"Mamma, adesso per favore mi puoi raccontare come vi siete conosciuti te e papà?" Sempre la solita curiosa. Chelsea, mia figlia di 6 anni, era da qualche settimana che continuava a chiedermi di raccontarle come ho conosciuto il mio fidanzato, Luke. Ma per raccontare tutto la storia sarei dovuta tornare indietro di tanti anni, quando decisi di partire per quel lungo viaggio che cambiò interamente la mia vita. "Sei proprio sicura di volerlo sapere?" Le rivolsi il solito sorriso dolce che riservavo solo a lei "Si mamma, voglio saperlo! Tanto domani tu e il papà vi sposate, quindi cosa può cambiare?" Certo che lei trovava sempre una scusa per convincermi, era fin troppo intelligente per la sua età. "Però voglio sapere tutto!" "Nei minimi dettagli?" Risposi ridendo. E se lo voleva sapere veramente, diamo via al racconto "Allora, io e il papà ci siamo conosciuti tanto tempo fa, tutto è iniziato quando..."
*Flashback* - 11 anni prima -
La cosa che mi ha fatto aprire gli occhi e mi ha fatto capire quello che stava veramente accadendo è stata guardare la valigia ancora aperta sul letto, in attesa di essere sistemata al meglio in previsione del giorno dopo. Questo voleva dire che era tutto vero, che stavo veramente per andarmene da questo posto? Roba da non credere, non riuscivo a realizzare che tutto questo stava succedendo veramente. Il telefono vibrava incessantemente sul comodino grazie ai numerosi gruppi di addio che i miei compagni avevano creato come scusa per potermi fare una miriade di domande su preparativi e tutto il resto, ma soprattutto tutti pensavano che io il giorno dopo non avrei mai preso quell'aereo, che non me ne sarei andata sul serio in un posto in cui non conoscevo nessuno. "Mamma, dov'è...." Le parole mi si fermarono in gola, la mia attenzione era tutta rivolta alla parete della mia camera, dove avevo appeso tutte le mie fotografie più importanti, con i pochi veri amici che erano rimasti e anche con quelli che ormai non sentivo più da tanto tempo, tutti i miei viaggi erano appesi su quel muro a testimonianza dei posti che avevo visto insieme ad una cartina con un gran numero di puntine che segnavano tutte le destinazioni che mi ero promessa di raggiungere durante il corso della mia vita. Contando le foto mi rimanevano sempre meno posti da vedere, ormai il mondo l'avevo girato quasi interamente. Ma tanti dei pallini sulla cartina erano situati proprio nel posto in cui stavo per dirigermi per un intero anno. Ormai mancava poco, ma le foto sarebbero venute con me, così le avrei mostrate alla mia nuova famiglia.
15 luglio. Ore 5:00 del mattino, dovrebbe essere illegale far prendere un aereo ad una studentessa in scambio culturale alle 8:30. Davvero. Non sapevo neanche da che parte ero girata, già quella notte non ero riuscita per niente a dormire a causa dell'ansia che mi tormentava ormai da giorni, era sicuramente impossibile risultare lucida al momento della partenza in un aeroporto immenso. Affrontare un viaggio di 36 ore credevo che mi avrebbe uccisa prima ancora di atterrare in quella favolosa terra che ho sognato per 2 anni, riuscendo solo dopo un lungo periodo di stress e lacrime a convincere i miei genitori a partire: l'Australia, la terra dei canguri. Chi si sarebbe mai immaginato che io, Laura Coletti, un bel giorno sarei riuscita ad intraprendere un viaggio così lungo da sola? Forse l'ho fatto per il mio immenso desiderio di conoscere culture straniere che mi ossessiona da quando ero piccola, essendo cresciuta in diverse classi (dall'asilo alla terza superiore) che comprendevano diversi studenti di origini straniere. Io stessa sono straniera per metà: italiana per via paterna, norvegese per via materna. Vado fiera delle mie origini, sarà anche per questo che ho deciso di buttarmi in questa avventura, per aiutare la gente a superare i limiti imposti dal razzismo e a non giudicare ogni singola persona dal colore della pelle o dalla provenienza dei genitori. Ma ora, cosa c'era veramente che non andava? Era il fatto di essermi dovuta alzare così presto e non aver dormito abbastanza o di non voler abbandonare il mio paese per trasferirmi un anno in una famiglia che conoscevo solo grazie ad alcune e-mail che avevo scambiato con i diversi membri e a dei documenti forniti dall'agenzia che avevo scelto? Sicuramente era troppo tardi per tirarsi indietro, ogni minimo documento necessario era pronto e solo dio sa quanto ho sofferto per compilarli tutti. Una fatica immane che speravo venisse ripagata con un'esperienza fantastica e sperando che la famiglia fosse fantastica come ha dimostrato nelle ultime mail che ho ricevuto.
"Laura, ti conviene saltare giù da quel letto se non vuoi restare qui anche per il quarto anno" mia mamma ci ha sempre tenuto a minacciarmi, fino all'ultimo giorno. "Arrivo..." "Abbiamo due ore di strada da fare, il papà sta già caricando le valige..." Quella sospensione nella sua voce non mi piaceva per niente. Era come se ci fosse un ma, da qualche parte, che mia madre stava esitando a tirare fuori per non farmi stare male. Mentre mi vestivo ripensavo al lunghissimo percorso che mi aveva portata fino a quel punto, a tutto quello che avevo dovuto subire, perfino prese in giro da gente a caso convinta che non sarei mai sopravvissuta ad una cosa simile. Insomma, è sempre difficile abbandonare la propria famiglia anche solo per poco tempo, ma lasciare i proprio cari per un anno intero è ancora peggio. "Laura, sappiamo benissimo quanto desideri partire per questa esperienza, ci hai messo mesi a cercare delle scuse per convincerci a lasciarti andare. Io personalmente non mi pento di averti detto di sì, so che questa cosa ti aiuterà tantissimo a trovare la tua vera vocazione. Però promettimi che farai attenzione, è l'unica cosa che ti chiedo in cambio." Quando c'era bisogno di un discorso deprimente mia mamma era l'unica in grado di farmi piangere lacrime sincere, l'unica con cui riuscivo ad esprimere veramente i miei sentimenti. "Mamma, sai già che so badare a me stessa e so difendermi da sola da tutto quello che potrebbe capitarmi. Per favore, non farmi sentire in colpa, ho bisogno di andarmene da qui." Ed era assolutamente vero, non avevo bisogno di altro che andarmene da questo posto infelice che non aveva fatto altro che procurarmi insicurezza. Era stata la psicologa che effettua il servizio di assistenza nella nostra scuola a consigliarmi di andare via, cambiare totalmente posto. Era uno dei miei più grandi sogni e non ho fatto altro che seguire il suo consiglio, in modo che questo sogno uscisse definitivamente dal cassetto per essere realizzato. "Vieni qui" mi abbracciò mia madre lasciandosi andare in un pianto di sfogo. "Sono sicura che troverai tutto quello di cui hai bisogno." "Ragazze, è ora di andare" ad interrompere il tutto interviene la voce di mio padre. Lui è stato uno dei pilastri del mio progetto, è stato lui il più difficile da convincere, ma alla fine mi ha risposto "Parti, vai dove vuoi!", lui stesso si era trasferito per un anno in Norvegia e aveva conosciuto mia madre, convincendola a venire in Italia. Nel silenzio più totale, rotto solo dalle ultime lacrime di mia madre, un'ora di viaggio trascorse ininterrottamente verso l'aeroporto nel silenzio generale. Si sentivano solo i tonfi delle valigie nel baule ogni volta che incontravamo una buca. Intanto ripensavo a tutto quello che stavo per lasciarmi indietro, all'unica persona oltre ai miei genitori che sapeva veramente ascoltarmi: Cynthia, lei ha origini americane ed è una persona fantastica. Le avevo promesso che quando avremmo terminato il liceo l'avrei portata in Australia con me. Avevo già progettato tutto, se mi fosse piaciuto il posto dove stavo per andare ci saremmo trasferite lì insieme. Gold Coast mi aspettava, sentivo già il richiamo di Surfer's Paradise, una delle spiagge più belle che esistano, delle palme... Mi sentivo già come se fossi là. Arrivati al parcheggio, scaricammo tutto e poi dentro a cercare un punto in cui chiedere un po' di informazioni aggiuntive (mi ero già informata abbastanza negli ultimi giorni, ma sempre meglio chiedere di nuovo, nonostante avessi già tartassato di domande il mio "fratello" ospitante, lui stava frequentato l'anno in Italia e di lì a poco sarebbe ritornato a casa). "Bene, credo sia arrivata l'ora di lasciarci" cercò di avanzare la proposta mio padre, ma fu lui il primo a corrermi incontro e a stritolarmi in un abbraccio. "È meglio che vado se non voglio trovarmi la fila e perdere l'aereo" cercai di ridere, ma tutto quello che riuscii a fare fu piangere le ultime lacrime italiane. "Ci vediamo tra qualche mese, vi chiamo appena riesco" salutai per l'ultima volta, presi tutti i bagagli e mi diressi verso l'area di controllo. Check-in e due ore di attesa. Queste ultime due ore passarono estremamente piano, non potevo più sopportare l'attesa, non vedevo l'ora di sorvolare l'oceano e ammirare i diversi Stati che sfrecciavano sotto di me. Guardando il cielo notai che non c'era neanche una nuvola, punto a favore per questa esperienza. Di sicuro sarebbe stato un volo molto più difficile da affrontare rispetto a quello precedentemente affrontato per andare in America, a New York. Ora non mi restava altro che mandare l'ultima mail alla mia famiglia, avvertendoli della mia partenza. Ore 8:00, finalmente il gate per Dubai stava aprendo. L'avventura stava ufficialmente iniziando. Il biglietto era passato senza nessun problema, segno positivo. Sulle scalette che portavano all'interno dell'aereo potevo sentire il mio cuore battere all'impazzata, non riuscivo più a ragionare su niente. Il mio posto era esattamente vicino all'ala, vicino al finestrino, il cielo era ancora sgombro da ogni nuvola, almeno avrei avuto qualcosa da fare, più perfetta di così la partenza non poteva essere a parer mio. E fu così che tutto poteva avere inizio, le ali si posizionarono, i motori si accesero, l'ansia iniziò a salire sempre di più. E finalmente eravamo decollati.
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The perfect exchange
RomanceNon bisogna mai pensare che se si decide di partecipare ad uno scambio interculturale la vita rimanga quella di sempre: gli amici di una volta possono andarsene, alcuni rimangono... Ma soprattutto, si conosce gente che sarà difficile abbandonare qua...