Capitolo 2

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La luce del sole mi colpì violenta gli occhi ancora annebbiati dal sonno. Sbattei più volte le palpebre per abituarmi alla luce mattiniera. Guardai l'orologio a muro della mia piccola stanza, erano le 6 di mattina. Andai in bagno pronta a sciacquarmi la faccia per riaquisire un po' di lucidità ma quando mi guardai allo specchio mi balenó nella mente l'immagine del ragazzo coi capelli color della luna e gli occhi profondi come un pozzo. Scossi la testa e l'immagine svaní. Ripensai allo strano sogno fatto la notte prima, non mi era mai successo di svenire in quel modo. Mi portai istintivamente la mano alla gola ripensando al senso di fumo e di secchezza che avevo provato. Ma la cosa che più mi aveva inquietata era stata la frase con la quale avevo perso completamente i sensi.
Frammenti di ricordi si aggiravano per la mia mente, io che taglio la testa a quello zafirus,  mio padre contento che applaude e mia madre che invece piange sulla sua spalla. Loro che mi vengono sottratti a soli 7 anni, presi dalla morte e portati via per sempre da me. Le grida di un popolo, canti tribali ed in fine una figura nera che oscurava la luce della luna. Cascai sulle ginocchia guardandomi le mani callose, mani da guerriero. Me le portai sul viso e respinsi le lacrime a forza. Non potevo piangere, anzi, io proprio non volevo. Mi rialzai, usando tutta la forza di spirito che possedevo, i ricordi mi invadevano ancora la mente, alcuni che conoscevo a memoria ed altri che non avevo mai visto. Sembrava che alcuni emergessero solo ora per darmi il colpo di grazia verso la pazzia.
Mi cambia i vestiti tutti sgualciti della sera prima ed indossai la tenuta da allenamento. Uscii dalla stanza e saltai a priori la mensa, non avevo per niente fame ed ero certa che se avessi mangiato anche una briciola l'avrei rivomitata.
Erano già tutti svegli, nel corridoio principale c'era un via vai di fate che correvano a lezione di magia o ad esercitarsi, chi invece saltava le lezioni e correva nel parco a sbaciucchiarsi. Io invece mi stavo dirigendo verso una stanza la cui strada ormai sapevo a memoria.

La palestra era vuota ad eccezione della mia classe. Era formata dagli allievi  più  bravi dell'ambasciata che variavano da una fascia di età dai 14 ai 19 anni. Eravamo in quattro compresa me. La piú piccola che ha 14 anni, si chiama Cordelia. I genitori sono gli ambasciatori di Los Angeles ma lei preferiva stare qui a New York. Possiede uno dei tre poteri più rari che si possa avere oltra a quelli delle fate della notte: l'etere. Poi ci sono io che sono la seconda più giovane, nessun potere ma imbattibile con una lama o un'arma in mano. Il terzo è Micheal, 17 anni, fissato con i veleni e di bell'aspetto. Il suo potere è Il controllo dell'amore. E infine Julian ,18 anni, migliore amico della sottoscritta. Bravo nei corpo a corpo. Come potere può leggere nella mente agli altri e distorcere la realtà. Solo io sono in grado di bloccare i suoi poteri creando un muro massiccio tra le nostre menti. 
Infatti quando incrociai il suo sguardo lo eressi subito. Non volevo che entrasse nella mia testa come uno strizzacervelli. Io lo guardai in cagnesco facendogli capire che se avesse solo provato a sfiorare la mia barriera lo avrei ucciso di botte. Mi guardó divertito e cominció a parlare con Micheal.
"Lila Moonlight, ci ha degnato della sua presenza oggi" disse l' istruttore posando lo sguardo su di me. Sul viso mi si dipinse un sorrisetto "Non avevo di meglio da fare".
"Bene, allora ragazzi oggi ci alleneremo alla sopravvivenza" dalla stanza si lavó un mormorio. "Dovrete passare una settimana nel bosco del nostro p arco senza viveri né acqua" continuò lui. "La lezione inizia oggi, tra mezzora precisamente. E come sapete è severamente proibito superare i confini del bosco." Mentre l' istruttore parlava io mi ero persa nei miei pensieri. Il bosco circondava tutta l'ambasciata e si diceva che possedesse dei passaggi verso il mondo natio delle fate. Inoltre era popolato da zafirus , troll, folletti e lupi mannari. Alcune parti del bosco portavano alla morte certa come la laguna del Dente di Leone, in altre crescevano piante rare e curative che le fate più anziane ed esperte andavano a raccogliere. In alcune valli, molto oltre il bosco, vivevano i draghi. Era una terra sconosciuta mai segnata sulle mappe moderne. E poi bhe, c'era la terra delle Fate della Notte.
Mi sentii dare una gomitata sulla spalla, era Julian che cercava di richiamare la mia attenzione.
"Vuoi stare in cop pia con me?" mi chiede. Probabilmente mentre non ascoltavo l' istruttore aveva detto che il lavoro andava fatto a coppie. Annui leggermente.
"Potete andare" disse l' istruttore concentrandoci con un gesto della mano. Salii in camera e preparati uno zaino con vestiti e coperte, niente viveri né acqua. Ci infilai anche un pugnale col manico intarsiato di Rubini rosso fuoco. Me lo aveva regalato Julian quando avevo compiuto tredici quattordici anni. Mi misi lo zaino in spalle e mi avvisi verso il centro del parco dove dovevamo ritrovarci.

Io e Julian stiamo camminando da ore ormai ed il sole sta per calare. Dobbiamo trovare un posto dove poter accamparci per la notte. Trovammo una piccola radura nascosta da vari alberelli. Julian aveva portato con sé un beccuccio che serve per ricavare l'acqua dagli alberi. Accendemmo il fuoco ed ingurgitammo a forza delle radici stoppose e senza gusto. Io e Julian non ci eravamo ancora scambiati parola.
"Mi vuoi dire che hai?" dice lui interrompendo il nostre silenzio. Lo guardai e per una volta volevo essere io a penetrargli nella testa. Non dissi nulla, mi limitati a guardarlo negli occhi per alcuni minuti che sembrarono infiniti. Nei suoi occhi si alternavano emozioni contrastanti: prima rabbia e poi dolcezza, impazienza e calma. Prima di partire ci avevano detto di stare attenti e ci avevano consegnato un fischietto da usare solo in pericolo di morte. Per le prime ore di cammino ero tentata dall'usarlo per fare uno scherzetto al mio istruttore mai poi ci ho ripensato ricordandomi le parole della Blackman.
"Niente" risposi infine cercando di essere il più convincente possibile. Ma lo dice soprattutto per convincere me.
"Se non me lo dici tu, lo scoprirò da solo, e sai quali sono i miei mezzi" disse Julian guardandomi con aria di sfida.
"Provaci e sei morto, brutto strizzacervelli!" Dico ringhiandogli.
"Ho capito non ne vuoi parlare. Probabilmente ti sono venute le tue cose, ecco perché sei così acida" disse alzando le mani in segno di difesa e facendo la faccia da angioletto.
Mi avvicinai a lui e gli diedi una spallata che lo fece vacillare e poi lo tirai per la maglia per rimetterlo dritto e gli scoccai un bel bacio sulla guancia. Lo lasciai lì, imbambolato e leggermente arrostito.

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