Tenendomi per i fianchi nudi, tra ansimi, gemiti e urli mi aveva violata- non che fosse la prima volta-, e ora mi stava dando piccoli baci lungo la linea del mento, del collo, della clavicola. Sentivo..-
"STOOOP! Così non va Dorigen, devi sembrare più emotiva, più presa...togliti quella faccia annoiata e metti una maschera di passione su quel bel viso. Marko, potresti provare a sembrare meno un cane in groppa ad un cavallo e più un uomo che arde di passione per la donna dei suoi desideri? Avete ancora le protezioni? Staff, più sudore su quei corpi, i microfoni più vicini, voglio sentire ogni singolo respiro! Riprendiamo."
E così via tutto il pomeriggio, a ripetere la stessa scena, ogni volta sempre più stanchi e distaccati.
Stavamo facendo l'amore? Decisamente no.
Stavamo facendo sesso?
Così doveva sembrare, ma no. Era tutta una finzione, una messa in scena. Non conoscevo quell'uomo nemmeno da un mese e già dovevo far sembrare di esserci a letto.Ma, dopotutto, nel mondo del cinema era così. Che importanza avevano i tuoi sentimenti, i tuoi pensieri? Leggi il copione e impararlo. Tu non sei tu, e il tuo corpo, grazie alla tua firma, ora è mio. Se ti dico di farti tutti gli attori perché è questo che la mia sceneggiatura richiede, tu lo fai. Se ti chiedo di entrare in una scatola di vetro che riempiremo piano di acqua, tu ti dimenerai come dico io, griderai, e il tuo panico sarà quello che io ti concederò di esprimere.
E Scottinger non accettava consigli, non ascoltava nessuno. Non stavo mettendo in discussione il suo lavoro, ma come lo svolgeva. Brusco e arido, gli importavano solo fama e ricchezza.
E voi starete pensando "ma cosa dici, i registi sono amici degli attori, sono buoni e carini" e io vi risponderò che non tutti recitiamo per Teen Wolf o Pretty Little Liars in cui sono tutti una grande famiglia di caldi abbracci.
Qui neanche si ricordavano il mio nome. Ormai ero solo Dorigen per loro, non Kenya. Anche Justin era Marko per il regista.
Era una cosa triste, e molto. Ma, una volta che entri in questi giri, una volta che ti bollano come attrice per uomini eccitati -troia- o come bambina per le serie tv...è finita. Sarai sempre e solo quello. Niente di più.Dopo essermi fatta una doccia ed avere indossato vestiti puliti per tornare a casa mi consegnarono una busta con i soldi del mese.
Per tutto il tragitto nella limousine i miei occhi seguirono lo skyline della città, non volevo guardare in basso, non volevo vedere la gente per le strade che si affaticava a concludere le ultime spese della giornata, le ultime commissioni, con i corpi gelati dall'inverno e le tasche bucate dalla povertà.
Avevo pensato molto spesso di elargire il mio denaro per migliorare la vita di quella gente, ma sembravano più contenti loro, più contenti di me. Anche poveri. Anche soli.Perchè io non potevo essere felice?
Perchè la sera di natale non potevo riunirmi con la mia famiglia davanti al presepe, con il camino a legna alle spalle, per pregare Dio e scambiare regali? Perché dovevo andare a stupidi meeting con gente che con me non aveva nessun legame?
"Nel mondo in cui sei ora, non c'è spazio per i sentimenti, l'amicizia, la famiglia, e tutte quella robe lì che i bambini amano tanto dire. In questo mondo ci sei tu e il tuo lavoro. E la tua immagine pubblica."Mi vestivano di abiti ridicoli, inventandosi che fossero mie creazioni, davano il mio nome a linee di profumi e cosmetici. Il mio nome era di dominio pubblico, con chi uscivo era un fatto pubblico, anche quando uscivo a buttare la spazzatura schiere di paparazzi mi scattavano foto. Nei giornali leggevo assurde teorie che mi descrivevano in modi buffi e contrastanti, prima mi amavano, poi mi contestavano, un giorno ero la ragazza più carina del mondo e quello dopo quella che le provava tutte per mettersi in mostra.
Arrivata a casa, un cane che non avevo mai voluto ma che "Kenya la bravissima attrice ha salvato dalla strada" -in verità era stato comprato dal mio manager e mollato in casa mia- mi assalì e riempì di gesti affettuosi.
Chanel per i fan, ma Peloso per me, quella cagnolina profumata era diventato il mio più caro amico e compagno.La portavo ovunque potessi e, quando non potevo, sapevo che al mio ritorno l'avrei trovata a casa ad aspettarmi. Pensavo spesso alla sua morte, sarebbe arrivata inesorabilmente, pensavo spesso che, con la sua, sarebbe arrivata anche la mia. Per cosa avrei dovuto vivere, dopo? All'inizio avevo amato il mio lavoro, avevo amato avere una doppia vita, entrare gratis in discoteca e ballare al buio, sotto fasci di luci fugaci, brillantini e colori, con la stanza che girava e l'alcool nelle vene, divertirsi con ragazzi e ragazze di tutte le età, che il mattino dopo non avrei più ricordato...era stato tutto meraviglioso. All'inizio.
Poi, Con lo scorrere degli anni mi ero stufata dei fan che mi assalivano fuori casa, nel parco, nei bagni di un autogrill. Mi ero stufata del rumore, delle grida, degli applausi e dei fischi. Ora volevo solo trovare un uomo con cui passare la seconda parte della mia vita, quella più matura, e calma.
Una lacrima mi sfuggì dalle ciglia, solcando le guance troppe volte rosate, ambrate, scurite e impiastricciate. Arrivò fino al mento dove indugiò per un secondo, e poi, cadde.
Cadendo sul pavimento produsse un lieve suono, che quasi non udii.
Mi chiesi se anche la mia fine sarebbe stata così. Veloce e silenziosa. Il mondo mi avrebbe ricordata? Qualcuno, quei fan, avrebbero versato delle lacrime per me, o mi avrebbero subito rimpiazzata con un altro idolo, un altro corpo pieno di denaro, una macchina del mondo commerciale per procurare soldi?Era dall'età di 13 anni che soffrivo di depressione. Momenti in cui mi sentivo isolata dal mondo, chiusa in una campana di vetro che il mio esile corpo non sarebbe mai riuscita a spezzare, sotto una coltre di nuvole grige. E allora prendevo le pillole. E stavo bene, o così sembrava.
In quei momenti andavo nella mia stanza dei giochi. Era una stanza che conoscevo solo io. Aveva le pareti Verdi e rosa, ed un bel tappeto morbido colorato. Sul tappeto erano appoggiate le bambole. Pettinarle, cambiarle i vestiti e parlare con loro era l'unica cosa che mi aiutava, insieme all'amore di Peloso.
Ognuna di loro aveva un nome, un armadio, una culla e tutto un set di cosmetici e spazzole. Quando ero in quella stanza ritornavo alla mia infanzia, a quando mia madre e mio padre erano con me. A quando mia sorella non si drogava ancora, a quando giocavo con le mie amiche in soffitta.Asciugai la guancia, la sensazione di freddo lasciata dalla lacrima mi infastidiva. Spensi la luce de l'abat-jour, rimanendo nel buio, tra le coperte di seta color vinaccia, ad osservare il soffitto, illuminato dalla luce lunare che penetrava dalle persiane.
L'indomani sarebbe stato un nuovo giorno.|| Che dire? Grazie, per avermi dato la possibilità di partecipare a questo concorso, spero di essere riuscita ad esprimere al meglio le emozioni che ho provato mentre scrivevo, spero vi siano arrivate, che le abbiate sentite, che le vostre sopracciglia si siano corrucciate nei momenti più intensi, che gli occhi siano rimasti incollati alle parole e che il flusso della narrazione vi abbia catturati e portati con sè, nel mondo di Kenya.
Bye♥♥
STAI LEGGENDO
Concorso di fallenflaws | | fiamma_
RomanceIn questa "storia" pubblicherò le one-shot per il concorso di @fallenflaws