Capitolo 2

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Conan uscì lentamente dall'agenzia, assorto nei suoi pensieri. Prese una direzione a caso, senza una meta precisa. Aveva preso in considerazione per un attimo l'idea di ritornare dal dottor Agasa oppure di chiamare il suo migliore amico, Heiji Hattori, uno dei pochi che conosceva la sua vera identità, per avere un consiglio, ma si rese conto che non avrebbe saputo cosa dire, e che aveva bisogno di stare da solo.

<<Da quando se n'è andato, mi ha raccontato solo bugie>>.
<<Non si è più fatto vedere>>.
<<Sono stanca delle sue bugie!>>.
<<Perché l'ha fatto? Perché?>>.
Ran che scoppiava in lacrime...

A ogni ricordo di quella conversazione, Conan sentiva una stretta al cuore, sempre più forte.
<<Argh!>> esclamò, scrollando la testa per cercare di togliersi dalla mente quei cupi pensieri:<<L'ho fatto solo per lei, perché non volevo metterla in pericolo. Non avevo altra scelta. Devo smetterla di pensarci!>>.
Ma più cercava di convincersene e di dimenticare, più si sentiva in colpa. L'aveva fatto per il suo bene, certo, ma non riusciva a togliersi dalla mente i singhiozzi di Ran, e soprattutto la frase che aveva detto alla fine: <<Sento che per l'amarezza, il mio cuore sta andando in mille pezzi>>.
E tutto solo per colpa sua.
<<Che devo fare?>>.
Per la prima volta in vita sua, non seppe che fare.
Per cercare di calmarsi, si guardò intorno. Si era fermato in quel luogo già da un pezzo, ma ancora non aveva visto dove era arrivato. E si accorse di trovarsi in un parco. Lo stesso parco con cui aveva passato con Ran tanti bei momenti. E sentì una grande tristezza invadergli il cuore. Non era il tipo che si lasciava sopraffare dai sentimenti così facilmente, ma, dopo quel pomeriggio, non riusciva a fare altrimenti.
<<Devo tornare a casa>>.

Sonoko era dovuta andare via per un impegno, e Ran era rimasta da sola in casa. Ripensando a quel pomeriggio, a quello che aveva detto all'amica, sentì un po' di vergogna. Molte delle cose che aveva detto le erano sfuggite di bocca per l'emozione, ma si era resa conto che che erano sentimenti che aveva tenuto repressi per mesi, e dopo averli buttati fuori si era sentita meglio.
Ma c'era qualcosa che la disturbava, che non la lasciava tranquilla.
<<forse è per lo strano comportamento di Conan di prima>>.
Quando l'aveva visto mentre si allontanava in corridoio, infatti, l'aveva chiamato, ma lui non aveva risposto. Allora lei gli si era avvicinata per appoggiargli le mani sulle spalle: forse non l'aveva sentita e, credendo che lei fosse ancora in camera, stava andando via senza avvisarla.
Ma qualcosa l'aveva trattenuta. C'era qualcosa nell'aria, che le aveva detto di stargli lontano.
In quel momento Ran si rimproverava di non averlo fermato. Era evidente che c'era qualcosa che non andava. Ma non era riuscita a far altro che a rimanere lì, ferma, a guardarlo mentre si allontanava.

Conan entrò in casa e cercò Ran con lo sguardo, senza trovarla. Allora andò verso la camera della ragazza e bussò.
<<Chi è?>>.
<<Sono io. Posso entrare?>>.
<<Sì, certo. Vieni>>.
Conan entrò.
<<Ehi, Conan. Te ne sei andato senza dire niente. Dove sei stato?>> chiese la ragazza.
<<Da nessuna parte. Senti, Ran, devo dirti una cosa>>.
<<Allora, che c'è?>> chiese lei con un sorriso, che scomparve non appena vide il volto serio del ragazzino.
<<Che è successo?>>.
<<Ho sentito quello che hai detto a Sonoko>> rispose lui senza mezzi termini.
<<Cosa?! Dici davvero?>> esclamò Ran. Forse era per quello che se ne era andato via in quel modo. Ma perché lui avrebbe dovuto prendersela? Però era amico di Shinichi...E se fosse andato a dirglielo?
<<Non hai detto niente a Shinichi, vero?>> domandò allarmata.
<<Non ce n'è stato bisogno, perché, vedi...>> disse Conan togliendosi gli occhiali
<<Shinichi sono io>>.
E iniziò a raccontare degli uomini in nero con i nomi in codice di liquori, della misteriosa Organizzazione, del veleno APTX che l'aveva trasformato in bambino, di Ai, vero nome Shiho Miyano, nome in codice Sherry, ex-scienziata dell'Organizzazione, creatrice dell'APTX, fuggita grazie al suo stesso veleno, e ora minacciata dagli uomini in nero per il suo tradimento...
Mentre andava avanti, Conan non riuscì a guardare Ran negli occhi, che, a mano a mano che lui proseguiva col racconto, si riempivano di lacrime.
<<Volevo solo proteggerti, Ran>> terminò Conan.
Ran, con il viso scuro, si alzò in piedi.
<<Non hai mai pensato che io non volevo essere protetta?>> disse Ran guardandolo, per la prima volta da quando era entrato, negli occhi, attraverso un velo di lacrime.
<<Non hai mai pensato che io avrei voluto aiutarti?
Che avrei voluto starti vicino in una situazione del genere?
Che avrei voluto che tu, una delle persone di cui mi fido di più, ti fidassi a tua volta di me?
Avrei fatto di tutto per te, sai? Anche se avessi dovuto tacere con chiunque, l'avrei fatto, perché mi fidavo di te>>.
<<Mi dispiace di averti mentito, Ran. Credevo che sarebbe stata la cosa migliore da fare, invece si è rivelato un enorme sbaglio>>.
Shinichi si voltò, e uscì dalla camera.
<<Dove vai, Shinichi?>>.
<<Non lo so>> rispose lui.
E Ran non poté far altro che rimanere lì a guardarlo mentre andava via di nuovo.
Questa volta, forse, per sempre.  

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