Introduzione

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GENNAIO 

L'irreale silenzio inondava i cortili che, coperti adesso da un sottile strato di neve candida, altrimenti brulicavano di studenti ed insegnanti. L'inverno arrivato lentamente portava con se un fardello di inquietudine e preoccupazione. La notizia aveva presto varcato i cancelli della scuola privata, e come una macchia d'olio aveva preso a spandersi senza ritegno in ogni dove: i primi giunti l'avevano saputo da chissà chi, ed in sottili bisbigli ancora se ne parlava.

Non pareva vero che il tanto posato ragazzo avesse avuto l'ardire di far tanto.

Mesi interi erano trascorsi dal finire dall'estate, quando argento e zaffiro s'erano incontrati. Tanto tempo, ma non troppo perchè si potessero dimenticare i dettagli.

Se l'uno era un vagabondo affamato degli eccessi della vita, l'altro era meticoloso gelo. Se l'altro era calcolato e misurato, l'uno era fuoco.

La neve di gennaio di certo lo sapeva già all'inizio di settembre, che nulla di buono sarebbe accaduto.

Che mescolato il gelo con le fiamme, si sarebbe ottenuto soltanto un nero abisso.

Romilda piangeva, avvolta dallo stretto abbraccio del suo stesso corpo. Aveva il piccolo volto coperto di lacrime e non c'era alcun modo di farla smettere. Suo fratello aveva tentato, mentre in automobile la accompagnavano da lui, senza successo. Quando aveva avuto la notizia era rimasta incredula e sulle prime non aveva voluto crederci. Aveva cercato persino di convincersi fosse una burla di cattivo gusto, uno scherzo infantile. Adesso però, che le sue orecchie udivano il fastidioso bip bip dei macchinari, sapeva fosse quella la verità.

Se ne stava immobile su una seggiolina anonima, sulle spalle tremolanti una giacca non sua.

Nel silenzio asettico della stanza d'aspetto tuttavia non era l'unica a soffrire, giacché un altro lì aveva l'anima corrotta, aveva la coscienza sporca: l'aveva maltrattato, una settimana prima o poco di più. L'aveva minacciato, offeso persino. Lo aveva allontanato.

Stefan era colpevole e, se ad occhio nudo pareva una fredda statua, i suoi occhi cerchiati ne tradivano il malessere.

Poi però le porte scorrevoli del reparto si aprirono, ed i due si voltarono insieme: le loro espressioni, diametralmente opposte, divennero di cupa curiosità. Fu il ragazzo ad alzarsi per primo, mentre la giovane gli consigliava di stare seduto e non fare alcuna scenata.

Stefan però afferrò il colletto del cappotto innevato dell'avventore, ben intento a scuoterlo un po' prima di cacciarlo in malo modo. L'altro non era della stessa opinione, e lo fulminò con i suoi occhi lucidi.

« Eastills, non è posto per te. » ringhiò Stefan, fronteggiandolo. L'altro scosse la testa, e a guardarlo bene si sarebbero notati i lineamenti contratti di chi sta affrontando una grande lotta con se stesso.

« Backley, sono abbastanza grande da decidere cosa fare senza che tu debba intervenire. » gli rispose soltanto, non gli interessava del parere del compagno di scuola. Non gli interessava minimamente ciò che pensava.

« Non ti voglio qui. » brontolò Stefan. Romilda tuttavia lo chiamò, gli disse di farla finita, di darsi una calmata e tornare a sedere. Lo pregò di non reagire male, perché dopotutto non era certo lì per lui, ma per il fratello. E l'avrebbe anche fatto, avrebbe dato ragione alla brillante ragazza, non avesse sentito le parole provocatorie di quel dannato ragazzo.

« Tu l'avresti lasciato morire. » egli commentò infatti, nella voce il veleno della sua verità. Stefan non si rese conto neppure di essersi mosso, colpendolo invece con un pugno in pieno volto.

Una maschera di sangue fu ciò che divenne il volto di Shannon Eastills, e forse era proprio ciò che meritava da settembre a quella parte. 

Spleen [Il Bizzarro Caso di Un Amore di Gioventù]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora