Quella campanella che suona sempre troppo presto.
Il motorino da parcheggiare, il caffè veloce, l'ultimo cornetto rimasto.
Semplice.
"Comincia male la giornata" pensai.
L'ennesimo ritardo sul libretto.
Sull'ennesimo libretto.
In fondo era proprio quella la massima aspirazione per i diciotto anni.
La macchina, la patente, le feste, esser maggiorenni e far il classico "come cazzo mi pare", ma soprattutto il ghigno nell'andare in segreteria per chiedere il libretto delle giustificazioni e poter apporre la tua firma sopra.
La minaccia di ogni professore zelante resa vana da quella firma.
Diciotto anni erano questo.
I primi giorni di scuola sono sempre i più belli, rivedi gli amici, i nemici, le ore di buco, cominci a fare il programma per diventare rappresentante d'istituto per il terzo anno consecutivo.
Perchè non sono stati abbastanza tre debiti a giugno, in fondo il rischio va corso.
La prima ora vola via veloce, poi quando scopri di aver due ore di latino prima dell'agoniata ricreazione il mondo sembra crollare addosso.
Ti interroghi sui perchè, provi una timida reazione, implori pause invocando le vacanze appena terminate.
Ma la prof di latino non sente scuse.
La classica vecchietta, da sempre zitella, immersa in metrica e varie rose da declinare.
È dal quarto ginnasio che mi mette 3.
Prima o poi se ne farà una ragione.
La campanella suona e desta una buona metà della classe.
La speranza d'uscita è resa vana dalla consapevolezza delle cosìddette "due ore".
Il secchione al primo banco, ha sempre gli stessi capelli, stesso taglio a caschetto, dal primo giorno.
Non crescono e non crepano.
Nemmeno si evolvono a quanto pare.
Il prof di fisica deve averci detto una cazzata su quella stramba teoria.
Fuori dalla finestra c'è il sole che ricorda le vacanze, le feste, le risate.
Qui su questo banco un velo di tristezza.
Abbassare gli occhi e vedere il proprio banco pulito, intonso, brillante è un colpo al cuore.
Quel banco, sempre l'ultimo all'angolo, mai è stato illibato.
È sempre stato il banco che mai veniva usato alle celeberrime riunioni dei genitori.
Mentre la mente continua le sue elucubrazioni lo sguardo viene distolto da un immagine strana.
Una ragazza miracolata, era riuscita a convincere suo padre di sentirsi male e se ne stava andando via proprio il primo giorno di scuola.
Ore 10:35.
"Dev'essere davvero furba lei" dissi a bassa voce.
Cercarla con gli occhi finchè la cortina del palazzo non lo impedì insieme alla solita ramanzina della prof di Latino.
Questa volta è la giusta campanella, l'ablativo ancora da pronunciare, un corridoio da onorare.
La prima ricreazione dell'anno non si dimentica mai.
E quella di certo la ricorderó per sempre."Oh finalmente sei uscito!", urla la moretta dall'altra parte del corridoio avvicinandosi di corsa.
"I diciott'anni t'hanno fatto mettere la testa apposto? Due ore di buco e fossi uscito una volta salutare!", dice porgendo una sigaretta.
"Grazie del benvenuto, il solito culo voi del primo A, io ho fatto due ore di Catullo al primo giorno".
Scendere le scale più in fretta possibile per raggiungere il cortile.
Salutare tutti, ma non prima di aver poggiato schiena e piede sul muro, ed aver acceso quella sigaretta tanto voluta.
La prima boccata profuma di libertà, e il fumo che ne esce rischiara la vista.
Tra la nuvola, sulla destra, c'è ancora quella ragazza che sta salendo in macchina.
Una reazione istintiva di andare avanti per veder meglio.
"A Fla! Ancora dormi?", urla Alice.
Alice, la moretta.
Classica ragazza da liceo.
Figlia di buona famiglia, padre professore universitario, madre nullafacente con l'hobby dei vestiti e del golf.
Lei, ha attraversato tutti i periodi, dalla stupida liceale vestita da subdued di tutto punto, dalla punkettona tutta avril lavigne e skate per finire a far la pariolina intellettuale sinistroide.
Che poi di intellettuale aveva ben poco, peró era simpatica, e tanto mi era bastato per ergerla a migliore amica.
Il passo è breve, una birra di troppo, la conoscenza, la voglia di evadere, possono spesso tramutare un sentimento in una banale scopata durante una festa.
Ma questa è un'altra storia.
"Alice, stavo solo vedendo chi fosse quella ragazza", dissi un po' alterato.
"È salita e nemmeno l'ho vista in faccia".
"E che volevi prenderle la targa? Se era così bella la noterai di nuovo no?", disse con quella sua aria da stronza che tanto mi faceva ridere.
"Volevo sapere chi fosse, l'ho vista uscire prima e non l'ho mai vista prima. È furba la tipa".
"Sarà una primina. Guarda che hai fatto diciott'anni. Devi stare in campana eh!", scoppiando a ridere e facendo girare mezzo cortile.
La sigaretta finì e di lei più nessuna traccia.
Avete mai fatto caso che la campanella non suona mai nello stesso modo?
Provate a sentire il suono dell'inizio e quello di fine ricreazione.
Sono completamente diversi.
Ed il secondo è veramente straziante.
Arrivó inesorabile, con un minuto di ritardo.
La bidella dev'essersi intrattenuta qualche secondo di troppo con qualche primino che non trovava i bagni.
È sempre bello farsi un giro nel corridoio delle matricole.
Sono tutti belli seduti alla campanella.
Intimoriti da quei professori che entro tre mesi verranno soggiogati a loro volta.
Sono lì che ti guardano e si interrogano sul perchè tu possa ancora star lì in giro a campanella suonata.
"Buongiorno prof! Mi raccomando non sia severo eh.. È il primo giorno!", dico salutando il professor Chiodo.
Il professore più amato da tutti noi.
In fondo, come prima presentazione ai primini non era mica male.
Avrebbero sicuramente votato bene alle elezioni.
Mi congedo da Alice accompagnandola fin sull'uscio della porta mentre la simpatica prof di inglese entrava nella mia classe, sbattendosi la porta alle spalle.
"Flavio sempre dopo eh, non sia mai ti si trovi in classe puntuale".
Ormai era naturale.
Le scuole private hanno il loro rituale e la nostra aveva quello.
Fortunatamente ce la cavammo con la sola esposizione delle vacanze appena terminate, in inglese ovviamente.
Qualcuno più simpatico improvvisó qualche "fuck" estivo "under the moon" per la gioia della prof che lo invitó ad uscire e per la sua che si guadagnó una sigaretta con grande nonchalancè.
Mi limitai alle classiche tre righe per poi passare il testimone e continuare a scrivere sul banco.
Tra un "Forza Lazio" e l'altro, disegnai un volto a matita, su quel quaderno di legno verde.
Un volto dolce, e con capelli lunghi. Occhi grandi e affusolati.
Una bocca piccola.
Non pensai a nulla, eppure lo avevo già visto.
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In motorino sempre in due
RomanceQuesta storia è stata scritta a due mani molto molto tempo fa... La scrisse per me l'amore della mia vita. Purtroppo tra noi dopo un pò è finita perciò la storia è incompleta ma ci sono comunque legata profondamente. Chissà che prima o poi non riesc...