Capitolo 2

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Mancava pochissimo e sarei stata fra le sue braccia. Davanti a me c'erano solamente tre ragazze, e fino ad allora si procedeva abbastanza velocemente, fino a quando una psicopatica saltò letteralmente addosso a Lorenzo, che ovviamente, con la sua magrezza universale, cadde a terra come un sacco di patate, seguito dalla ragazza, che invece sembrava fiera di sé stessa e della cazzata che aveva appena fatto. In quell'esatto momento potevo scoppiare a ridere per l'accaduto alquanto esilarante, se non avessi notato la faccia dolorante del ragazzo moro che cercava di rialzarsi, inutilmente. E in quel momento persi il respiro, letteralmente. Mentre cercavo disperatamente di inspirare ed espirare, sentivo urlare bestemmie a destra e manca da parte delle ragazze che avevano assistito alla scena. Poi mi sembrò di vedere degli uomini muscolosi e alti, probabilmente i bodyguard, che prendevano a forza la ragazza, e strattonandola per le braccia, la portavano all'uscita urlando di fare qualcosa per Lorenzo a tutte le persone adulte lì presenti. Se non sbaglio, al mio orecchio arrivò un "fate qualcosa cazzo, ma non vedete che è a terra quel povero Cristo?!" e in seguito un altro "ehi tu, testone di minchia che stai guardando senza fare niente, se non muovi quel culo bianco adesso, sappi che mi incazzo di brutto", anche se, a parer mio, sembrava già abbastanza alterato.
È possibile avere un attacco di panico, senza sapere di cosa si ha paura? Immagino proprio di sì, perché sennò non si spiegava il mio continuo vivere tra attacchi d'ansia e attacchi di vuoto.
Una lacrima involontaria mi scese giù per la guancia e se non fossi stata completamente sballata dalle vertigini, avrei giurato di sentire il rumore secco della goccia che si frantumava a terra.
Sentii la testa pesantissima e mi accorsi che le mani e i piedi non rispondevano più ai miei comandi, e mi ritrovai a terra il secondo dopo, senza sapere come ci ero arrivata. L'ultima cosa che vidi erano le facce terrorizzate delle ragazze dopo di me, le stesse che mi avevano chiesto autografi e autoscatti mezzora prima. Vedevo le loro bocche urlare, alcune piangevano indicandomi e deduco che stessero chiedendo soccorso, anche se non udivo più nulla, solo un rumore generale di chiacchiericcio e urla in sottofondo, a un volume bassissimo.
Mentre l'ultima cosa che sentii dopo che i miei occhi chiusero, furono delle braccia magroline che mi avvolgevano e mi sollevavano da terra. Il secondo dopo, buio totale.

Mi risvegliai in una stanza spoglia, bianca e inondata di luce, quasi accecante. I miei occhi ci misero un bel po' ad abituarsi e quando finalmente li aprii completamente, non vidi nessuno. Avevo dei tubi infilati nelle vene e dei grossi lividi sui gomiti. Se mi fossi messa a sedere, cosa che non riuscivo a fare, avrei visto parecchi altri ematomi sulle gambe, visto che mi facevano malissimo.
Accanto a me c'era un bicchiere d'acqua e tre secondi dopo era già svuotato. Avevo sete.
"Salve signorina, sono felice di vedere che riesce a muoversi: dalle sue analisi dovrebbe essere stesa su quel lettino priva di ogni energia... Mi dica, di che droga fa uso?", una signora sulla cinquantina stava sulla soglia della porta, con gli occhiali sul naso a guardare una cartella. Capii che era stata lei a parlare quando mi guardò negli occhi con un sopracciglio alzato in attesa di una risposta.
"Ah... Ehm, non so di cosa lei stia parlando. Che ne dice se inizia col dirmi cosa ci faccio qui?", dissi abbastanza spaesata, incapace di ragionare e mettere insieme parole di senso compiuto.
"È svenuta mentre era in fila per incontrare un certo FavaJ ed è stata portata all'ospedale più vicino come codice rosso, poiché il suo battito cardiaco si era arrestato per qualche secondo. È stata molto fortunata, perché è riuscita a sopravvivere. Ma gli esiti degli esami non sono per niente positivi: è venuto fuori che non assume abbastanza calorie da ormai una settimana e che queste continui ed improvvise crisi non sono dovute solamente al fatto che soffre effettivamente di attacchi di panico, ansia e vuoto, ma anche di bipolarità non curata."
"Favij, che può semplicemente chiamare Lorenzo", dissi con una certa asprezza.
La dottoressa mi guardò come si guarda una pazza, e se la situazione fosse stata un tantino diversa, magari l'avrei pure capita. Ma in tutto quello che aveva detto, riuscivo a pensare solo al ragazzo dai capelli marroni che cercava di alzarsi da terra, tutto dolorante.
"Dov'è", dissi semplicemente. La donna, che ormai si era arresa al fatto che avesse davanti una fuori cervello, si spostò e quello che vidi fu perlopiù irreale per i primi secondi, ma quando la figura magrolina si fece largo nella stanza, capii che non era né un sogno né una stupida visione.
"E' stato con eli per tutto il tempo", disse semplicemente la dottoressa, uscendo dalla stanza e richiudendo la porta dietro di se.
Fra tutti i problemi che avevo, non aver visto e potuto abbracciare Lorenzo, era uno dei primi. Poi ovviamente al mio cervello è arrivato anche quel stavi per morire, sei bipolari, soffri di evidenti crisi, sei sopravvissuta. La verità è che sapevo già tutto quello che la donna mi aveva detto. Avevo già avuto degli attacchi cardiaci, due o tre da quando ero nata, e ogni volta che mi risvegliavo, tutti mi dicevano che bambina fortunata che sei, quando non sapevano che avrei preferito morire lì, su quel lettino d'ambulanza, o sulla palestra della scuola, invece che continuare a vivere così, soffrendo mentalmente e fisicamente. Perché non sono morta? Era la frase che mi tormentava negli incubi di notte, e in quelli ad occhi aperti il giorno, sempre.
"Ciao... Come ti senti?", disse Lori preoccupato, sedendosi sul letto, abbastanza vicino per metterlo a fuoco, ma troppo lontano per toccargli la mano.
"Io, io... Sto bene, penso. Sappi che se non fossi legata a dei tubi e se riuscissi a sedermi ti abbraccerei volentieri", ero più imbarazzata di lui, e cercando di sembrare normale, avevo fatto un sorriso timido al ti abbraccerei volentieri, ma dall'esterno so che sembravo ancora più pazza di quello che cercavo di nascondere.
"Sicura? Ho saputo che per colpa mia sei quasi morta, come fai a stare bene?", la sua faccia si era fatta triste e abbassò lo sguardo sulla fasciatura che aveva al braccio: solo in quel momento me ne accorsi. Davvero voleva riversare su di lui la colpa se il problema era dentro di me?
"Ti sei fatto male? Se incontro di nuovo quella ragazza, la spezzo. Dove hai picchiato?", dissi tutto in un fiato, e alla fine non mi astenni dal tossire rumorosamente.
"Hey hey, calmati", mi posò una mano sulla spalla, "che ne dici se prima di parlare respiri? Mi fai questo favore? Sì? Bene", mi sorrise. Un semplice tocco sulla spalla, e sussultai come quando si ha la pelle d'oca. Che fine facevo se mi abbracciava?
"Okay, mi calmo", dissi dopo aver fatto qualche respirone, "però voglio sapere cosa è successo."
"Quando stavano portando via la ragazza, qualcuno mi ha subito assistito e sono riuscito a rimettermi in piedi, alla fine avevo solo un piccolo dolore al braccio, dove ora c'è la fasciatura. Poi ho visto delle ragazze urlare, alcune piangevano pure, e pensavo lo facessero per quello che mi era appena successo; poi però ho visto che ti indicavano, e se non lo avessero fatto non ti avrei neanche vista. Eri tutta raggomitolata a terra come fa un gatto e mentre le persone attorno se ne fregavano altamente, ho deciso di prenderti in braccio per portati all'ambulanza, dopo che qualcuno l'aveva chiamata... E poi beh, sono stato accanto a te fino a dieci minuti fa, stavo andando a prendere il caffè."
"Che ore sono?", anche questa domanda era praticamente campata in aria, e in tutto quello che aveva detto, mi sembrava importante capire quanto fosse restato con me, ad annoiarsi. Pure lui non si risparmiò nel mandarmi un'occhiataccia. Il tentativo di sembrare normale ormai era svanito da quando avevo iniziato a parlare. La solita storia.
"Come mai ho la netta sensazione che a te non freghi niente di te stessa, e che in un discorso complesso, tu riesca a domandare solo come sta l'altra persona?", boom. Colpita ed affondata.
"Perché sei intelligente e capisci sempre tutto", dissi con lo sguardo perso nel vuoto. Non avevo davvero voglia di aprirmi a lui e speravo che quello che avevo appena detto gli bastasse per un po'. Capii pure questo e cambiò discorso.
Si parlò del più e del meno e non avevo idea di che ore fossero, ma passare del tempo con lui, a parlare di qualunque cosa, come se fossimo amici da una vita, mi faceva star bene, più degli psicofarmaci o di una droga.
Come fa una persona ad avere questo effetto su un'altra? mi continuavo a chiedere mentre mi parlava di Diletta, di come montava i video, di come gli piacesse il mondo di YouTube Italia e gli amici che si era fatto, e soprattutto mi parlò di noi, i fans che aveva sempre desirato e che ormai da qualche tempo erano entrati completamente nella sua vita. Ci definì suoi amici. Ne fui felicissima.
Scoprì che avevo un canale, mi chiese di tutto al riguardo, e io giù, a parlare di tutto, di come mi piace, di come adoro essere fermata dalle persone e molte altre cose. Mi chiese perfino se avrei apprezzato fare un video in collaborazione con FavijTV. Davvero me lo stava chiedendo? Avrei fatto qualunque tipo di video con lui, pur di passarci del tempo insieme.
Ci addormentammo così, io con la testa sul suo petto e lui con le braccia intrecciate dietro la mia schiena. Non so come eravamo finiti in quella posizione, ma so che fu la prima notte senza incubi, che dormii pensando solamente a quanto fosse bello avere una persona che riuscisse a tirare fuori il meglio di me.

|| SPAZIO AUTRICE ||

Heilà gente! Come promesso il secondo capitolo, appena sfornato! Spero vi piaccia. Avete già deciso il giorno della settimana? Fatemi sapere giù nei commenti...

Un bacio, Cate

Børn Tø DîëDove le storie prendono vita. Scoprilo ora