Capitolo 3.

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Come tutte le altre mattine mi svegliai abbastanza nervosa, disturbata da Jamaica che, stranamente, continuava a farmi fretta. (Per la cronaca, Jamaica viveva con me. Per vari problemi riscontrati con la sua famiglia)
Io amavo prendermela con comodo, e così anche Jamaica. Motivo per la quale non era assolutamente normale tutto questo trambusto la mattina. Quando uscii da casa, irritata dal comportamento insolito della mia amica, mi trovai davanti un'alfa romeo di un grigio metallizzato. Si aprì lo sportello del passeggero, da dove uscì Gabriel con uno dei suoi sorrisetti "acchiappa donne". Fulminai Jamaica con lo sguardo. Entrai in macchina con una espressione alquanto seccata, espressione impossibile da non notare.
Mi soffermai ad osservare Gabriel, scrutando ogni parte del suo viso, che riuscivo ad intravedere dallo specchietto alla sua destra. Era bello, aveva una voce capace di far sciogliere anche me, il modo in cui i suoi capelli ricadevano sul suo viso perfetto, la poca barba che lo rendeva più grande. Mi piaceva Gabriel, ma non volevo darlo a vedere. Dare soddisfazioni agli altri non è nella mia indole. Arrivati a destinazione, ovvero la scuola, Gabriel mi aprì la portiera, facendomi scappare un sorriso. Nel tentativo di scendere dalla macchina inciampai, cadendo tra le sue braccia. Aveva un buon profumo. Ero lì, ferma, non sapevo che fare. L'ansia si fece sentire. Cosa faccio, mi sposto o lo guardo? Alzai lo sguardo e incontrai il suo, che mi fissava non so da quanti minuti. Tornai in me e mi spostai, non mi piacevano le smancerie da coppiette innamorate.
«Sei carina quando cadi» disse senza smettere di ridere.
«Non sei divertente» risposi spingendolo.
Entrammo in classe. Le ore passarono velocemente, e in men che non si dica ero già fuori dalla scuola ad aspettare Jamaica. L'idiota si avvicinò a me e, prima che potesse aprir bocca gli chiesi:
«Hai visto Jamaica?»
«Sì, l'ho vista dietro la scuola con John. Ho l'impressione che dovrai aspettare per molto» disse sorridendomi.
«Ah, magnifico» risposi annoiata.
«Dato che entrambi aspettiamo i nostri amici, ti andrebbe di mangiare qualcosa?»
Annuii.
Ci incamminammo verso il bar più vicino. Io presi un magnum al cioccolato bianco, mentre lui un pacco di patatine classiche.
«Quindi, da quanto tu e Jamaica vi conoscete?» chiese lui, mentre mangiava una patatina.
«Da due anni» risposi io.
Io e Jamaica ci siamo conosciute due anni fa, per merito di un mio ex che metteva discussioni tra noi due senza alcun motivo.
«Come ti trovi in questa scuola?» Chiesi, tanto per non passare quest'ora in silenzio.
«Abbastanza bene. Non ho avuto problemi a fare amicizia. Con la bellezza che mi ritrovo.» disse lui osservando qualsiasi mia espressione.
Sorrisi.
«Ehm.. Lydia, ti andrebbe di scambiarci i numeri? Tanto per tenerci in contatto anche fuori dalle ore scolastiche»
«D'accordo» dissi, dandogli il mio numero.
Quando tornai a casa, notai il disordine che iniziava dall'entrata e finiva davanti la porta della stanza da letto. Entrai, trovando Jamaica a cavalcioni sul biondo con solo l'intimo.
«Dio..appendetelo un cartello!» uscii dalla stanza chiudendo la porta.
Mi diressi verso il soggiorno, gettandomi sul divano, quando mi accorsi che mi era arrivato un messaggio.
-Ehi, sono Gabriel.-
Iniziammo a parlare senza sosta del più e del meno.

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