First.

76 1 2
                                    

-Negro, negro! Sporco negro-
Mi girai e gli diedi un pugno cosi forte che il mio colore gli si stampó sul naso. Come tutti i giorni era la solita storia. Una lotta continua in questo quartiere di merda. Si era formata una calca ormai, ero circondato. Mi guardavo intorno e vedevo come i miei fratelli mi incitassero a schiacciare quella faccia pallida sostenuta alle spalle dai suoi amici bianchi. Ogni volta era la stessa storia, ogni mattina per arrivare a quella maledetta scuola dovevo uscire da quel piccolo quartiere malfamato. Per quelle poche volte che andavo in quell'istituto dovevo oltrepassare quella linea. Si, era diventata una linea di guerra. Ed ogni volta che la oltrepassavo o scappavo di nuovo nella zona franca oppure accettavo tutti gli insulti e gli sputi che ricevevo dai miei coetanei bianchi. Ma purtroppo io e miei fratelli non abbozziamo mai e se qualcuno ci insulta corriamo a fargli ingogliare fino all'ultima parola. Era una continua lotta, i neri sono considerati feccia e per questo sempre sotto accusa per ogni atto di criminalità o di cronaca della zona. Forse qualcosa era vero. Spaccio, furti di auto e rapine giravano tutto tra le nostre mani perché per chi vive in posti come questi sopravvivere è difficile, e sono queste le uniche cose che ti offre l'ambiente. In quella scacchiera del "Geoffry Epocal istitute" c'era puzza di malsano, di meticcio. Quel meticcio bianco misto nero. Assomigliava più ad un carcere, giravano più bottoni di cocaina qui che nel ghetto. Scritte sui muri, sedie che cadono a pezzi. Un angolo di inferno dimenticato dal mondo. Se volevi stare tranquillo dovevi camminare a testa bassa, ma non se giravi per i corridoi con Donny e Iron Paul: i neri più grossi che abbia mai visto. Ma tra i miei fratelli c'era anche il mio migliore amico Freddy e Carl con il fratellino Chamber. È con loro che faccio i miei danni ed è con loro che preferisco venire all'inferno piuttosto di stare a sentire quell'alcolizzata che sta a casa.  Era meglio fare risse con Red Jeson e i suoi. Si faceva rispettare solo perché il padre era uno dei più grandi spacciatori della zona. Avrei preso le sue lentiggini e gliele avrei strizzate una ad una. Pensava di essere migliore solo perché era un bianco. Facevamo collezione di occhi neri, ci odiavamo, ma in cuor mio sapevo che non era come gli altri, era un tipo sveglio. Era di gran lunga meglio fare a botte con lui che tornare a casa. Ma ogni peccatore torna sempre nella sua dimora...

-Clarence sei inutile- mia madre gridava con quella voce sguaiata e la bottiglia di gin in mano ancora prima che tirassi il cappello sul mio letto
-Sei un fallito- Urlava
-Non vali niente come tuo padre-
-Se fosse ancora vivo ci avrebbe tirato fuori da questa merda. Era il suo sogno!- strillavo ogni volta con sdegno. Lui si che mi voleva bene e forse se fosse ancora vivo Brook non sarebbe rinchiuso in cella. Lui voleva un futuro migliore per noi. Non voleva che facessimo la sua stessa vita. Perchè chi vive nei bassi di Cox è destinato ad una morte certa fra impicci di droga e faide tra bande. Ero rimasto solo a badare alla piccola Sophie. Non potevo farla rimanere li da sola. Nelle mani di quella pazza, che ormai non riconosco più.

Tutti i pomeriggi mi dondolavo sulla sedia con il pallone a spicchi tra le mani aspettando che Freddy passasse con il suo skate. Ci ritrovavamo con tutti gli altri e andavamo a giocare nel campo dietro la scuola. Ormai con le reti distrutte poteva entrare chiunque, quel che era rimasto era solo un pavimento consumato ed un unico canestro. I tempi delle risse per conquistarsi il possesso di quell'unico cesto erano finite da quando una macchina si affiancó al rettangolo di gioco e fece partire dei colpi dritti sulla schiena di uno di quei bianchi.. Mai fidarsi di loro, sarà stato sicuramente un regolamento di conti. Da quel giorno non si vide più nessuno da queste parti. Ma noi ci continuiamo a venire, perchè se qui righi dritto nessuno ti da fastidio. Ma io, io aspetto solo il mio momento. Se devo vivere in questa merda, ne voglio essere il padrone. Ma questo poco importa, adesso devo prendermi il trono come MVP dell'NBA e schiaccio subito in canestro come se fossi allo United center con tutte le persone che mi acclamano
-OOOH yes baby, i am the CHAMPION!!-  esulto con il mio solito gesto ad indicare il mio pubblico.
Non faccio in tempo a concludere la mia esultanza che una voce fastidiosa mi entra nei timpani
- oooh cazzo, FE-NO-ME-NA-LE!!-
È Marcus Mec. Che figlio di puttana!
-Mec che ti serve?- io e gli altri ci avviciniamo. Lo chiamiamo Mec perché rimette a nuovo tutte le macchine che rubiamo per lui. Le trasforma.
-hey belli, ho un lavoretto per le mani-
-Di cosa si tratta?- parlo sempre per il gruppo, si fidano di me, mi rispettano.
- ho una bella bambolina da andare a ritirare da uno che non mi ha più pagato- ci spiega con quella vocetta assordante.
- Una bella Mustang GT tirata a lucido-
-Dove la troviamo?- chiedo
- L'unica proprietà di Taylor evenue. In cambio 50$ per uno e un ingresso al party di stasera al mega villone di Clyde.- sibila sotto banco
-Nessun problema, ritieniti gia al volante di quel gioiellino-.

Aspettiamo sera tra un canestro e l'altro.
Quando si è fatto ormai buio decidiamo come al solito, cacciavite e torcia alla mano, di andare a completare l'opera. Carl si porta sempre dietro Chamber perché ha le mani piccole e riesce meglio a far passare la mano dal vetro. Io non voglio che viene con noi perché è ancora un ragazzino.
Siamo arrivati. La macchina è coperta. Già dai cerchioni si vede. È trattata meglio di una donna. Scavalchiamo la recinsione dietro la quale è parcheggiata. Uno, due, tre tentativi.. Non siamo abituati a trattare macchine del genere. Chamber è stanco, ma vuole essere l'orgoglio di Carl. Si appoggia alla macchina. Qualcosa non va. La macchina inizia a fare un rumore assordate. È scattattato l'allarme!
Lasciamo tutto com'è.
Spari, un cane che abbaia. Era un fucile a canne mozze. Donny che è il più alto ci fa salire uno per volta a scavalcare la recinsione, ma il cane mi assale e mi strappa un lempo dai pantaloni. L'allarme era centralizzato con la stazione di polizia. Tra le urla del proprietario scappiamo via. Fortunatamente nessuno è rimasto dietro.. Anche Chamber ce l'ha fatta. Tra i vicoli bui di Cox sentiamo le sirene delle pattuglie. Siamo fuggiti appena in tempo. Per mimetizzarci e non destare sospetti corriamo diretti alla festa.
Sudati e impauriti, inizio a spintonare Carl dal nervoso.
-Perchè cazzo ti porti sempre tuo fratello dietro?- Urlo
-Lo vedi cosa succede? Merda!-
Sta zitto, non risponde. Guarda Chamber che si sente mortificato, lo stringe dai capelli strattonandolo
-Vattene diretto a casa. Non fare danni!
Qui tu non puoi entrare- gli dice.
Chamber con gli occhi gonfi scappa via e non rivolge uno sguardo al fratello.

Ma la serata ha inizio belli.
Casa di lusso, strafighe da paura, piscina e alcool! Non c'era niente di meglio.
Iron inizia a guardarsi intorno era pieno di bottoni e hashish da smerciare nonostante Mec ci avesse detto di non fare casini. Sembrava uno scout con i suoi biscotti
-State in campana, vado a bermi qualcosa- ho subito avvisato
-Iron sta attento non fare cazzate-
Ma troppo tardi era gia sparito in cerca di clienti.
Carl rimaneva zitto seduto da una parte gia con un bicchiere in mano. È il solito coglione.
Io e freddy ci circondiamo subito di belle ragazze e ci buttiamo nella mischia a ballare. Musica spaziale, era un paradiso.
Non si vive mai tranquilli qui. La bella vita dura poco.
È Mec che arriva di corsa e mi cerca tra la folla.. Spintona tutti. Lo vedo agitato si avvicina a me sussurrandomi una cosa all'orecchio. È sconvolto. Era andato nei presi di Taylor avenue per controllare se avevamo completato il lavoro ed era incazzato e si chiedeva perché non gli avessimo ancora portato la macchina. Ma la rabbia ha lasciato subito spazio alla disperazione.
Corro subito a prendere Carl e lo tiro fuori dalla marmaglia mentre Freddy e gli altri mi seguono attoniti, non capendo cosa stia succedendo. Arriviamo lì, nascosti. Ancora increduli osservando quel velo a terra circondato da agenti e dal quel bastardo della Mustang. Mi sembrava di vedere tutto a rilento, anche le nostra urla erano mute surclassate dal rumore delle sirene. Dovevamo rimanere nascosti, ma Carl non ce l'ha fatta. Non ho fatto in tempo a fermarlo che era gia chino su quel corpicino. Scopre il telo e c'era Chamber disteso, avvolto da quella chioma folta e riccioluta quasi fosse un aureola sporcata dal suo stesso sangue. Volevo tirarlo via, dovevamo andarcene. Ma ci avevano scoperto. L'uomo con il cane aveva riconosciuto i miei pantaloni strappati. Non c'è più nulla da fare: Ci hanno preso!

Oblivion factorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora