Capitolo 6

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Finisco di acconciarmi i capelli con uno chignon, lasciando la frangetta libera, poi metto il vestitino che ho comprato prima.

Un corsetto semplice di un rosa antico che mi arriva sopra l'ombelico, e ad un paio di centimetri di distacco una gonna a ruota di color bianco.

Metto delle ballerine dello stesso colore del corsetto e un copri spalle bianco come il latte e scendo.

Mio fratello è vestito in giacca e cravatta, così come mio padre.

Leyla invece porta vestitino. Sopra un corsetto, e un po' più in alto della vita parte una gonna a balloncino.

È nero a pois bianchi.

Non mi entusiasma particolarmente, odio i pois.

Mia madre invece porta un vestitino che parte già dal seno molto largo e le arriva sotto alle ginocchia, completamente rosso.

-Siamo pronti?-
Chiede mio padre.

Una ventina di minuti dopo arriviamo all'albergo.

Entriamo dentro, la sala reception è a dir poco enorme.

È stata allistita tra l'altro una tavolata di cinque o sei metri colma di punch e antipasti.

C'è una leggera musica di sottofondo, molto calma e melodiosa.

Dal tetto pendono lampadari enormi pieni di diamanti, ed il pavimento è lucido come uno specchio.

George si avvicina a mio padre salutandolo.

Io mi avvicino al banchetto e assaggio del salmone.

-Hey.-
Mi giro e sorrido alla ragazza.

-Louise.-

-Hai assaggiato il caviale? È a dir poco disgustoso.-
Dice facendo una faccia buffa.

Mi lascio sfuggire una risata.
-Odio il caviale.-
Affermo.

Ha un vestito a balloncino di un azzurro tenue ed un fiocco all'altezza del seno.

Si riempie un bicchiere con dell'acqua.
-Odio queste schifo di feste. Odio queste schifo di persone e odio questo schifo di vestito. Non respiro neanche a momenti.-

Guardo la sala. Sono metà tra l'imbarazzo e metà tra la comprensione.

-Sembrano tutti uguali.-
Sussurro.
-Sono solo volti dipinti, persone costruite, le loro azioni manipolate dalla loro sete di denaro.-

È la prima volta che do vita ad un pensiero del genere.

Quelle poche volte che ho avuto a che fare con Louise non abbiamo avuto occasione di scambiare due chiacchiere in privato.

L'unico con cui avevo più o meno legato era stato Jack, ed adesso era all'università.

Comunque da quel poco che ho visto e che so di lei mi sembra una ragazza abbastanza testarda e sgarbata con i suoi genitori.

L'ho sempre considerata molto vicina a me, simile in qualche modo.

Mi guarda sorridendo appena.
-Si, è così.-

Mi risponde con tono.

Si versa del vino rosso e beve tutto d'un fiato.
-Ma George non mi avrà mai così.-

Aggrotto le sopracciglia.
-Tuo padre.-
Affermo, chiedendomi il perché lo avesse chiamato per nome.

-Si.-
Sospira.

Una signora le si avvicina e la bionda sorride.
È il sorriso più tirato che abbia mai visto.

Pochi metri distante dal tavolo scorgo Peter parlare con due ragazzi.

Quando questi si allontanano mi avvicino a lui e lo saluto.
-Hey.-
Gli dico sorridendo.

Lui mi guarda ricambiando il sorriso.
-Ciao.-

-Che si fa ora? Intendo.. sarà tutta la sera così?-

-Be ora mio padre leggerà il discorso di inaugurazione, poi credo ci saranno un paio di balli ed il karaoke ed in fine i giochi d'artificio.-
Dice facendo spallucce.

Sembra proprio un suo vizio.

-Noioso direi.-
Constato involontariamente.
-Voglio dire..-

-Hai ragione.-
Mi dice lui ridendo.

-Vado in bagno.-
Sussurro allontanandomi.

Chiedo a Margaret dove si trovi il bagno del piano terra e mi dirigo verso la direzione che la donna mi indica.

Dietro alla porta il pavimento è fatto di piastrine bianche, così come le pareti.

Il lavandino è incastrato in un davanzale in mogano.

Apro la porta con su scritto signore e all'interno si trova un secondo lavandino ed il water.

Persino il bagno è enorme.

Mi guardo allo specchio e mi allento lo chignon. Mi inizia a fare male la testa per quanto ho tirato i capelli. Porto parte della frangetta dietro ad un orecchio e parte dietro ad un altro, poi torno alla sala.

Forse è dovuto più a tutte quelle persone che parlano ad alta voce che allo chignon.

Mi guardo intorno.

Sono così sobri, così compatti.

Eleganti persino nel modo di spostarsi i capelli dalla fronte.

La stessa musica di prima risuona in sottofondo.

Sono sempre le stesse note, fanno venire sonnolenza dopo che le ascolti per qualche minuto.

Non ce la faccio, sto per mettermi ad urlare.

Sento una voce sovrastare di poco tutte le altre, proviene dalla mia destra.

Mi volto e spio tra la gente Louise discutere con suo padre, sembra agitata.

Quando si allontana le vado in contro.
-Tutto bene?-

Lei mi afferra per un polso, facendomi male, e mi trascina via.

Le sue unghia mi graffiano la pelle ma non mi ritiro.

-Me ne devo andare da questo posto.-
Non si gira a guardarmi, non sono neanche sicura stesse parlando con me.

-Andiamo allora.-
Rispondo forse troppo entusiasta.

Lei si ferma a guardarmi.

-Dico sul serio.-
Le sussurro quando vedo il suo sguardo incerto.
-Chi se ne frega? Quando torneremo ci inventiamo che mi sono sentita male e ci siamo allontanate.-

Ed in un certo senso mi sto davvero sentendo male, voglio andare via. Voglio tornare in quel cafè.

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