Capitolo 1

72 3 3
                                    

L'attesa era schifosamente lunga. Ero in fila da più di un'ora e ancora non ero entrata nello stand. In mezzo a sudore ascellare e ragazze isteriche, riuscii a vedere l'entrata, ancora in lontananza, da cui fuoriuscivano urla di ragazze eccitate e comandi da parte dei bodyguard.
Ancora non riuscivo a credere di essere lì, che in pochi minuti si sarebbe avverato il mio sogno. Mi chiedevo cosa avrei provato quando l'avrei abbracciato e sinceramente non ne avevo la minima idea. Insomma, non mi capacitavo che stava per succedere davvero. E così è un po' per tutte le cose che mi mettono ansia, paura, felicità o tutto ciò insieme. Non me ne rendo conto finché non ce le ho davanti.
Piano piano avanzavo di qualche passetto, ed esattamente così cresceva la mia agitazione. Non riuscivo quasi a respirare, e soffrendo di claustrofobia, schiacciata in mezzo a tutte quelle persone, avevo paura che da un momento all'altro mi venisse un attacco di panico.
Non ora Madison, non ora, continuavo a ripetermi in testa, facendo respiri profondi. Quanto resisterò?, mi continuavo a chiedere con terrore. Era una domanda che non necessitava di risposta, perché conoscendomi bene, sarei durata pochi minuti.
"Oh mio Dio, ma tu sei Madison Oberlin?" mi chiese una ragazza dietro di me. Mi voltai di scatto e d'istinto sorrisi alla quindicenne che mi guardava incantata.
"Ehm sì, tu saresti?" dissi, abbastanza imbarazzata.
"Una tua grandissima fan, non sai da quanto cazzo ti seguo!", esclamò felicissima.
"Davvero? Quanto mi fa piacere! Come ti chiami?", la mia tensione si era radicalmente attenuata.
"Chiara. Ehm... Possiamo fare una foto?", era evidentemente in soggezione, perché durante quegli scambi di parole, delle ragazze si erano girate a capire cosa stesse succedendo: certe avevano uno sguardo interrogativo, ma molte si erano tappate la bocca e avevano iniziato a saltellare facendo di tanto in tanto, piccoli urletti.
"Certo tesoro", e poiché la sua mano stava tremando, le presi il telefono di mano e scattai qualche foto.
"Grazie mille, sei davvero una persona speciale", disse abbracciandomi. Odio i contatti fisici: quando un adulto mi da i soliti due bacini sulla guancia per salutarmi, io mi allontano e do la mano, quando mi abbracciano, solitamente inizio a tremare, e quelli, tutti spaventati, si staccano subito, imbarazzati. Ma questa situazione era diversa, infatti, invece che reagire male, la abbracciai ancora più forte. Non mi dava noia, non provavo disgusto o terrore a quel contatto, anzi, mi piaceva; sentivo una forte sensazione di sollievo, come se fosse la mia migliore amica quella che mi stava stringendo in quel lunedì pomeriggio, persona che non era mai esistita nella mia vita, ma così come un fidanzato o dei veri amici, o addirittura una famiglia.
Era una dinamica abbastanza strana, non ero ancora abituata al fatto che le persone mi fermassero per strada, che mi chiedessero una foto o un abbraccio o tutte e due le cose insieme come se fosse una cosa normalissima. Quella non era la prima ragazza che mi fermava quel giorno, ma ogni volta che qualcuno lo faceva, per me era come se fosse sempre la prima volta. Amavo questa cosa, quello che certe ragazze mi dicevano, sei semplicemente fantastica; non smettere di fare quello che fai, per nessuna ragione; mi fai stare bene grazie ai tuoi video, sorrido sempre quando li guardo; ma allo stesso tempo era ancora strano.
"Grazie a te, non sai quanto mi ha fatto piacere!", ma prima che Chiara potesse ribattere, altre ragazze si fecero avanti. Graziella, Alessia, Sara, Gaia, Rachele, Erika, Nicole, Maria. Mi dimenticai tutti gli altri nomi, erano troppi! Ero troppo impegnata a fare autografi, stare in posa per un autoscatto o asciugare le lacrime a delle ragazze, per poi abbracciarle.
Era stata una situazione così irreale che quando arrivai all'entrata dello stand, non mi ricordavo cosa ci facevo lì, e ancora scombussolata ed eccitatissima da quello che era accaduto, mi alzai sulle punte per vedere meglio l'interno di quell'immenso tendone.
Appena vidi quella chioma marrone, disordinata come sempre, tutto fu chiarissimo, come se qualcuno mi avesse lanciato un secchio d'acqua gelido in faccia.
Ci siamo, pensai.

|| SPAZIO AUTRICE ||

Heilà! Mi chiamo Caterina e questo è l'inizio della mia storia su Favij a.k.a. Lorenzo Ostuni. Mi dispiace se il primo capitolo è un po' corto, prometto che il prossimo vi possa accontentare (lo pubblicherò fra qualche giorno appunto per scusarmi).
La descrizione della fan fiction non parla né dei personaggi né della storia di cui andrò a narrare, ma spero che vi piaccia lo stesso perché ci tengo molto e rappresenta un po' me e lo "stile" che avrà "Born To Die". Avevo già scritto una storia, che aveva raggiunto le mille visualizzazioni, su Harry Styles, ma tra scuola e vita privata un po' in subbuglio, non sono riuscita più a continuarla dopo il ventesimo capitolo (con mio grande dispiacere).
Per questa storia è un po' diverso: sono più matura e quindi spero di scrivere qualcosa che sia degno della mia età e che possa in ogni modo piacervi, ma soprattutto sono davvero motivata a portare a termine questo progetto, che accomuna due passioni molto importanti della mia vita.
La scrittura e Lorenzo.
Detto questo non voglio annoiarvi ulteriormente! Spero che se vi piaccia, voi possiate portare su questa piattaforma altre vostre amiche, magari consigliandole questa fiction.
Pubblicherò un capitolo a settima (il secondo arriverà tra circa due giorni, infatti questa è un piccolo eccezione), se a voi va bene; magari fatemi sapere qui nei commenti quale giorno preferite (quando inizierà la scuola forse mi tornerà più comodo sabato o domenica, ma fino ad allora per me è uguale). Alla prossima!


Un bacio, Cate

Børn Tø DîëDove le storie prendono vita. Scoprilo ora