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Meno quattro giorni...


찬열
(dall'hangul , 'Chan', e , 'Yeol')

Lo aspetto fuori dal bar, appoggiato al muro irregolare di mattoni con le mani infilate nelle tasche della felpa, le spalle curve contro il vento. Fa un freddo terribile, ed è buio per via delle nuvole basse che coprono il cielo. Niente stelle, niente luna. Spaventoso, specialmente perché sono qui fuori da solo.
Se inizia a piovere prima che lui abbia finito il suo turno, basta, me ne vado. Non ho bisogno di questa merda.
Il panico mi assale e faccio un respiro profondo. Non posso andarmene, lo so. Ho bisogno di questo ragazzo. Non lo conosco nemmeno e lui non conosce me, eppure ne ho bisogno, è una questione di sopravvivenza. Non importa se sembro uno sfigato, lo sono e basta.
Non posso affrontare la prossima settimana da solo.

La musica che proviene dal piccolo bar rimbomba forte fino alla strada, all'interno sento la gente che ride e grida. Giuro che riconosco più di qualche voce. Si divertono. Gli esami di metà semestre stanno per finire, e la maggior parte di loro dovrebbe studiare, giusto? Dovrebbero essere tutti in biblioteca o chinati sulle scrivanie, la testa immersa in un libro o curva sul portatile, a rileggere appunti, scrivere temi, qualsiasi cosa.
Invece la maggior parte dei miei amici è in quel bar a bersi il cervello. A nessuno importa che è martedì, e che rimangono solo tre giorni per gli esami o per consegnare il materiale. O la va o la spacca, insomma, ma tutti pensano solo al fatto che la prossima settimana saranno in vacanza. Molti se la squaglieranno da questo buco di città, dove frequentiamo il college.
Anch'io. Parto sabato pomeriggio, anche se non ne ho per niente voglia. Preferirei stare qui.
Però non posso.

Lui finisce il turno a mezzanotte. Prima mi sono intrufolato e l'ho chiesto a una delle altre cameriere dell'Ohorat, quando ancora non c'era un'anima viva. Lui era in cucina, quindi non mi ha visto. Bene.
Non volevo che mi notasse, non ancora. E nemmeno i miei cosiddetti amici devono sapere cos'ho in mente. Nessuno conosce il suo piano, altrimenti temo che mi farebbero cambiare idea.
E comunque a chi dovrei raccontare i fatti miei? Forse sembro uno pieno di amici, ma in realtà non sono intimo con nessuno in particolare. Non mi va: le amicizie strette sono solo fonte di problemi.

La vecchia porta di legno si apre, e il rumore che proviene dall'interno mi colpisce al petto come una deflagrazione. Lui si immerge nel buio, la porta che gli sbatte alle spalle, il rumore che fa eco in una notte altrimenti tranquilla. Indossa un voluminoso cappotto rosso che quasi lo inghiotte, facendo sembrare lunghissime le sue gambe avvolte dai pantaloni neri.

Mi stacco dal muro e mi avvicino. "Ehi".
Lo sguardo diffidente con cui mi fulmina dice tutto.

"Non sono interessato".

Come? "Ma non ti ho chiesto niente".

"So cosa vuoi". Affretta il passo e io gli sto dietro. Lo inseguo, a dire il vero. Non l'avevo pianificato. "Siete tutti uguali. Vi illudete di potermi aspettare qui per afferrarmi, intrappolarmi. Le cose che dicono su di me non sono vere: non ho fatto davvero quelle cose, con nessuno dei tuoi amici", dice mentre corre via. È veloce, per essere così minuto.

Aspetta un secondo, cosa vorrebbe dire? "Non cerco un obiettivo facile".

Ride, ma il suono è aspro. "Non mentire, Park Chanyeol. So cosa vuoi da me".

Almeno sa chi sono. Gli afferro il braccio prima che possa attraversare la strada e lui si ferma, mi guarda. Sento un formicolio alle dita, anche se toccano solo il tessuto del cappotto. "Cosa pensi che voglia da te?"

lies | pcy × bbyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora