Pioggia, cielo scuro, grandine, freddo, vento.
Oggi, 14 novembre.
A primo impatto non ci ho pensato, il mio primo pensiero è stato ‘auguri mamma’.
Probabilmente l’unico a darmi gli auguri questa mattina sarà mio padre, l’unica cosa a cui tengo di più, l’unica cosa che mi resta.
Mi alzo con la testa fra le mani, come ogni mattina da sfigata urto contro l’asta del letto che si trova alla mia destra, ‘ahi’.
Mi dirigo verso il bagno, la porta scorrevole si apre senza che io la tocchi.
Dannata tecnologia non l’ho mai sopportata, non ho mai sopportato nemmeno le persone ricche, perché sono ricca…? E’ diventata una specie di disagio da quando ho iniziato le scuole superiori.
Già, ultimo anno, ultimo anno di incubi infernali, ultimo anno di prese in giro…
Bussa alla porta.
“Avanti!” dico con gentilezza uscendo dal bagno.
Accolgo mio padre nella camera con un grande sorriso.
“Facciamo colazione insieme?” mi chiede.
Mi siedo sul letto faccio cenno di sedersi accanto a me, e molto dolcemente lo abbraccio baciandogli la guancia.
“La mia bambina è maggiorenne oggi!” dice con entusiasmo.
“Auguri piccola!” poi mi dice fissandomi.
Fisso per un attimo il vassoio con dentro la colazione, la mia preferita.
Cornetto, succo alle albicocche e qualche bacio perugina.
Bacio perugina? Quanto può essere dolce mio padre?
Mangiamo insieme, lui come me preferisce le cose che mangio io.
***
Mi accascio sul letto con lo stomaco che mi scoppia.
Rimango a fissare il muro per qualche secondo, o forse qualche minuto.
“Andiamo a fare gli auguri alla mamma?” dico d’un tratto.
“Si, come sempre!” Dice papà, bevendo l’ultimo sorso di succo.
Posa il bicchiere sul vassoio, e mi da una pacca sulla gamba.
“Dai lavati e poi vestiti ti aspetto giù” dice portandosi il vassoio con se.
Lui è già vestito, come sempre il suo abito formale di ogni giorno, camicia, pantaloni e panciotto abbinati per non mancare questa mattina la cravatta, la mia cravatta quella che gli regalai tempo fa al suo compleanno.
Mi vesto, abito nero, tacchi e un capello molto formale elegante di colore nero.
Scendo afferrando la pochette e infilando il cellulare e una coroncina d’argento, comprata da poco per mia madre.
Mi affretto a salutare Caroline la donna che da anni pulisce la nostra casa.
“Salve Caroline sa dov’è mio padre?” dico.
“Si, Buongiorno signorina Rose, è fuori al telefono.”
Si gira sorridendomi e finisce quello che stava facendo in cucina.
Esco in giardino.
“Hey papà andiamo?” dico, aveva appena chiuso la chiamata al telefono.
“Certo” mi da un bacio in fronte.
“Vado a chiamare Mark” poi continua.
Cimitero, silenzio, nessuna voce, nessun uccello, niente, tutto morto, eppure sono sempre dell’idea che le persone dopo la morte rimangano con noi, ecco perché forse è tutto così silenzioso, loro restano a casa affianco al nostro letto.
Ricordo ancora il suo letto, la sua agonia, le sue mani strette alle mie, e qualche lacrima ancora oggi scende rigandomi le guance.
Adagio la coroncina d’argento e un mazzo di fiori di rose bianche e rosse sulla sua tomba, per poi usciere e dirigerci non so dove.
***
“Ho una sorpresa per te” mio padre si gira, sorridendomi.
Gli sorrido, cosa avrà in mente questa volta?
Scendiamo, assaliti dai paparazzi.
Non è possibile che ci seguano sempre, mio padre Christina Grey grande imprenditore di case editrici in tutto il mondo.
Io la figlia, Adrienne Rose Grey, figlia violentata a 15 anni, con la madre morta per malattia quando aveva solo 8 anni, e presa in giro dagli studenti della suo scuola solo per la sua buona situazione economica.
“Signor Grey, Signor Grey, cosa mi dice a riguardo di questo giorno cosa ha regalato a sua figlia?”
“Signor Grey, mi dica dove porterà sua figlia per questo grande evento? in qualche locale costoso?”
“Signorina Grey! Cosa le piacerebbe ricevere oggi?” i paparazzi ci assalgono.
“Voglio solo che andate via!” sbotto acida.
Gli uomini della sicurezza ci fanno strada, siamo in un grande edificio al coperto, sulla pista da pattinaggio.
Mio padre mi prende per mano e iniziamo a sfilare sul ghiaccio.
Su quella pista andavo sempre con mia madre, quando papà era fuori per lavoro.
Quando siamo fuori e leviamo i pattini papà mi porge una busta, bianca, senza scritte.
La apro.
***
Luglio, ho finito gli esami, sono in partenza per l’Italia papà mi ha trovato lavoro lì in una casa editrice a tradurre i testi dall’inglese all’italiano.
Già, ho studiato lingue.
Mi adagio al sediolino della prima classe.
Sono grandi e comodi, non è la prima volta che ci salgo, e mi piace stare vicino al finestrino.
Anche se il mio posto non corrisponde mi siedo lo stesso.
Sono avvolta nei miei pensieri con gli auricolari nelle orecchie.
Mi sento smuovere.
Mi giro.
OH NO! NON PUO’ ESSERE.
Il mio compagno di classe! Che ci fa qui?
“Guarda che questo è il mio posto riccona!”
Il suo tono scontroso come sempre, e quel ‘riccona’, per un attimo mi verrebbe voglia di sputarlo in un occhio, ma la mia buona educazione regna sempre.
“Scusa non volevo” dico innocente.
Mi da uno spintone e passo sul sediolino mio, quello affianco al suo.
Penso proprio che non dormirò. Con lui affianco è un pericolo.
Liam Payne, il ragazzo più gettonato della scuola per i suoi muscoli, il ragazzo che si diverte tanto a rendermi ridicola.
Cerco di mettere gli auricolari, ma lui mi blocca.
E ora cosa vuole?
“Perché sei qui senza il tuo paparino riccona?” mi dice.
“I-Io.. … e tu perché sei in prima classe?”
Decido di non fornirgli informazioni, a lui non deve importare ciò che io faccio.
“Vado ad abitare dai miei nonni, ne ho le palle piene dei miei, e mio nonno mi ha regalato un biglietto nella prima classe!” dice soddisfatto.
“Bene!” dico indifferente.
Prendo il cellulare dalla borsa che vibra.
“Pronto papà?!”
“Si, è tutto okey!”
“No, no non voglio tornare indietro non ti preoccupare.”
“Certo che si, ti voglio bene anche io, ciao.”
Metto il cellulare nella borsa.
“Perché dovresti tornare indietro riccona?” mi interrompe Liam dai miei pensieri.
“Perché sei così impertinente Liam?” controbatto.
“Non fare l’acida sgualdrina lo sai dopo come va a finire!” il suo tono è duro e acido.
“Ho le guardie con me, ne vuoi la prova?” Lo guardo sicura di me, l’odio che provo verso di lui è grande quanto un pozzo senza fondo.
Tutte gli schiaffi, e il dolore morale che ho avuto, ero un continuo sfottò per tutti.
Liam mi guarda incredulo, il suo tono duro e divertito.
“Chris! Adam!” dico con tono quasi duro.
Si presentano quasi subito le mie due guardie del corpo.
“Si, signorina Rose!” dice.
Liam non dice niente e si volta verso il finestrino facendo finta di non conoscermi.
“Emh avrei un po’ di sete e le Hostess ancora non sono passate, mi portate qualcosa da bere?”
Fanno un cenno portando la mano al capo e vanno via.
Liam si gira.
Si, Liam hai capito bene in questo caso mi piace fare la riccona, perché tu non puoi farmi niente, ne calci ne schiaffi, ne brutte parole che possono ferirmi.
Ora posso decidere io come vanno le cose.
