Autunno 2030
Seattle - Stato di Washington, USA
Pub irlandese
Una spessa coltre di nubi grigie, che aveva ammantato la città, si tinse di cremisi. Il sole timido fece capolino oltre un ricciolo di nuvola, inondando le acque del Puget Sound che Samantha scorse in lontananza insieme allo skyline della Penisola Olimpica.
La ragazza uscì dal locale, ammirando l'alba mentre chiudeva la porta vetrata con due mandate. Il proprietario Jim si era raccomandato di farlo.
A Samantha non piaceva quel pub, né tanto meno la gente che lo frequentava. Era un lavoretto che sbrigava per mantenersi gli studi alla Washington State. Le piaceva l'indipendenza e per quanto non amasse fare la barista, lo preferiva dal farsi accudire da Carlile.
Aveva già fatto tanto per lei.
Infilò le chiavi nella tasca del proprio zaino per guardarsi intorno. Le macchine passavano sulla strada, come fantasmi. A quell'ora il traffico era pressoché inesistente e le uniche persone, che vedeva passare erano per lo più senza tetto alla ricerca del prossimo cartone in cui dormire, donne che facevano jogging e uomini in giacca e cravatta che fissavano gli orologi da polso, in attesa del mezzo pubblico, perennemente in ritardo. Samantha sollevò sulla testa il cappuccio della felpa rossa che indossava e, spinse dentro alcuni boccoli corvini per evitare l'imminente pioggia. Nonostante ci fosse il sole, il vento umido che spirava da est portava l'umidità della pioggia e l'elettricità di un temporale. Sospirò quando vide una goccia e poi un'altra sul marciapiede, seguite da altre. Osservò per un attimo le persone avviarsi in fretta verso casa o aprire gli ombrelli per ripararsi. Con una mano, cercò gli auricolari nella tasca dei jeans e lasciò partire la musica dell'I-Pod. Con le cuffie nelle orecchie, si avviò sulla strada, consapevole che aveva a disposizione solo un paio d'ore di sonno.
Un lampo squarciò il cielo, seguito pochi secondi dopo dal rombo fragoroso di un tuono che riecheggiò in lontananza. Superò un'anziana donna che passeggiava, portando a spasso un barboncino che la squadrò con un paio di occhietti scuri, e svoltò a sinistra in un vicolo che serpeggiava fra le palazzine di laterizio.
Il puzzo, che si levava dai cassonetti dell'umido, condensava nell'aria fredda, unendosi al fetore dai tombini e assumendo la forma di strane nuvolette, come il respiro regolare della ragazza.
Samantha ignorò quel sgradevole odore e si fermò in un punto in cui il vicolo s'interrompeva repentinamente con un muro. Si girò per controllare che fosse sola poi tornò a guardare la parete davanti a sé. Chiuse gli occhi e fece riemergere dagli angoli oscuri della memoria, le immagini dolorose quanto rassicuranti, che la perseguitavano anche nei sogni.
Stava per raggiungere il proprio centro interiore quando un suono attirò la propria attenzione. Qualcuno aveva messo il piede in una pozza d'acqua ridotta ad una macchia di fango. Riconobbe quei passi e sorrise.
« Non dovreste sbucare alle spalle all'improvviso » esordì in tono di rimprovero, ma formale.
L'uomo alle sue spalle sorrise bonariamente.
« Hai ragione, ragazza mia - ammise, sollevando le braccia - Ma sai quanto io sia feticista delle entrate teatrali ».
Samantha si girò verso di lui, Carlile. L'uomo che l'aveva salvata, come un valoroso cavaliere.
« Le abitudini sono dure a morire » rispose lei di pari tono.
Era sorpresa di rivederlo, ma non per questo meno contenta. Notò che c'erano delle rughe sul suo volto e i primi capelli bianchi fra l'ordinata chioma castana, che prima non aveva notato. Forse perché viveva con lui da quando aveva memoria.
Nonostante quei dettagli, per Samantha, il Dottor Reeves restava l'uomo più affascinante che avesse mai conosciuto, dopo suo padre. Senza contare l'autorevolezza con la quale l'aveva cresciuta per ben dodici anni, mitigata da un'infinita bontà d'animo.
« Che ci fai in giro a quest'ora? » domandò Carlile.
« Potrei chiederle la stessa cosa, Doc » rispose Samantha, avvicinandosi contemporaneamente a lui.
« Sei arrabbiata, non è così? » chiese, pur conoscendo già la risposta.
« Ero preoccupata... - confessò, nasconde dosi col cappuccio - Sei sparito per mesi, senza darmi alcuna spiegazione »
« Salvavo una persona » mormorò lui, lievemente contrito.
« Chi? »
« Un ragazzo speciale come te » aggiunse, cercando un contatto visivo con Samantha, che lo fissò da sotto le ciglia, vagamente incuriosita. Chiunque sarebbe arretrato incontrando quegli occhi d'ametista, ma lui no. Anzi ne era quasi ammaliato. Per un secondo, pensò di potercisi immergere e affogare.
Stentava a credere che quella ragazza, quasi giovane donna, fosse la stessa bambina che aveva adottato nel 2016. La bambina che era diventata un po' sua figlia.
« Io non sono speciale - mormorò lei, dopo qualche attimo di silenzio - Sono solo maledetta »
« Sam » la rimbrottò, ma lei fece finta di niente.
« Chi è? » chiese con voce dura, cercando di tornare all'argomento principale.
« James Court - Samantha si soffermò un attimo e poi scosse il capo - Devi venire con me » dichiarò lui serio, stemperando le proprie parole con un sorriso.
« Fra quattro ore devo essere a lezione » replicò lei, sperando di poter sviare quell'imprevisto
« Tranquilla, arriverai puntuale » promise lui.
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Alpha Gender
RomanceSeattle. Una città normale come tutte le altre. Una città che come altre nasconde degli esseri sovrannaturali. Frutti di esperimenti genetici non andati a buon fine e che modificheranno per sempre l'umanità. Samantha Jackson, orfana dalla più tenera...