CITTÀ DELLE ANIME PERDUTE 20

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Clary cercò di liberare il braccio. — Lasciami andare, Sebastian. Dico sul serio.
Le mani di lui scivolarono dal polso verso l’alto, circondandole l’avambraccio. — Sei proprio uno scricciolo. Chi avrebbe mai detto che eri anche così aggressiva? Specialmente a letto…
Clary saltò in piedi, allontanandosi da lui di scatto. — Cos’è che hai detto?!
Anche lui si alzò, gli angoli delle labbra rivolti all’insù. Era molto più alto di lei, circa quanto lo era Jace. Le si avvicinò, parlando con voce ruvida e profonda. — Tutto ciò che marchia Jace, marchia anche me — le disse. — Anche le tue unghie. — Stava ridendo. — Otto graffi paralleli sulla schiena, sorellina. Stai dicendo che non sei stata tu a farli?
Clary si sentì in testa un’esplosione silenziosa, un fuoco d’artificio di rabbia. Guardò la faccia divertita di Sebastian e ripensò a Jace e a Simon, alle parole appena scambiate con lui. Se la Regina era davvero in grado di ascoltare le loro conversazioni, forse sapeva già della Gloriosa. Ma Sebastian no. Non ancora.
Gli rubò l’anello di mano e lo buttò per terra. Sentì Sebastian lanciare un grido, ma lei ci aveva già messo un piede sopra. Lo sentiva cedere, l’oro che finiva in pezzi.
Lui la guardò, incredulo, mentre spostava di nuovo il piede. — Tu…
Clary portò all’indietro la mano destra, la più forte, e tirò a Sebastian un pugno nello stomaco.
[...]

Clary si precipitò in fondo al corridoio e calpestò rumorosamente i gradini, scendendo di corsa al piano di sotto, verso il punto della parete in cui, come le aveva detto Jace, c’era l’unico modo di entrare e uscire dall’appartamento.
Non si era illusa di poter fuggire, ma le servivano pochi istanti per fare quello che doveva essere fatto. Sentì gli stivali di Sebastian battere forte sulla scala di vetro dietro di lei e accelerò ulteriormente, rischiando di schiantarsi contro il muro. Prima ci piantò contro lo stilo, disegnando freneticamente uno schema semplice come una croce e nuovo al mondo come…
Il pugno di Sebastian si chiuse dietro alla sua giacca, tirandola all’indietro e facendole volare di mano lo stilo. Trasalì quando lui la sollevò di peso e la lanciò contro il muro, lasciandola senza fiato. Sebastian guardò il marchio che Clary aveva appena tracciato sulla parete e le labbra gli si contorsero in un ghigno crudele. — La runa di Apertura? — disse. Le si avvicinò e le sibilò all’orecchio: — E non l’hai nemmeno finita. Non che conti qualcosa. Pensi davvero che esista un posto sulla Terra dove potresti andare senza che io riesca a trovarti? Clary gli rispose con un insulto che, se detto alla St. Xavier, l’avrebbe fatta buttare fuori di classe. Quando lui cominciò a ridere, lei sollevò una mano e gli diede una sberla in faccia così forte da sentirsi pungere le dita. Colto alla sprovvista, Sebastian mollò la presa su di lei, che ne approfittò per scappare via e scavalcare il tavolo per raggiungere la camera da letto del piano inferiore, che aveva la porta con la serratura…
Ma lui le stava già di fronte: la prese per il bavero della giacca e la fece girare. Clary non toccava più terra e sarebbe caduta se lui non l’avesse tenuta ferma contro il muro con tutto il corpo, le braccia lungo i fianchi, creandole attorno una gabbia.
Aveva un sorriso diabolico. Il ragazzo elegante che l’aveva portata a passeggio lungo la Senna, che si era fermato per bere una cioccolata calda e aveva parlato dei loro legami di sangue, era sparito. Sebastian aveva gli occhi completamente neri, senza pupille, profondi come tunnel. — Cos’è che non va, sorellina? Sembri turbata.
Lei riusciva a stento a respirare. — Mi sono scheggiata… lo… smalto, schiaffeggiando la tua… faccia schifosa. Vedi? — Gli mostrò un dito, uno soltanto.
— Carino — disse lui con una smorfia. — Sai perché sapevo che ci avresti traditi? Che non avresti resistito? Perché tu mi assomigli troppo.
Le premette più forte la schiena contro il muro. Clary sentiva il petto di lui salire e scendere contro il suo. Il corpo di Sebastian era come una prigione attorno al suo, la teneva immobile. Davanti agli occhi aveva la linea netta e diritta delle sue clavicole. — Io con te non c’entro per niente. Lasciami andare…
— Tu con me c’entri per tutto — le ringhiò nell’orecchio. — Sei un’infiltrata. Hai finto amicizia, hai finto affetto.
— Non ho mai avuto bisogno di fingere affetto per Jace.
A quelle parole, Clary vide qualcosa brillare nello sguardo di Sebastian, una gelosia oscura, e non sapeva nemmeno di cosa potesse essere geloso. Lui le mise le labbra sulla guancia, abbastanza vicine da fargliele sentire mentre le muoveva quando parlava. — Tu ci hai fottuto — le mormorò. Le stringeva una mano attorno al braccio sinistro come una morsa; poi cominciò a farla scivolare lentamente verso il basso. — Anzi, con Jace l’hai fatto letteralmente…
Clary non poté far altro che cercare di allontanarsi. Lo sentì inspirare di colpo. — Allora è vero — le disse. — Sei andata a letto con Jace. — Era come se si sentisse tradito. — Non sono affari tuoi.
Sebastian allora le prese il viso, girandolo verso di sé, piantandole le dita nel mento. — Non puoi scopare qualcuno per farlo diventare buono. Bella mossa senza cuore, comunque. — La sua bocca delicata si tese in un freddo sorriso. — Sai che non si ricorda niente, vero? Ti ha fatto divertire, almeno? Perché io l’avrei fatto.
Clary si sentì salire la bile in gola. — Tu sei mio fratello.
— Parole che, almeno in questo caso, non significano niente. Noi non siamo umani. Le loro regole non ci riguardano. Stupide regole su come può mischiarsi il DNA! Che ipocrisia, davvero, se ci pensi. I sovrani dell’antico Egitto si sposavano tra fratelli, sai? Anche Cleopatra lo fece. Rafforza la linea di discendenza.
Clary lo guardò disgustata. — Già lo sapevo che eri pazzo — gli disse, — ma non avevo capito che eri totalmente, assurdamente uscito fuori da quella cavolo di testa.
— Oh, non c’è niente di assurdo. Con chi dovremmo stare, se non l’uno con l’altra?
— Jace — rispose lei. — Il mio posto è con Jace.
Sebastian sbuffò. — Te lo puoi anche tenere. — Pensavo che avessi bisogno di lui.
— Sì. Ma non per il tuo stesso motivo. — Le afferrò di colpo la vita con le mani. — Possiamo dividercelo. Non mi importa quello che fate. Purché tu sappia che appartieni a me. Clary sollevò le mani con l’intento di spingerlo via. — Io non ti appartengo. Io appartengo a me stessa.
Lo sguardo negli occhi di lui la impietrì. — Potresti fare di meglio — le disse premendo la bocca sulla sua, con forza.
Per un istante era tornata a Idris, di fronte alla tenuta dei Fairchild, quando Sebastian l’aveva baciata e l’aveva fatta sentire come se stesse precipitando nelle tenebre, in un tunnel senza fine. Ai tempi aveva pensato di avere qualcosa che non andava. Di non poter baciare nessuno che non fosse Jace. Di essere lei quella strana.
Ora invece aveva capito. La bocca di Sebastian si muoveva sopra la sua, dura e fredda come lo squarcio di un rasoio nelle tenebre. Si mise in punta di piedi e, con violenza, gli morse il labbro.
Lui gridò e si allontanò di scatto, portandosi una mano alla bocca. Sentiva il sapore del sangue, rame amaro: gli colò giù per il mento mentre la fissava con occhi increduli. — Tu… Clary si girò e gli diede un calcione nello stomaco, sperando gli facesse ancora male per il pugno di prima. Quando Sebastian si piegò su se stesso, gli passò di fianco a tutta velocità, correndo verso le scale. Era quasi arrivata quando sentì che lui la afferrava per il colletto. La fece roteare come fosse una mazza da baseball e la scagliò contro la parete. Lo scontro fu così violento che la fece cadere sulle ginocchia, completamente senza fiato. Sebastian andò di nuovo all’assalto, le mani piegate lungo i fianchi e gli occhi neri che rilucevano come quelli di uno squalo. Aveva un aspetto terrificante: Clary sapeva che sarebbe stato normale avere paura, ma sentì dentro di sé un freddo distacco. Era come se il tempo si fosse fermato. Ricordò il combattimento dal rigattiere di Praga, come era sparita nel suo mondo dove ogni movimento era preciso come quello di un orologio. Sebastian si chinò per afferrarla, e lei saltò verso l’alto, staccandosi da terra, distendendo le gambe di lato e colpendolo così forte alle gambe da fargli perdere l’equilibrio.
Lui cadde in avanti e lei rotolò via, rimettendosi in piedi con un balzo. Questa volta non si prese nemmeno la briga di correre. Preferì afferrare il vaso di porcellana che c’era sul tavolo e, appena Sebastian fu in piedi, glielo tirò in testa. Il soprammobile andò in frantumi, spruzzando acqua mista a foglie, e Sebastian barcollò all’indietro, col sangue che gli sbocciava tra i capelli bianco-argento. Ringhiò e le saltò addosso. Fu come essere colpiti da una palla da demolizione. Clary volò all’indietro, sfondando il tavolo di vetro, e atterrò sul pavimento in un’esplosione di schegge e dolore. Lanciò un urlo, mentre Sebastian le cadeva sopra, premendole il corpo contro i vetri rotti, le labbra ritratte come una belva. Prese lo slancio, abbassò un braccio e le colpì il viso. Il sangue la accecò; il suo sapore in bocca la soffocò, mentre il sale le pungeva gli occhi. Sollevò di scatto un ginocchio, colpendo Sebastian allo stomaco, ma era come prendere a calci un muro. Lui le afferrò le mani, costringendola a portarle lungo i fianchi. — Clary, Clary, Clary — le disse. Ansimava. Almeno era riuscita a fargli venire il fiatone… Il sangue gli colava in un lento rivolo da una ferita al lato della testa, tingendogli i capelli di rosso. — Non male. A Idris non eri una grande combattente… — Togliti… Le avvicinò il viso e fece saettare la lingua in fuori. Lei cercò di divincolarsi, ma non riuscì a muoversi abbastanza in fretta: lui le stava già leccando il sangue dalla guancia, sorridendo. Ma sorridere gli lacerò un labbro, e sul mento colò ancora più sangue. — Mi hai chiesto a chi appartengo — le sussurrò. — Io appartengo a te. Il tuo sangue è il mio sangue, le tue ossa sono le mie ossa. La prima volta che mi hai visto, avevo un’aria familiare, vero? Come tu l’avevi per me…
Clary rimase a bocca aperta. — Tu sei pazzo. — Sta scritto nella Bibbia — le disse. — Tu mi hai rapito il cuore, o mia sorella, sposa mia; tu mi hai rapito il cuore con un solo sguardo dei tuoi occhi, con uno solo dei monili del tuo collo. — Le sfiorò la gola con le dita, infilandole poi nella catenina che reggeva l’anello dei Morgenstern. Clary si chiese se le avrebbe sfondato la trachea. — Io dormo, ma il mio cuore veglia: è il mio diletto che bussa. “Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba, mia perfetta”. — Il sangue di lui le stava colando sulla faccia. Si mantenne immobile, il corpo che le tremava per lo sforzo, mentre la mano di Sebastian le scivolava dalla gola, lungo il collo, giù fino alla vita. Le infilò le dita dentro il bordo dei jeans. Aveva la pelle calda, bollente: sentiva che la voleva.
— Tu non mi ami — gli disse Clary. Aveva parlato con un filo di voce; lui le stava schiacciando fuori tutta l’aria dai polmoni. Ricordò quello che aveva detto sua madre, cioè che ogni emozione mostrata da Sebastian era finzione. Tutto sommato, lei riusciva ancora a pensare con la massima lucidità: in silenzio, ringraziò l’eccitazione da battaglia per aver fatto quello che doveva fare e per averla aiutata a mantenere la concentrazione, mentre Sebastian la nauseava con il suo tocco.
— E a te non importa il fatto che io sono tuo fratello — le rispose lui. — So quello che provavi per Jace, anche quando pensavi che fosse tuo fratello. Tu non puoi mentirmi. — Jace è molto meglio di te.
— Nessuno è meglio di me. — Sorrise, tutto sangue e denti bianchi. — Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata. Ma non più, vero? A quello ci ha pensato Jace. — Mentre lui armeggiava con il bottone dei suoi jeans, Clary ne approfittò per raccogliere da terra una scheggia di vetro triangolare. La strinse e conficcò il bordo frastagliato nella spalla di Sebastian.
Il vetro le scivolò sulle dita, lacerandole. Lui urlò e si allontanò, ma più per la sorpresa che per il dolore; la divisa lo proteggeva. Clary tornò a colpire con il vetro, questa volta nella coscia, e, quando lui arretrò, gli piantò il gomito dell’altro braccio nella gola. Sebastian cadde di lato, tossendo, e Clary rotolò, bloccandolo sotto di sé, mentre gli estraeva la scheggia di vetro dalla gamba. La abbassò verso la vena pulsante del collo… e si fermò. Sebastian stava ridendo. Era sotto di lei e rideva, una risata che le vibrava in tutto il corpo. Aveva la pelle coperta di sangue: quello di Clary che gli colava addosso, il proprio nei punti dove lei lo aveva ferito, i capelli color platino completamente impiastricciati. Sebastian lasciò cadere le braccia ai lati, allargate come ali. Ali di un angelo infranto, caduto dal cielo.
Disse: — Uccidimi, sorellina. Uccidimi, e ucciderai anche Jace.
Lei lasciò cadere la scheggia di vetro.

Frasi ShadowhuntersWhere stories live. Discover now