La Solitudine

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La verità? Siamo tutti nati per morire, o almeno io la penso così. Dopo una vita passata senza amici o persone che si preoccupassero per me, ho iniziato ad abituarmi alle prese in giro di tutti, il mondo sembrava avercela con me.
Allora mi rifugio nella mia stanza, non riesco più a piangere ma mi siedo in balcone a fumare una sigaretta, pensando anche di buttarmi giù, non perderei nulla.
Finita la sigaretta la spengo e la butto nel posacenere, mi alzo dal bordo del balcone e torno in camera mia. È presto. Sono le quattro e mezza del mattino.

Mi butto sul letto a peso morto, non so se riuscirò a dormire, ma dopo un po' di tempo passato a riflettere mi addormento. Quando mi sveglio sono le 6:45, mi alzo dal letto e mi vesto in modo meccanico.
Non ho voglia di tornare in quel posto infernale, ma devo farlo.
La scuola. Quel luogo in cui sei obbligato ad andare, senza vie di fuga. Scendo le scale.
Mia madre è seduta in cucina che beve un caffé. Mio padre? Se ne è andato un anno fa, scomparso. Mia sorella maggiore? Suicidata.
Siamo rimasti io e mia madre.

«Buongiorno tesoro» mi saluta, sorridendomi.
«'Giorno mamma» rispondo, prendendo lo zaino in spalla.
Mi incammino verso la porta, e lei mi ferma posandomi una mano sulla spalla.
«Cosa c'è?» rispondo apatico.
«Non rimanere fuori. Entra a scuola, sai che ti controllo» dice,
levando la mano per lasciarmi andare. Incredibilmente non si è accorta che non ho fatto neanche colazione.

Apro la porta ed esco fuori, il cielo è ancora un po' grigio.
Mi stringo nella mia felpa nera dei Nirvana e mi calco la cuffietta grigia in testa.
Ho freddo, ma non mi importa.
Comincia a piovere, e io cammino senza forse verso la scuola che sembra essere sempre più vicina.

«Depresso di merda!» mi urla un ragazzo del solito gruppetto, tutti iniziano a ridere e io li ignoro come sempre.
Se c'è una cosa che ho imparato è che le persone che ti giudicano non ti conoscono realmente.
«Forse faresti meglio a suicidarti come tua sorella, non credi?» ripete quel ragazzo, scatenando altre risate.
A quella frase mi scende una lacrima, pensando a mia sorella Ashley. La campanella suona e io entro in corridoio, spintonato da quei ragazzi.

Cerco il mio armadietto per metterci i libri che non mi servono per le prime ore e sopra vedo attaccato un bigliettino.
"Sorridi, sei bellissimo" -M.C
Idiozie. Io, bellissimo?
Pff. Stacco il bigliettino e me lo metto in tasca, sento come se qualcuno mi stia fissando.
Mi giro e vedo un ragazzo dai capelli rosso fuoco e gli occhi verdi che mi guarda con un mezzo sorriso.
Gli sorrido anche io e poi distolgo lo sguardo.
Chiudo l'armadietto e mi dirigo verso la classe.
Il ragazzo di prima rimane lì, appoggiato al suo armadietto distante dal mio a guardarmi, e io continuo a camminare.
Entro in classe e mi siedo nel mio banco, e come al solito quello al mio fianco resta vuoto.
«Buongiorno, posate i libri sul banco» dice il prof.
Tutti mettiamo i nostri libri e quaderni sul banco.
«Voglio che mi scrivate cosa è per voi il significato di solitudine» dice il professore, scrivendo la parola 'solitudine' alla lavagna.
«Quel depresso di Hemmings lo sa bene» dice un ragazzo, sempre dello stesso gruppetto di prima.
«Bada a come parli, Horan» risponde il prof, sapendo cosa è accaduto a mia sorella.
«Luke, te la senti di fare anche tu questo compito?» mi chiese premuroso Mr. Woods.
Annuisco, apro il quaderno e prendo in mano la penna.

"La solitudine è non avere nessuno disposto ad aiutarti"

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 07, 2020 ⏰

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