Di notte il mondo è diverso. La sfumatura oscura delle tenebre trasforma le persone, ma più di tutto i luoghi che le circondano. E così accadde anche per la Willow House, Northumberland street, Londra. Tutte le finestre della casa erano immerse nel buio, eccetto una, al primo piano. Attraverso il vetro infatti si poteva scorgere la luce soffusa di due lampade accese. Il salottino verde non era caotico come qualche ora prima, né grazioso come lo era sempre stato prima di quel giorno; era ordinato e pulito, ma spaventosamente vuoto. Vuoto delle persone che lo animavano e delle voci che spesso risuonavano perfino a notte fonda. Era vuoto di oggetti il ripiano sul vecchio caminetto di legno, la poltrona di pelle e il suo cuscino con sopra la bandiera inglese, il tavolo di legno nella cucina e le sue tre sedie, il pavimento lindo e il tappeto verde liberi da vecchie cianfrusaglie. Perfino il calore una volta sempre presente aveva abbandonato quel primo piano, sebbene fosse estate. Due uniche valige giacevano chiuse, al centro della stanza, attendendo di essere portate via. Due uomini entrarono nella stanza e le presero, trascinandole fuori. Ma all'improvviso il più alto dei due si bloccò sulla porta. <<Oh, che sbadato!>> esclamò Walter Woodson, con un po' troppa enfasi. L'amico si voltò, sbalordito. Walter Woodson che si rimproverava da solo.... Dopo il lento con la signora Willow e quella esclamazione contraria alla sua solita arroganza, Benjamin Taves non sapeva più cosa aspettarsi dal suo amico. "Se gli alieni non conquistano il mondo adesso, allora sto sognando" pensò. <<Inizia a scendere, Benjamin>> continuò Walter, questa volta con meno enfasi. <<Ho dimenticato di prendere il caricatore del computer.... non essere così sconvolto, perfino un genio brillante come me può dimenticarsi qualcosa, ogni tanto!>> aggiunse irritato, vedendo l'espressione scioccata dipinta sul volto di Ben. "Ed ecco il Walter che conosco, modesto come sempre." <<Ah, non preoccuparti. Sta nella mia valigia, l'ho messo io prima.>> rispose, adesso scettico sul comportamento bizzarro dell'amico. Walter Woodson non dimenticava mai niente. <<Non è vero, sta ancora in camera mia, l'ho tolto dalla tua borsa perché prima mi serviva.>> ribatté l'altro, non guardandolo negli occhi. <<Walter, l'ho messo per ultimo in valigia, e quando l'ho chiusa c'era....>> insisté Benjamin, con una strana sensazione. "No" pensò, però non scartando del tutto l'idea che si era fatta strada nella sua mente. "Anche questa no. E' impossibile." <<Io.... l'ho tolto di nascosto, prima che tu chiudessi la valigia....>> lo interruppe l'altro, esitando e sempre non guardando Benjamin negli occhi. <<Non ci credo!>> esclamò quest'ultimo, pensando che ormai l' "impossibile" era diventando troppo sopravvalutato. <<Cosa c'è?>> chiese Walter, infastidito. Benjamin sgranò gli occhi e allargò le labbra in un sorriso sornione. Per la prima e forse l'ultima volta in vita sua aveva assistito allo spettacolo più meraviglioso di tutti i tempi: Walter Woodson era confuso. <<Cosa....? Che ti prende?!>> chiese, sempre più infastidito. Ben decise di non dargliela subito vinta. <<Non ci posso credere....>> disse. <<Cosa?! A cosa non puoi credere?! Il caricatore sta di là....>> Benjamin Taves si stava divertendo troppo e non intendeva smetterla finché l'amico non avrebbe ammesso la verità, perché per una volta non era lui quello preso in giro. <<Beh>> disse, scrollando le spalle <<adesso apro la valigia, così non dovrai attraversare un'altra volta l'appartamento....>> <<Per l'ultima volta, il caricatore non sta in valigia!>> <<Walter, ci vorrà un attimo, la sto aprendo....>> <<Sparisci, Benjamin!>> sbottò Walter, non riuscendo più a trattenersi. L'amico non smise di esibire quel fastidioso sorriso furbo, ma uscì fuori dalla stanza, scuotendo la testa. <<Invece di sforzarti senza risultato in ridicole sceneggiate, avresti potuto dire semplicemente: "Benjamin, ho bisogno di restare solo." Io avrei capito, sai. Vivi qui da molto più tempo di me, è normale che tu voglia restare solo....>> L'amico strinse gli occhi esibendo il suo migliore sguardo omicida. <<Non....>> <<....ed è più che normale che anche tu abbia un lato romantico e sentimentale...>> <<Ho detto, SPARISCI.>> <<Vaaa bene.>> acconsentì Ben sempre senza smettere di sorridere. Walter restò immobile finché non vide sparire il suo fastidioso amico in fondo alle scale, al piano terra, fino nell'appartamento della signora Willow. A quel punto si voltò. Walter Woodson era solo, finalmente solo. Solo con i suoi ricordi, i fantasmi di un passato che faceva ombra sui giorni soleggiati del presente. Lui, il silenzio così spaventosamente malinconico e l'eco della notte che gli facevano compagnia mentre guardava forse per l'ultima volta l'unica, che era stata da tempo immemore casa sua. E lui sapeva che il viaggio che stava per affrontare sarebbe stato molto lungo e pericoloso. Sarebbero riusciti a ritornare? Questo non lo sapeva neanche lui. Perché, per quanto gli costasse ammetterlo, Walter provava dei sentimenti, e in quel momento più che mai avrebbe desiderato farne a meno. Perché abbandonare casa sua lo faceva soffrire e soffrire faceva male. Ma a lui non sarebbe mancato il grazioso soggiorno verde, le due rampe di scale che doveva affrontare ogni giorno, il caminetto che lo riscaldava con il suo fuoco scoppiettante, la disordinata cucina usata ben poco, il vecchio giradischi e i numerosi vinili di musica jazz, l'appartamento della signora Willow al piano di sotto, la porta d'ingresso con il battente dorato che risaltava sul legno nero, la vista di Londra dalla finestra. No. A lui sarebbe mancato litigare con Ben nel grazioso soggiorno verde, scendere di corsa le due rampe di scale quando lo colpiva un'illuminazione per risolvere uno dei tanti enigmi che si ritrovava ad affrontare, il caminetto che la signora Willow manteneva sempre acceso d'inverno, senza che nessuno glielo chiedesse. Gli sarebbe mancato usare la cucina come laboratorio, mentre Ben si lamentava di non poter cucinare in presenza di materiale chimico o radioattivo (non che sapesse cucinare, pensava sempre Walter), ascoltare il jazz e fumare la pipa per concentrarsi meglio, ignorare le urla di rimprovero della signora Willow nel pieno della notte quando giocava a tiro al bersaglio con i coltelli in momenti di noia. Gli sarebbe mancato fare compagnia alla signora Willow nel suo appartamento quando si sentiva tremendamente sola, prepararle uova alla benedettina per colazione alla festa della mamma, bussare con il battente dorato alla porta d'ingresso quando Ben dimenticava le chiavi a casa, sperando di essere aperti dalla loro vicina, osservare quasi ogni giorno fuori dalla finestra la pioggia che lui adorava bagnare Londra, ricoprendola di un lucido mantello. A Walter Woodson sarebbe mancato questo e soltanto questo, perché le mura del palazzo di quelli che presto sarebbero diventati ricordi, momenti e abitudini che per molto tempo, se non mai più, non avrebbe vissuto erano più resistenti delle mura fisiche della Willow House. Restò lì, ad assaporare con lo sguardo il vecchio appartamento vuoto per minuti, forse ore; non lo sapeva. Perse la cognizione del tempo e restò lì, ignorando il passare del tempo imminente. Il treno sarebbe partito fra poche ore, eppure non si sentì chiamare né da Ben, né dalla signora Willow. Forse il tempo si era fermato, oppure era più lento di quanto Walter ricordasse. Eppure gli anni erano passati così velocemente, rifletté. Rimase ancora lì, in piedi, immobile, con una luce nuova che si era fatta strada nei suoi occhi: il suo sguardo era infatti alto e fiero, come per salutare un vecchio amico che non avrebbe più rivisto, uno sguardo che non gli era mai appartenuto, perché di amici ne aveva ben pochi e per fortuna a nessuno di loro aveva ancora dovuto dire addio. La sua mente ticchettava come un orologio, gli ingranaggi perennemente in funzione. Proprio come il tempo, neanche la sua mente si era mai fermata, e mai nessuno avrebbe potuto fermarla. Pensare, ragionare, osservare, elaborare, nessuno sarebbe mai riuscito a farlo meglio di lui. Risolvere enigmi, questioni e problemi, impedire catastrofi e fermare le persone al momento giusto per farle riflettere, Walter Woodson faceva tutto questo seguendo al logica di cui era consapevolmente dotato, ignorando il cuore e i sentimenti. Ma ahimè, neanche con la sua geniale logica era riuscito a fermare il tempo, forse perché il tempo stesso non aveva una logica, pensava sempre Walter. Tempo. Era solo questione di tempo....
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Futuri Ricordi
Short StoryQuesta storia ha un inizio e una fine. Ma nessuna delle due è presente in questa breve parte che leggerete. Vi invito soltanto a leggerla come quando immergete il corpo nell'acqua bollente, dopo una lunga e fredda giornata invernale: lentamente e co...