento del mio viso.
Gli sarò inevitabilmente sembrata una tredicenne in piena fase ormonale.

Prima ancora che possa darmi una risposta, sento il suono della campanella decretare la fine della lezione, consigliandomi questa volta di dirigermi verso l'aula di musica adesso, per arrivare quanto meno in orario.

Apro la porta del bagno nonostante il tentativo di rimediare al mio aspetto trasandato sia stato vano e mi dirigo a passo incalzante verso l'aula, tristemente consapevole di dover affrontare quest'ora da sola.
Credo Erin debba avere l'ora di scienze con la professoressa Garcia, la sua acerrima nemica da quando al primo anno di superiori era inciampata accidentalmente sullo scheletro del laboratorio,così rompendolo,a cui la professoressa aveva dedicato sei mesi di duro lavoro per la realizzazione.
Sorrido all'immagine di una Erin più piccola con le braccia conserte ed il viso imbronciato al vederle venire consegnato il doppio dei compiti come punizione.

Il corridoio è puntualmente colmo di adolescenti che corrono e chiudono armadietti, impedendomi di raggiungere l'aula di musica tanto facilmente rispetto a quanto avrei voluto, ritrovandomi costretta a condividere il mio anticipo con la ragazza alta e slanciata che una lezione fa e duemila battiti cardiaci prima era seduta accanto al ragazzo senza nome in mensa.

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