L'inconfondibile voce di Natalie Imbruglia si attiva sul telefonino posizionato sul comodino.
Shiver.
Ritornello così amato durante l'estate.
Inascoltabile da quando ebbi la grandiosa idea di ergere quella canzona a sveglia mattutina.
Il "postponi" sul display come gesto inconsulto, i piedi sul marmo ghiacciato e la doccia per svegliarsi, come se non bastasse l'aria frizzantina delle 7.30 sul motorino.
Aprii l'armadio con calma, presi il mio paio di levi's preferiti, una t-shirt appena regalata da londra e infilai i piedi nelle Silver.
Avete presente quando guidate e non prestate attenzione alle svolte che fate, ai semafori, gli incroci.
È tutto così automatico, mentre la mente vola con il pensiero.
E quella mattina il mio unico pensiero era il registro del QuintoB.
E come impossessarmene senza esser visto da alcuna anima viva.
Non avrei avuto scuse se fossi stato sorpreso a sficcanasare un registro di un ginnasio.
Colto con le mani nel sacco.
Mentre giro la catena sulla ruota distolgo quel pensiero, l'autobus è fermo dall'altra parte della strada.
Persone, come formiche, ne escono fuori svuotandolo.
Non appena riprende il suo percorso intravedo quella sagoma contornata da capelli biondi.
Gli occhi non si staccano, mentre appoggiato al motorino cerco di giocherellare con la sigaretta.
Non appena è sulla stessa linea d'orizzonte lo sguardo si abbassa e lo zippo accende la carta.
Una boccata di fumo denso evita la vista del mio sguardo.
È appena salita.
Senza fermarsi e senza salutare nessuno.
"Solitaria la tipa", pensai.
"Ehi!".
"Si, tu, vieni", insisto alzando il tono della voce.
"Eccoti l'annuario, ieri ho avuto da fare, vedi di non esser troppo loquace riguardo questo contrattempo", gli dico sorridendo a quel ragazzino impaurito.
"Fumi?", gli chiesi offrendogli una sigaretta.
Accettó mestamente e prima di congedarlo gli chiesi con quale autobus venisse a scuola ogni mattina.
"Il 310", rispose e salutó.
Ricambiai con interesse, sarebbe potuto essermi ancora utile in futuro.
Lo avevo visto scendere da quello stesso mezzo, era certo che avessero fatto parte del tragitto insieme.
"Mi candideró quest'anno". Una vocina stridula proveniente da dietro mi riporta sul mondo dei viventi.
"Così finirai di mettermi i bastoni tra le ruote ad ogni autogestione e lascerai in pace le assemblee, permettendomi di scioglierle in venti minuti?", dissi ironicamente guardando Elena.
Elena ed io vivevamo un rapporto di odio e... Odio.
Poeti latini.
Stronzate.
Come quell'assioma fisico.
Non passava giorni che non ci beccassimo.
Non sopportava i miei ideali, i miei modi di fare, i miei amici, le mie amiche e tutto ció che riguardasse attività scolastiche che non comprendessero lotte sociali e cineforum.
Una sessantottina frigida, nel corpo di una diciottenne frustrata.
Questo sarebbe stato il suo anno, la sua rivalsa.
Il suo mentore, passato nei collettivi sapientini, le aveva ceduto il testimone.
Mi guardó con aria di sfida e se ne andó.
Chicca davanti al bar è furiosa, Alice mi fa un cenno con il dito.
Lo sguardo và verso l'entrata ed intravedo Massi ridere e scherzare con una biondina.
"Cazzo dovevo parlargli. Dannata memoria!", impreco a denti stretti senza che nessuna mi possa sentire.
Mi avvicino ai due e il sentore che la tipa dovesse entrare nella Settembrini mi sovviene.
"Massi ti arrestano", così dicendo irrompo nella conversazione e in pochi secondi la ragazzina si dilegua tra i coetaneii.
Non è dato bene sapersi ma una delle cose negative della maggiore resta proprio questa.
Per la prima settimana si ha il terrore di frequentare persone più piccole.
Paura, che inesorabilmente, lascia il posto al "oh sembrava più grande".
"Fla non era così piccola secondo me. Che vuoi?".
"Ci vediamo in classe, devo parlarti, ora devo salire in bagno", gli dico a bassa voce e non prima di avergli concesso i fatidici "due botti" della sigaretta.
Guardo il mio orologio.
quasi le 8.
salgo gli scalini a due a due fino ad arrivare fin sulla porta del QuintoB.
Il registro è lì sulla cattedra e non c'è anima viva in giro.
Apro la copertina e sul retro ecco la lista.
Una rapida occhiata al volo.
I primi tre nomi recitati a memoria come la formazione della Lazio scudettata.
Ventidue nomi.
Prendo il foglietto nella tasca dei jeans.
"Maledizione!", sbottai.
Lasciato il biglietto negli altri jeans non ho altra soluzione che scrivere tutti i nomi nuovamente.
7:59
Non ce la farei mai e in un minuto saranno tutti qui.
Strappo la pagina intera, la piego in quattro lati ed esco veloce.
"E tu che ci fai qui?", chiese con tono interrogatorio Martina.
"Stavo cercando un cancellino, il nostro è finito giù in strada alla prima ora di buco", dico sgattaiolando verso la rampa di scale per mescolarmi agli altri.
Martina non l'avrbbe bevuta. Quando si sarebbero accorti della pagina strappata si sarebbero fatti delle domande e Martina aveva già la sua risposta.
Avrei dovuto farmi venire un'idea per farla tacere.
Entrato in aula, il primo pensiero vola a quel biglietto.
Il sorriso beffardo torna a colorarmi il viso.
Scrivo un messaggio, mamma il destinatario.
- non lavarmi i jeans! A dopo -
Tra qualche ora sapró il nome di questo piccolo ramo.
Per il momento dovró accontentarmi di Pirandello e le sue maschere, come se già non ne debba metterne su fin troppe.
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In motorino sempre in due
DragosteQuesta storia è stata scritta a due mani molto molto tempo fa... La scrisse per me l'amore della mia vita. Purtroppo tra noi dopo un pò è finita perciò la storia è incompleta ma ci sono comunque legata profondamente. Chissà che prima o poi non riesc...