"In sostanza, chiedevo un letargo, un anestetico, la certezza di essere ben nascosto. Non chiedevo la pace nel mondo, chiedevo la mia."
Cesare Pavese, La casa in collina.Maggio 1945, Danimarca.
Harry si guardò intorno, seduto nel retro di quel camion. Vide le facce dei suoi compatrioti terribilmente spaventati. E lo era anche lui, inutile negarlo. Dopo la resa della Germania, avvenuta pochi giorni prima, quei giovani prigionieri tedeschi vennero fatti salire su quel camion e nessuno di loro sapeva dove li stessero portando. Probabilmente li avrebbero uccisi in un colpo solo, probabilmente li avrebbero fatti prima soffrire a dovere, e poi uccisi.
Harry vide alcuni visi colmi di lacrime, vide occhi lucidi essere lì lì per fare lo stesso, e allora decise di distogliere lo sguardo per non unirsi a loro e mostrarsi debole. Era il più grande del gruppo, due giorni prima aveva compiuto diciotto anni, dunque non gli era concesso mostrare debolezze. Non si azzardò nemmeno per un secondo ad incontrare lo sguardo delle cinque guardie che erano con loro nel retro, per tenerli sotto controllo in caso facessero qualche sgarro.
«Sono il capitano Tomlinson, e adesso scoprirete perché siete stati portati qui» disse un uomo sulla sessantina, appena li fecero scendere dal camion spintonandoli, senza alcuna premura, e dopo averli fatti mettere in riga, uno accanto all'altro.
«Siete stati portati in Danimarca per disinnescare le oltre trecentomila mine che voi, tedeschi, avete disseminato» Harry socchiuse la bocca e guardò l'uomo, pietrificandosi. Pensò che loro erano solo dei ragazzini, non c'entravamo nulla con tutto ciò, perché rapire proprio loro per compiere una cosa del genere?
«Non contate su noi danesi. Non vogliamo i tedeschi nella nostra terra, e al primo vostro passo falso non ci metteremo nulla ad uccidervi. Ci servite unicamente per eliminare i residui della guerra» Harry deglutì e abbassò lo sguardo, respirando profondamente.
«Ora alzi la mano chi ha già maneggiato una mina antiuomo.» Solamente sette dei venti ragazzi alzò la mano. «Chi le ha mai disinnescate?» Tre di loro alzarono la mano, incluso Harry. «E chi l'ha mai vista una così?» Con un cenno del capo, l'uomo fece avvicinare un soldato che aveva tra le mani una mina, mentre nessuno alzò le mani. Quella mina era rotonda, grande, e faceva paura solamente a guardarla.
Dopo minuti di parole d'odio dell'uomo nei confronti dei tedeschi, dei soldati li presero e li spinsero con forza in un recinto di sabbia, obbligandoli a trovare delle mine e disinnescarle. Erano finte, fortunatamente, dunque se sbagliavano qualcosa, non esplodevano.
Harry sobbalzò quando sentì il rumore della frusta di un soldato colpire con molta forza sulla mano di un suo compagno. «Morto» disse quello, esortandolo a riprovare. Il ragazzo riprovò e ancora una volta venne frustrato sulla mano e la ritirò, mugugnando dal dolore. «Morto ancora.»
Dopo un altro tentativo, fallito, il ragazzo ricevette ancora una frustrata ed Harry distolse lo sguardo, sospirando, e si preoccupò di disinnescare la sua. Era abbastanza esperto in quel settore, ma non l'aveva mai fatto con una mina del genere, dunque al primo tentativo fallì, e fortunatamente nessuno dei soldati era nei paraggi, ma al secondo ci riuscì e ne fu sollevato perché in quel momento un soldato era proprio accanto a lui.
I soldati danesi li fecero esercitare su mine finte per qualche ora, e al pomeriggio li allontanarono da lì e li portarono dinanzi a delle vere e proprie mine. «Queste non sono mine giocattolo, dunque se commettete un errore o morirete, o ne resterete gravemente feriti. Sono stato chiaro?» a parlare era stato nuovamente il capitano Tomlinson, con la sua voce dura e autoritaria.
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L'attimo di pace per un cuore in guerra.
FanfictionOS, 30k. «Louis, tu sei il mio attimo di pace» disse, senza mezzi termini, sorridendo dell'espressione sorpresa, ma felice, del liscio. «Il mio cuore era davvero in guerra i primi giorni. Faceva male, perché da un lato volevo scappare, volevo tornar...