6: COME CAVARSELA?

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Iniziarono a farmi male tuti i muscoli del corpo mentre continuavamo a nuotare nell'acqua salata verso quella che poteva sembrare un'isola. Ormai non era lontana ma la mia impazienza ad arrivare non migliorava le cose e i secondi mi sembrarono anni. Il tempo passava con una lentezza assurda mentre tra una bracciata e l'altra cercavo di non pensare alla gola secca e alla sete di acqua dolce. Nessuno osò dire una parola, nuotavamo in silenzio. Gli unici rumori provenivano dal movimento dei nostri corpi in acqua e dai nostri fiati sfiniti. Mi fermai per un secondo e respirai dal naso cercando di rallentare il battito cardiaco, ma ovviamente non funzionò: perché funzionasse sarei dovuto stare totalmente fermo, cosa impossibile se non volevo annegare. Aaron era davanti a tutti e proseguiva a grandi bracciate. Dietro di lui Elena stentava a rimanere a galla e sentivo il respiro affannoso di Rachele alle mie spalle. Ricominciai a nuotare tentando di non perdere il "passo".

Un grido di dolore squarciò il silenzio che ci circondava per un attimo eterno. Proveniva dalle mie spalle. Mi girai allarmato e non vidi Rachele, vidi solo una macchia rosso scuro che si allargava nell'acqua. Sangue. Mi immersi immediatamente e tentai di aprire gli occhi. Dopo numerosi tentativi ci riuscii, ma non vidi altro che una leggera foschia. Poi intravidi un corpo affondare e una massa di capelli rossi ondeggiare. Presi un bel respiro e scesi nuovamente sotto lo strato di acqua salata, afferrai Rachele per le ascelle e la portai veloce in superficie. Lei boccheggiò <<Qual...qualcosa mi ha ta...mi ha tagliata...>>

Incrociai gli sguardi di Aaron ed Elena che assistevano spaventati. Poi Aaron reagì e mi si accostò prendendo Rachele sotto braccio. Io feci lo stesso e riiniziammo a nuotare, questa volta più veloci. Nessuno disse una parola: tutte le forze erano dedicate allo sforzo fisico che stavamo facendo. La terra continuava ad avvicinarsi ma sentivo il mio corpo pesante e indolenzito. Finalmente toccai qualcosa sul fondo <<Tocco!>> Riuscii a dire ansimando. Aaron mi fece un cenno e cominciò a camminare. Poco dopo avevamo il busto fuori dall'acqua che ci restituì il peso morto del corpo di Rachele. Elena cominciò a correre verso la riva. Io ed Aaron procedemmo il più velocemente possibile. Arrivati in riva consegnai Rachele ad Aaron e mi tolsi la maglietta e dopo averla strizzata, la appoggiai per terra. Lui capì al volo e fece lo stesso. Poi appoggiammo Rachele sulle magliette per evitare che la ferita entrasse in contatto con la sabbia.

La gamba sinistra dei jeans era piena di sangue e non riuscivo a capire da dove provenisse.

<<Non possiamo sfilarle i pantaloni le faremmo troppo male>> dissi io quasi urlando. Aaron infilò la mano in tasca e tirò fuori un coltellino svizzero, con i denti estrasse la lama e me la mostrò. Annuii. <<Dove taglio?>> Chiese poi.

<<Vicino all'inguine, come a creare dei pantaloncini corti>> intervenne Elena che ora si era inginocchiata vicino a Rachele e le teneva la mano. Aaron incise i pantaloni facendo attenzione a non prendere la gamba e poi si fermò <<Farà male, l'acqua e il sangue avranno appiccicato il tessuto alla ferita>> annunciò. Poi prese il lembo superiore dei pantaloni e strappò via la parte superiore. L'urlo che seguì mi fece ghiacciare il sangue nelle vene. Elena iniziò a tremare spaventata. Abbassai lo sguardo sulla gamba: il sangue ricopriva tutto, dalla coscia al tallone e non si riusciva a capire dove si trovasse la ferita. <<Dobbiamo lavarla>> dissi.

<<Si, l'acqua salata disinfetta anche>> concordò Elena tra un tremito e l'altro. Io ed Aaron riprendemmo Rachele sotto le braccia e Elena le tenne la gamba alzata. Tornammo verso il mare e immergemmo la ferita. Rachele urlò ancora e ancora <<Cazzo! Fa un male cane!>> Disse a denti stretti. Guardai nuovamente la gamba: la parte inferiore ospitava un taglio che partiva dal ginocchio ed arrivava al tallone, non era molto profondo ma di certo faceva male.

<<Dobbiamo fasciarlo!>> Disse Elena dopo aver pulito ed analizzato la ferita.

<<Non possiamo fasciarlo con il jeans! Servirebbero garze sterili! Se mi dici che ne hai portata una allora...>> risposi io acido. Elena si guardò intorno pensierosa <<Con il jeans no...ma con il lino si!>> disse abbassando lo sguardo alla sua camicetta. Feci lo stesso: indossava una camicia di lino bianco che ora le si era attaccata al corpo bagnato.

<<Spogliati! Mettiti la mia maglietta>> disse pratico Aaron. Lei obbedì: si sbottonò la camicia e tornando sulla spiaggia si infilò la maglia di Aaron mentre io e quest'ultimo uscivamo dall'acqua con Rachele in braccio.

Elena le fasciò la gamba poi si sedette accanto a lei e io seguii il suo esempio. <<Ma dove siamo?>> Chiese infine, dando voce al mio stesso pensiero.

<<Tra poco farà buio, dobbiamo essere preparati>> Disse Aaron ancora in piedi.

<<E come intendi fare?>> Chiesi io alzando lo sguardo per incrociare il suo.

<<Io ed Elena andiamo a cercare legna adatta per fare un fuoco e magari dell'acqua. Tu stai qui con Rachele>>

<<Ma basterà cercare un hotel o qualcosa del genere!>> Esclamai.

<<Non penso ce ne siano ma possiamo controllare. Nel frattempo passeremo la notte qui e domani andremo alla ricerca di un centro abitato per medicare Rachele e per capire dove cazzo siamo>> continuò lui.

Annuii ed Elena si alzò. Aaron si girò e corse verso il bosco che circondava la spiaggia. In un nano secondo fu nuovamente sotto i miei occhi con un bastone abbastanza grosso in mano. Prese il coltellino e vi fece una punta a mo' di lancia, poi me la consegnò.

<<Ma cosa vuoi che ci attacchi?>> Chiesi io in parte divertito in parte spaventato.

<<Non si sa mai>> rispose lui serio e prendendo per mano Elena si allontanò da noi.

***

AARON

Io ed Elena ci allontanammo a passo spedito. <<Non correre ti prego>> mi supplicò lei e io rallentai il passo. Percorremmo tutta la spiaggia poi entrammo nel bosco fitto. Mi girai a guardarla: la mia maglietta le stava grande e i capelli ormai asciutti le sbattevano sul viso a causa della brezza.

<<Tu raccogli dei frutti o delle piante che secondo te sono commestibili... le avevi studiate giusto?>> Chiesi poi guardandole gli occhi neri

<<Si, quello che so per certo che è commestibile lo prendo>>

<<Perfetto. Io, invece raccolgo rami e foglie secche per il fuoco>> lei annuì e iniziammo a cercare. Dopo quella che sembrò mezzora avevamo radunato sulla spiaggia frutti e rami in abbondanza.

<<Chissà dove siamo...>> disse lei a nessuno io particolare. Non risposi, non lo sapevo.

Decidemmo di camminare ancora per trovare dell'acqua o magari direttamente un centro abitato ma di quello non ce n'era traccia.

Procedevamo in silenzio con la gola secca e lo stomaco vuoto. Il sole iniziava a tramontare quando vedemmo un laghetto alimentato da un piccolo ruscello. Iniziammo a correre e dopo aver scoperto che l'acqua era piacevolmente dolce ci dissetammo e ci sciacquammo il viso distrutto.

<<Abbiamo trovato l'acqua!>> Urlai vedendo Enea in lontananza mentre portavamo la legna e il cibo verso la spiaggia.

Enea corse verso di noi. <<Un centro abitato? Una città?>> chiese quando ci ebbe raggiunti.

<<No>> rispose Elena delusa <<ma acqua a volontà>> concluse poi abbozzando un sorriso.

Dopo aver portato Enea e Rachele all'acqua tornammo sulla spiaggia e accendemmo il fuoco alla vecchia maniera (compito che spettò ad Elena che aveva fatto un corso di sopravvivenza con il padre). Poi mangiammo intorno al fuoco i frutti raccolti da Elena e il pesce che aveva pescato Enea (non ha voluto dirci come) in nostra assenza. Quando il sole era quasi del tutto tramontato appuntii altri bastoni come quello che avevo precedentemente consegnato al mio amico e li piantai nella sabbia verso un probabile nemico.

Finito il lavoro mi stesi vicino agli altri e, con il fuoco ancora acceso che mi scaldava il viso, chiusi gli occhi.

AENEA: quando un ragazzo diventa LeggendaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora