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Non avevo voglia di tornare a casa, ero sicura che lui fosse ancora lì e non sopportavo l'idea di essere continuamente osservata in ogni cosa che facessi, mi sentivo in qualche modo violata perché anche quando uscivo dal bagno dopo essermi fatta una doccia sentivo la sua presenza nella mia stanza, il suo sguardo su di me. Quando me lo ritrovavo davanti e mi parlava, senza più sotterfugi ne nascondigli era che mi raggelava il sangue, i brividi mi percorrevano la spina dorsale e una sensazione di inadeguatezza e instabilità mi pervadeva. Odiavo sentirmi così ma era come se non potessi evitare di averlo sempre presente nella mia quotidianità. Non sopportavo l'idea che fra noi due ci fosse un qualche tipo di legame.

Presi il telefono e scorrendo i numeri della rubrica trovai quello di Scott così mi feci forza e lo chiamai.

"Lydia? Finalmente! Stai bene?" La sua voce sembrò rassicurarmi subito.

"Si, è stata una sessione di studio estenuante. Sono uscita a fare una passeggiata, ma ora non so che fare..."

"Ho capito, dimmi dove sei che arrivo subito"

Non dovetti aspettare nemmeno dieci minuti che lo ritrovai al mio fianco con un sorriso stampato in faccia. Era una sensazione stupenda rivederlo dopo giorni passati segregata in casa a domandarmi se le mie amicizie avrebbero avuto un futuro. Mi strinse in un abbraccio e mi lasciai andare a lui come se fosse un rifugio sicuro in una giornata di fuga da qualcosa di malvagio. Avrei mai trovato amici del genere? Quella domanda mi balenò in testa facendomi venire le lacrime agli occhi. Pensavo di averle ricacciate dentro quando lui si allontanò da me e vidi dalla sua espressione che erano ancora lì, che i miei occhi erano lucidi e strillavano contro il vento tutto ciò che provavo.

"Mi sento così persa!" Ricaddi subito fra le sue braccia cercando conforto, ma non ne trovai abbastanza, lui non era abbastanza, lui non era Jordan. Mi ritrovai di nuovo a chiedermi perchè la mia idea di angelo protettore fosse un ragazzo dal viso dolce in una divisa da poliziotto, forse mi ero aggrappata all'idea che quei vestiti davano alla gente normale: salvezza e protezione. Cercai di dare la colpa a quello. Non volevo dire tutto a Scott, non era il caso, non mi sentivo pronta nè a mio agio a farlo.

"Sai che non puoi scappare, vero?" La sua voce mi fece sussultare. Ero tornata in quell'ambiente tormentato che era la mia stanza, quella che un tempo era fonte di sicurezza e familiarità. "Devi affrontarla."

"Che ne sai tu?" Sbottai urlando contro l'ombra. Odiavo quando parlava senza farsi vedere. Era forse una sua passione, ricreare scene di film scadenti? "Magari più sentire in qualche modo quello che provo, ma sai cos'è, non lo conosci, non sei me!" Stavo ancora urlando contro il buio della stanza quando vidi un'ombra dalla parte opposta a quella in cui stavo guardando, così mi voltai. "Esci dal tuo nascondiglio Peter. Sei un codardo! Ti nascondi dietro a un gioco che sembra darti potere...su di me! Non te lo lascerò fare, non lascerò che tu mi laceri dall'interno, non entrerai nella mia mente!" D'un tratto eccolo lì, davanti a me, a un palmo dal mio viso con un'espressione che mostrava una furia superiore a quella che avevo visto altre volte nel suo sguardo. Gli piaceva quel gioco? Mi stava tormentando e non lo sopportavo. Sentivo il mio respiro più pesante mentre mi scrutava e annusava il mio profumo da una distanza che sostanzialmente era nulla.

"Pensi di poterti nascondere dietro a qualche filo di trucco e ad un buon profumo? Ti si legge negli occhi che sei distrutta. Forse era meglio se rimanevi chiusa in questa casa ancora per un po'." Quelle parole furono come una pugnalata dritta nello stomaco. Non potevo mostrare realmente la mia instabilità a chi mi circondava, ma infondo aveva ragione, Scott non ci aveva messo molto a decifrare il dolore nel mio sguardo. "Tu non comprendi la mia presenza intorno a me e non mi metterò a spiegarlo, devi capirlo da sola. Non puoi continuarmi a condannare per esserci. Non puoi darmi la colpa per le tue pene. Non sai nulla. Ti sto dicendo che devi affrontare il tuo problema perchè è così che funziona, io lo so." Chiusi gli occhi e tirai un respiro profondo e quando li riaprii lui non c'era più. Ora ero ancora più scossa di prima. Le sue parole mi avevano colpita nel profondo, in una parte di me troppo vulnerabile, che non era pronta a sentirle.





Ehilà gente!

Vi avevo promesso che sarei tornata a

scrivere ed eccomi qui.

Spero che il modo in cui sto continuando la storia vi soddisfi. Scrivo solo ciò che mi sento di scrivere, lo sapete, penso.

Ho deciso di pubblicare due capitoli in una giornata proprio perchè la mia assenza era stata troppo lunga.

Senza aggiungere altro vi lascio e spero che mi lascerete un voto o un commento, se vi va, per farmi sapere cosa ne pensate della storia fino ad ora.

Tanti abbracci,

Rosemitchie.

anchor | marrish Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora