18th november 1943.

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Mi chiamo Harry, ho otto anni e vivo a Berlino, in Germania
Oggi è il 9 novembre 1943.

Non vado a scuola, i miei genitori pensano che sia meglio così: oltre al costo eccessivo dei libri e le malattie che si possono prendere è pieno di ragazzini di strada, che non ci mettono nulla a prendere di mira chi è più piccolo di loro.

Spendo le mie giornate insieme a Louis, un ragazzino che vive proprio accanto a me. Ha due anni in più ma comunque ci divertiamo a giocare insieme e a scorrazzare in giro per le strade della nostra cittá. Senza volerlo combiniamo tanti guai, infatti le nostre mamme ci puniscono spesso: ormai il rumore del cucchiaio di legno è diventato il nostro incubo più frequente.

In questo periodo dell'anno molti dei ragazzini della nostra etá vanno in vacanza e noi possiamo stare tranquilli, da soli. Come piace a noi. Non ci sono i ragazzi più grandi che ci rubano le caramelle o che ci spingono a terra ridendo.
Io e Louis non amiamo troppo viaggiare, infatti in estate restiamo qui, con le nostre famiglie.
Non vado a trovare i nonni in Portogallo e Louis non va dai parenti a Parigi.
Credo che anche mamma non ami viaggiare, dice che ora ci sono i cattivi in giro, me lo racconta ogni sera, forse cercando di non farmi uscire più con Louis.

Mamma ha paura di morire, l'ho sentita mentre lo confessava a papà. "Può succedere di tutto", è quello che dice sempre lei, in continuazione.

Mi chiamo Harry, ho otto anni e vivo a Berlino, in Germania.
Oggi è il 10 novembre 1943 ed anche io ho paura di morire.
Louis oggi non è venuto con me a giocare, l'ho cercato, ho urlato il suo nome uscendo in strada, andando davanti a casa sua, ma nulla.
È partito con la sua famiglia, me l'ha riferito un bambino che passava di lì.
Ma..a Louis non piaceva viaggiare.
Louis non mi ha salutato, non mi ha detto dove è andato e neanche se tornerà.

Louis è partito. Senza avvisare.
Proprio come il mio papà. Senza preavviso è dovuto partire, ricordo ancora quel momento:
ha messo una brutta divisa, non l'avevo mai vista addosso a lui. Una volta però avevo giocato con l'elmetto che ora portava sul capo. Ha salutato me e mia sorella con un bacio per poi consolare mia madre che era scoppiata in lacrime. Prima di uscire dalla porta di legno ci sorrise, dicendo che sarebbe andato tutto bene. Non sapevo dove andava e non sapevo se sarebbe tornato, proprio come Louis.
Guardai mia madre, che si era fatta improvvisamente taciturna, guardava mio padre dalla finestra, senza vederlo veramente "Non preoccupatevi", diceva.

Mi chiamo Harry, ho otto anni e vivo a Berlino, in Germania.
Oggi è il 17 novembre 1943 ed anche io ho paura di morire.
Ho sentito la mamma piangere, di nuovo. Era un pianto diverso dal solito, questa volta non stava cercando di nasconderlo a me e mia sorella; la vidi, era in cucina seduta e stringeva un pezzo di carta fra le dita poggiate sul grembo coperto dal grembiule.
"Cos'é?"
"È una lettera", mi aveva risposto con le labbra che tremavano, mentre passava una mano diafana sul suo volto rigato di lacrime.
Papà era partito da soli sette giorni.
Papà ora era "partito" per sempre, e no, non sarebbe tornato affatto.
"Ma..papà ora dov'è?"
"Papà è.." la voce le si era spezzata in gola mentre guardava con gli occhi lucidi me e Gemma, mia sorella maggiore. "..È qui con noi Harry. Se vai in girdino lo vedi. È diventato un fiore bellissimo" l'ho vista deglutire e sforzare un sorriso triste mentre stringeva il pugno attorno alla lettera, stropicciandola tutta.

Mi chiamo Harry, ho otto anni e vivo a Berlino, in Germania. Anche io ho paura di morire.
Sta notte ho sentito una grossa esplosione, seguita da un forte rumore di spari.
La nostra casa ha iniziato a tremare.
Ho sentito le persone urlare e scappare per strada, lasciando tutto così, com'è.
Riesco ancora a ricordare nitidamente la mamma: mi ha preso in braccio e mi ha portato fuori di corsa, ordinandomi di rimanere fermo con la voce che tremava. Di rimanere fermo mentre intorno a me si scatenava l'inferno. Fermo mentre gli uomini in uniforme mi marciavano, correvano e perivano accanto.
Lei è tornata in casa per prendere Gemma, tentando di svegliarla velocemente e di prendere quel poco che ci occorreva per vivere e fuggire via.
Ho sentito un altro scoppio. Molto più forte. Molto più vicino.
Delle case sono crollate. Delle pietre sono schizzate in giro. Il cielo era grigio e le fiamme divampavano in ogni dove.
Urla, lacrime, dolore. E tanta, tanta paura. Nelle orecchie sento ancora l'eco degli spari, l'eco dei pianti, l'eco di quelle urla disperate, delle persone senza scampo, senza speranza.

Oggi è il 18 novembre 1943.
Ed io mi chiamo Harry, ed ho paura di morire.
O meglio, mi chiamavo Harry. E la paura non esiste più.
Aveva ragione la mamma; tutto può succedere.

Ah, mamma. Vorrei chiederti un'ultima cosa:
Anche io sono diventato un fiore bellissimo?

Flowers ; hes OSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora