Paranormale
Eccola. Eccola qui di nuovo.
Questa volta eravamo in camera sua. Mia. Nostra...ma più sua.
Lei si stava sistemando il make up, così, lo feci anche io. Mi venne incontro, le venni incontro, sbatté le ciglia, la copiai. Poi lei mosse le labbra a formare parole che non potevo udire, ma che potevo comprendere, e che dovevo ripetere in sincro, facendo tutto ciò che faceva lei nel momento in cui lo faceva lei, assottigliando le labbra sulle "E" e alzando un poco le sopracciglia sulle "T".
La copiavo in modo perfetto, ma...a specchio.
Tutto questo...non lo facevo perchè ne avessi voglia, ma perchè era il mio compito, era quello che facevo...lo facevo e basta. Io esistevo solo ed esclusivamente per copiarla, per essere uguale a lei, perchè, a cosa serve un riflesso se non per riflettere?
Esatto. Ero un riflesso. Un'immagine, una figura senza altro scopo che ripetere, ancora e ancora. Io ero lei, e lei era me. Io ero Giulija, ma la vera Giulija era lei. Eravamo in due universi separati, certo, ma paralleli. E simmetrici.
E lei lo sapeva. Lei sapeva quale dei due dominasse sull'altro, e sapeva che anche io, seppure in questo mondo, fossi cosciente della mia vita, a differenza di tutti gli altri riflessi. Lei "modestamente" riconosceva chi fosse la mente(ovviamente lei stessa) e chi il braccio(indovinate? Io.). Non mancava mai di ricordarmelo. Quando camminava, correva, saltava, passava vicina a più superfici riflettenti possibili, non di certo per rendermi partecipe della sua vita, bensì per affaticarmi, facendomi spezzare e ricompattare milioni e milioni di volte. Dovete sapere, infatti, che io ero una sola, come lei, quindi più superfici riflettenti catturavano la sua immagine, più mi dovevo dividere l'anima per andare a rifletterla su ciascuna di quelle superfici. Giulija passava vicino ad uno specchio? Ottimo, io ero una, tutta intera. Ma se invece passava tra due specchi paralleli? Le pene dell'Inferno! Il mio essere si disperdeva nel tunnel infinito e sempre più piccolo che andava a crearsi, indebolendo me e la mia aura. Inutile dire che adorava camminare sui pavimenti a specchio, così da potermi schiacciare per bene. Lei era malvagia, astuta, senza pietà.La mia cara ragazza ora si stava sistemando il corsetto, mettendo il rossetto e applicando l'ombretto. Come al solito era bellissima e..cattiva. Appena finito di tirare una bella linea di eyeliner spessa e nera sopra la seconda palpebra si fissò, anzi, mi fissò con sprezzo e mi fece il medio, non curandosi del fatto che il gesto le sarebbe tornato indietro.
Non contenta, si avvicinò allo specchio fino ad appannarlo con il respiro e mi stampò un bacio sulla bocca, che fui costretta a ricambiare sulle sue schifosissime rosse labbra. Decise infine di andarsene dalla stanza, senza dimenticarsi di toccare con le dita tutti gli specchi lungo la strada che aveva collezionato negli anni, più come strumenti di tortura per me che per altro.
"Andò" per modo di dire, poiché infatti difetti rincorrerla su e giù tutto il tempo, oltre la stanza, oltre il corridoio e il salotto, fino giù in strada, dove la cosa si fece più tranquilla per la riduzione di superfici riflettenti.♦ ♦ ♦
La notte era una delle poche consolazioni, forse l'unica. O perlomeno, lo era quando Giulija si dimenticava di accendere la luce per costringermi a rifletterla anche durante il sonno. Se la luce era spenta il buoio più totale mi sollevava temporaneamente dall'infausto compito, ed io potevo librarmi libera nella notte di finte stelle e finta luna del mio mondo di specchio per...godermi la pace. Già, perchè non c'era altro da fare. Come già detto, di altri riflessi coscienti come me non se ne trovavano, quindi non c'erano persone con cui parlare o divertirsi.
♦ ♦ ♦
La mattina dopo, a quanto avevo capito, doveva incontrarsi con la sua amica di penna. Ajarah. Lei non l'aveva mai incontrata, ed entrambe eravamo eccitate. Io, però, cercavo di nasconderlo dietro espressioni di felicità di plastica, perchè se lei si fosse accorta della mia felicità avrebbe annullato tutto solo per farmi stare male.
Alle 9.34 in punto eravamo sedute ad un bar, su di un tavolino tondo e lilla pieno di fiori colorati, la sedia di Lei era perfettamente in fronte ad uno specchio, qualche metro più avanti, per tenermi d'occhio.
Come al solito nella mia aria non si sentiva alcun odore, ma nella sua aria c'era profumo di brioches appena sfornate, ripiene di crema, caffè caldo e cioccolato all'uvetta, specialità del Beek & Birsthein, un bar très chic della città.Finalmente una ragazza sui 17 anni, con la pelle ambrata e i capelli scuri raccolti i tante trecce, gli occhi verdi e profondi e un'accoppiata di pantaloni larghi militari con una camicia bianca e attillata fece capolino nel locale, agitando la mano piena di tatuaggi con l'hennè nella nostra direzione. Subito percepii qualcosa di strano nel riflesso di quella ragazza così diversa da Giulija...era una Cosciente.
Ogni volta che la vera Giulija parlava e Ajarah le rispondeva noi le uguagliavamo, ma al contempo parlavamo di noi, delle nostre condizioni, non delle loro.
Quella mattina ebbi la mia prima vera amica, ed insieme a lei la notte conoscevo sempre più gente, stufa e stanca di essere solo un riflesso, gente che voleva essere di più, che voleva prendere il posto, degli ingrati che inseguiva tutto il giorno, tutti i giorni. Facemmo tanti progetti. E infine li attuammo.
Vi scrivo da un universo diverso da quello in cui soni stata concepita. Un universo in cui noi siamo i padroni. Noi dominiamo.||fine
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Concorso di fallenflaws | | fiamma_
RomanceIn questa "storia" pubblicherò le one-shot per il concorso di @fallenflaws