Vedo Chamber. Che ci fa li?
Sta cercando di scardinare la Mustang da solo.
Ma cosa fa?
-Vai via!- Urlavo
Cercavo di avvicinarmi. Ma nonostante corressi mi trovavo sempre allo stesso punto.
Era come se non mi sentisse
-Non vedi che hai una volante che ti sta passando dietro?-
Perchè non scappa? È troppo impegnato nel suo lavoro. Non capisco perché si trovi in quel posto da solo. Senza di noi.
-HEY!! esci subito fuori da lì- diceva un poliziotto.
Chamber ti avevo avvertito. Devi andare via.
Alza la recinzione e trova un spazio sotto il quale passare.
Non doveva tornare a Taylor avenue. Lo sapeva che ci sarebbe stata la polizia e il proprietario della macchina ad aspettarlo.
Dove va?
Sta correndo. Sembra un'ape impazzita. Una palla da baseball che schizza.
-Attento a dove vai!- continuo a urlare senza la voce in gola.
Un fascio di luce bianco. Si avvicina sempre di più. Sempre di più. Una frenata. Tardiva.
Un frastuono. Un cranio che sbatte a terra.
Ma quel bagliore di luce mi sta pervadendo.
È tutto bianco intorno a me.
Apro gli occhi lentamente.
Un uomo in camice mi sta puntato un fastidioso fascio luminoso negli occhi.
Che continuo ad aprire sempre più piano per riuscire a capire dove mi trovavo e cosa fosse successo.
-Perdonami se ti ho svegliato, ma dovevo vedere se davi segni di vita- una voce calda mi arriva all'orecchio.
-Mi hanno detto che hai un processo, non ci vorrai mica arrivare tutto fasciato- continuava.
Sento il naso pesante. Impacchetato tra garze e ovatta. Alzo una mano e mi osservo il pollice. Mi guardo l'unghia che mi ero appena passata sotto il naso. Una sottile striscia di sangue che si confonde con il bianco spento della mia unghia, che assumeva sfumature diverse a seconda di come muovevo il dito sotto il neon che illuminava la mia stanza.
-Non si è rotto per poco- con voce ironica commentava il dottore
-Solo una settimana di riposo e tornerai come prima. Se ci sono problemi torna pure da me- mi conforta.
Una settimana? Io devo andare via. Devo scappare da qui. Scatto subito in piedi, ma mi affaccio la finestra. Non ero in casafamiglia. Questo è un ospedale.
-Voglio andarmene- ponendomi con arroganza
-Non puoi. Devi aspettare che ti vengano a prendere- parlandomi con assoluta calma mentre gettava i guanti in lattice e poneva i ordine gli oggetti del mestiere.
-Clarence devi stare tranquillo e a riposo non ti agitare. Stanno per venirti a prendere-
Cazzo sapeva anche il mio nome
-Se ti va raccontami quello che è successo, mentre aspettiamo-
-Non parlo con gli sconosciuti- mantenendomi sulle mie
-Allora sono molto lieto di conoscerti.. Sono il Dottor Robert Rethford. Chirurgo di questa splendida struttura. Ritieniti fortunato. Mi sono scomodato per te solo perché Melissa è una mia cara amica- con arie di uno che sembrava tirarsela.
-Niente le solite risse. Ogni tanto si danno. A volte si prendono. È abitudine...-
Non faccio in tempo a finire la frase che bussano alla porta.
È la signora in gonnella.
-Oh cara melissa. Come stai?- Il dottore si avvicina a lei abbracciandola in modo caloroso.
Ecco come si chiama.. Melissa.
Era l'amica di cui mi parlava prima il caro Robert.
-il tuo ragazzo sta bene, puoi riportarlo con te-
Le rassicura.
Ero esausto. Sono giorni che vengo scarrozzato.
-Ci vediamo Clarence- mi saluta -e spero non in ospedale-
Gli annuisco con la testa e vengo trascinato di nuovo via.Sono di nuovo dentro questo maledetto posto. Stavolta anche in punizione. In una specie di isolamento. Niente più cortile per chissà quanti giorni. Devo trovare il modo di andarmene.
Passano i giorni e penso sempre più di stare a buttare la mia vita qua dentro. Rifletto molto questo periodo e dopo la morte del fratello di Carl non so se voglio tornare a quella vita. Forse il mondo non é tutto chiuso tra quei vicoli bui. C'è qualcosa di più la fuori come ripeteva sempre mio padre. Non voglio fare la loro fine. Da ora in poi voglio mantenere una promessa. Una promessa che faccio a te papà.
Voglio realizzare il tuo sogno per onorare la tua morte e anche quella di Chamber che è stato strappato alla vita ancora così piccolo.
Devo realizzare il mio futuro proprio per te che non ne avrai uno. Con il rammarico dentro di non essere stato nemmeno al suo funerale.Trascorrono le ore ed è di nuovo giorno di visite. Guardo dalla finestra del secondo piano della mia camera. Sotto ho un rettangolo di erba alta. Quattro metri che mi distanziano dal confine di un alto muro invaricabile. L'uscita è sorvegliata e non posso passare da lì. Fortunatamente sono tutti a mangiare e io che sono in punizione devo restare in camera al di fuori delle attività indicate dagli assistenti sociali. La mia camera è isolata ed il pomeriggio è completamente esposta al sole. Si sentono i raggi che grattano sull'intonaco consumato delle mura. Un silenzio quasi religioso, interrotto solo dal gracchiare delle cicale. Forse ero solo, sarebbe stato il momento giusto dopo giorni di pura agonia. Tutti erano impegnati a pranzo ed ho pensato bene a rimanere in camera. Mi affaccio per studiare la situazione. Aspetta un attimo..
Con la coda dell'occhio vedo un furgone rosso che entra dal cancello elettrico di ferro che mi separa dalla libertà. Riesco a vedere in poco tempo che dietro aveva un lenzuolo che copriva dei ciocchi di legno, prima che scomparisse dietro lo spigolo del muro che non mi permetteva la vista di nient'altro.
È il momento. Sollevo le mie gambe aldilá della finestra. Mi aggrappo al tubo arrugginito che perpendicolarmente costeggia la mia finestra e lentamente mi calo gettandomi tra l'erba alta che attutisce la mia caduta.
Di soppiatto cerco di recarmi nel parcheggio nella speranza che nessuno mi veda. Mi avvicino di corsa a quel vecchio furgone sotterrandomi letteralmente sotto quel grande lenzuolo. Ero quasi libero. Un'ora di attesa e una coppia che era venuta per le adozioni monta sul veicolo. Si parte.
Riesco a passare quel cancello. Sentivo già il profumo di libertà. Tutto procedeva liscio.
Ero fuori. Torno a casa.Dopo una ventina di kilometri, al primo semaforo rosso scendo dalla vettura. Non avevo messo in preventivo cibo e dove dormire. Ormai è pomeriggio. Giro per la città alla deriva. Non avevo un cellulare ne un dollaro in tasca. Volevo solo tornare a casa.
Casualmente dopo kilometri di asfalto e la brezza serale di fine estate mi brilla negli occhi un lumicino. Era un fuoco acceso. Erano radunati molti senzatetto a cui si era costeggiato un camion di volontari che portava del cibo. Penso di approfittarne. La notte é lunga e non mangio da stamattina.
Un piatto caldo. Sempre meglio di quello che mi proponeva la cicciona della mensa.
Nei pressi di quell'accoglienza mentre passeggio sul ciglio della strada sento un costante rombo di motore. Avevo paura che una macchina mi stesse seguendo. Era nera. Molto grande. Una di quelle macchine che dalle mie parti non si vedono. Di quelle che costano. Mi si affianca e viaggia a passo d'uomo. Cammino a testa bassa. Non ero in cerca di guai. Abbassa il finestrino oscurato e non riesco a riconoscere la figura fin quando non lo tira giù del tutto. Aveva un viso conosciuto quell'uomo brizzolato dalle rughe di mezza età.
-Clarence ti serve una mano?-
Come sapeva il mio nome?
-Non guardarmi cosi- fermó la macchina
-Sono il dottor Robert. Come fai ad esserti già dimenticato-
Ora tutto torna. Nella penombra dell'auto riesco a riconoscerlo
-che ci fai qui?- mi chiede
-mi sono perso. Non si preoccupi di me-
-Ero qui dai volontari a fare assistenza ai malati senzatetto- replica
-cosa è successo? Perche non sei dalla signora Melissa?
Faceva troppe domande.
-Se non vuoi stare rinchiuso li dentro, sali in macchina-
Non avevo altra scelta se non volevo dormire in strada.
- fidati di me ho una proposta da farti-
-mi posso fidare?- con voce sommessa provo a domandare
-Sali e vedrai che andrà tutto meglio-
Montai in macchina alla volta di chissà quale altro posto. Esausto. Mentre osservavo il dottore. Non ero mai stato su una macchina così bella. E tra quei pensieri lentamente prendo sonno nella buia notte di quella città.
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Oblivion factor
General FictionClarence è un ragazzo dei bassi di Cox. Lui sa cosa vuol dire vivere tra povertà e crimini, ma sa anche che è destinato a qualcosa di più grande perché non è come gli altri. Sul ciglio di un burrone dove l'unica possibilità che hai è buttarti, la co...