Era una notte meravigliosa, una di quelle notti che forse esistono soltanto quando si è giovani, mio caro lettore. Il cielo era così stellato, così luminoso che, guardandolo, ci si chiedeva istintivamente: è mai possibile che sotto un simile cielo vivano uomini collerici e capricciosi ? Anche questa, caro lettore, è una domanda da giovani, molto da giovani... voglia Iddio farla nascere spesso nell'animo vostro... Parlando di quei collerici e capricciosi signori, non ho potuto non rammentare la mia nobile condotta durante tutta quella giornata. Una certa strana angoscia aveva cominciato a torturarmi sin dal mattino. Avevo avuto all'improvviso l'impressione che tutti mi lasciassero solo e che tutti si allontanassero da me. Certo ciascuno è in diritto di chiedermi: chi sono questi tutti? Giacché da ormai otto anni vivo a Pietroburgo e non ho saputo stringere quasi nessuna conoscenza. Ma a che mi servirebbero le conoscenze? Anche senza di esse tutta Pietroburgo mi è nota; ecco perché ho avuto l'impressione che tutti mi abbandonassero allorché, all'improvviso, l'intera città partì per la villeggiatura, Cominciai a provare un senso di paura all'idea di restar solo; e per tre giorni interi vagai per la città in uno stato di angoscia profonda, decisamente senza rendermi conto di quello che stava accadendo in me. Sia che percorressi il Nevskij, o camminassi per il giardino, o sul lungofiume... non una di quelle persone che ero solito incontrare al medesimo posto a quelle date ore in ogni giorno dell'anno! Esse, certo non mi conoscono, ma io, sì, io conosco loro. E le conosco intimamente; ho studiato a fondo le loro fisionomie, gioisco con loro quando sono allegre e mi lascio prendere dalla malinconia quando le vedo imbronciate. Ho quasi stretto amicizia con un vecchietto che incontro sulla Fontanka2 alla stessa ora di ogni giorno che Iddio ci manda. Una fisionomia così interessante, così pensosa; egli borbotta continuamente sotto il naso e agita la mano sinistra, mentre nella destra tiene un lungo bastoncino di canna dal pomo d'oro. Anch'egli, però, mi ha notato e mi dimostra una sincera simpatia. Se capita che io manchi un giorno, a un dato punto della Fontanka, sono certo che diventa malinconico. Ecco perché talvolta siamo lì lì per scambiarci un saluto, specialmente quando siamo entrambi in buona condizione di spirito. Poco tempo fa, dopo essere stati due giorni interi senza vederci, ci siamo incontrati e poco è mancato che entrambi ci portassimo la mano al cappello ma, per fortuna, ci siamo ripresi proprio in tempo, abbiamo lasciato ricadere il braccio e, con un gesto di simpatia, siamo passati l'uno accanto all'altro. E conosco bene anche tutte le case. Quando cammino pare che ciascuna di esse mi venga incontro lungo la strada, mi guardi da ogni finestra e mi dica: «Buongiorno; come va la salute? Io, grazie a Dio, sto bene e nel mese di maggio mi aggiungeranno un piano». Oppure: «Come state? Quanto a me da domani dovrò essere restaurata». Oppure: «Per poco non sono andata a fuoco e mi sono presa uno spavento!» e altre cose del genere. Tra tutte ho le predilette, le amiche più care; una di esse ha intenzione di mettersi quest'anno in cura, durante l'estate, da un architetto. Ma passerò ogni giorno a darle un'occhiata perché la cura non sia fatta così alla carlona, ne guardi Iddio! Non dimenticherò mai la storia di un'incantevole casetta color rosa chiaro. Era di pietra e talmente carina... mi guardava con tanta affabilità e con altrettanta fierezza guardava le sue goffe vicine, che il mio cuore si riempiva di gioia quando mi accadeva di passarle davanti. Ma ecco, la settimana scorsa, passo per la strada e, mentre guardo la mia amica, sento un grido lamentoso: «Mi vogliono dipingere di giallo!» Briganti! Barbari! Non hanno avuto pietà di nulla: né delle colonne, né dei cornicioni, e la mia amica è diventata gialla come un canarino. Per poco in questa occasione non ebbi un travaso di bile e finora non ho ancora trovato il coraggio di andare a vedere la mia poveretta, così sfigurata e ridipinta con il colore del celeste impero.
E così, caro lettore, voi potete capire come io conosca bene a fondo tutta Pietroburgo. Ho già detto come per tre giorni interi l'inquietudine mi abbia tormentato, senza che io potessi capirne la ragione. Per strada mi sentivo male (questo non c'è, quest'altro neppure e quell'altro ancora dove si sarà cacciato?) e in casa non mi ci trovavo più. Per due sere mi sforzai di capire: che cosa diamine mi manca nel mio cantuccio? Perché mi sento così a disagio? E con perplessità osservavo le mie pareti verdi annerite dal fumo, il soffitto da cui pendevano le ragnatele che Matrëna coltivava con grande successo, guardavo e riguardavo i mobili, osservavo ogni sedia pensando che forse lì stava il guaio giacché, se anche una sola sedia non sta al medesimo posto in cui stava il giorno avanti, io sono fuori di me; guardavo verso la finestra... ma tutto inutile! Non provavo alcun sollievo. Ho persino avuto l'idea di chiamare Matrëna e di farle una bella paternale per le ragnatele e per la sua trascuratezza in generale; ma essa si è limitata a rivolgermi un'occhiata stupita e, senza rispondere, se n'è andata, cosicché le ragnatele pendono più prospere che mai al loro posto. Finalmente, soltanto stamattina, ho indovinato di che cosa si trattasse. Eh già! Il fatto è che tutti se la svignano e vanno in villeggiatura! Perdonate la parolina triviale, ma avevo ben altro da pensare che alle paroline elevate... già perché tutta Pietroburgo o era partita, o si preparava a partire per la campagna; perché ogni rispettabile signore dall'aspetto posato che stava noleggiando una vettura si trasformava ai miei occhi in un rispettabile padre di famiglia il quale, dopo le quotidiane, doverose occupazioni, se ne partiva a cuor leggero verso la campagna, a raggiungere la famiglia; perché ogni passante assumeva ora un aspetto particolare, quasi volesse dire a chiunque incontrava: "Io, signori, sono qui soltanto di passaggio; tra due ore parto per la campagna". Se si apriva una finestra ai cui vetri tamburellavano ditini sottili, candidi come lo zucchero, e si sporgeva la testolina di una graziosa fanciulla che chiamava il venditore ambulante di vasi di fiori, mi sembrava subito che quei fiori venissero comperati non già per godere di essi e della primavera in un soffocante alloggio cittadino, ma perché ecco, tutti molto presto si sarebbero trasferiti in campagna e avrebbero portato con sé i fiori. Ma non basta; io avevo già fatto tali passi nel mio nuovo, particolare genere di scoperte, che ormai potevo, senza tema di sbagliare, definire, dal solo aspetto, il genere di villeggiatura di ciascuno. Gli abitanti delle isole Kamennij e Aptékarskij3 o della strada di Peterhof si distinguevano per una studiata raffinatezza di modi, per gli eleganti abiti estivi e gli stupendi equipaggi sui quali giungevano in città. Gli abitanti di Pargòlovo e anche di più lontano incutevano rispetto al primo sguardo per la loro assennatezza e la loro serietà; il frequentatore dell'isola Krestovskij si notava per il suo aspetto di una serenità olimpica. Sia che mi accadesse di incontrare una lunga processione di carrettieri che procedevano pigramente con le redini in mano accanto ai carri carichi di montagne di mobilia, sedie, divani turchi e non turchi e di altre masserizie domestiche in cui spesso troneggiava, proprio sulla sommità del carro, una cuoca gracilina che sorvegliava la roba dei padroni come la pupilla degli occhi suoi; sia che guardassi le barche che con il loro pesante carico di masserizie scivolavano sulla Nevà o sulla Fontanka verso la Cërnaja Reka o verso le isole, carri e barche si moltiplicavano per dieci e per cento ai miei occhi; mi pareva che tutti avessero preso l'avvio e movessero trasferendosi a carovane intere in campagna; mi pareva che tutta Pietroburgo minacciasse di trasformarsi in un deserto cosicché, alla fine, cominciai a provar vergogna, offesa e tristezza; decisamente non avevo né dove, né come andare in villeggiatura. Ero pronto ad andarmene con ogni carro, a partire con ogni signore dall'aspetto rispettabile che noleggiasse una vettura; ma nessuno, assolutamente nessuno mi invitò, proprio come se mi avessero dimenticato, come se per loro io fossi soltanto un estraneo. Avevo camminato molto e a lungo, tanto che, secondo la mia abitudine, avevo finito di non saper più dove mi trovassi quando all'improvviso mi resi conto che ero arrivato alla barriera della città. In un batter d'occhio diventai allegro e, attraversate le sbarre, mi avviai tra i campi seminati e i prati; non provavo stanchezza, ma solo sentivo con tutto il mio essere come se un grosso peso mi stesse cadendo dall'anima; tutti i passanti mi guardavano con tanta cordialità che parevano sul punto di salutarmi; tutti avevano l'aria allegra per qualche motivo e tutti, dal primo all'ultimo, fumavano dei sigari. E anch'io ero contento come mai ancora ero stato. Proprio come se, improvvisamente, mi fossi trovato in Italia, tanta era la forza con cui la natura aveva colpito me, cittadino malandato e mezzo soffocato tra le mura della città.
Vi è qualcosa di indicibilmente commovente nella nostra natura pietroburghese quando, al sopraggiungere della primavera, essa all'improvviso rivela tutta la sua potenza, tutte le forze donatele dal cielo, si agghinda, si adorna di variopinti fiori... Involontariamente mi richiama alla mente l'immagine di una fanciulla languida e malaticcia che voi guardate a volte con compassione, a volte con pietosa tenerezza, e a volte poi semplicemente non notate, ma che a un tratto, in un batter d'occhio, diventa, in modo inspiegabile, indicibilmente bella e voi, colpito, inebriato, vi chiedete senza volerlo: quale forza ha fatto lampeggiare di un simile fuoco quegli occhi tristi e pensosi? Che cosa ha richiamato il sangue su quelle guance pallide e smagrite? Che cosa ha soffuso di passione i teneri lineamenti di quel viso? Perché palpita così quel petto? Che cosa ha potuto, così di colpo, richiamare la vita, la forza e la bellezza sul viso della povera fanciulla, e l'ha fatta brillare di un tale sorriso e ravvivarsi di un riso così smagliante e luminoso? Voi vi guardate attorno, cercate qualcuno, tentate di indovinare... Ma l'attimo passa e forse il giorno dopo incontrerete di nuovo quello sguardo pensoso e distratto di prima, lo stesso pallido viso, la stessa rassegnata timidezza di gesti e persino il rimorso, persino le tracce di un'angoscia mortale e di una non so quale irritazione contro il momentaneo incanto... E provate pena che quella bellezza sia appassita irrimediabilmente così presto e che invano sia brillata dinanzi a voi; provate pena al pensiero di non aver neppure fatto in tempo ad amarla...
E tuttavia la mia notte fu più bella del giorno! Ecco come fu.
Ripresi la via del ritorno in città molto tardi, e già scoccavano le dieci quando mi stavo avvicinando alla mia abitazione. La mia strada costeggiava la sponda del canale e a quell'ora non s'incontrava anima viva. In verità, io abito nella zona più remota della città. Camminavo e cantavo perché, quando sono felice, devo assolutamente canticchiare qualche cosa per me solo, come ogni uomo felice che non ha né amici, né buoni conoscenti e che, in un momento di gioia, non sa con chi dividerla. Ed ecco che a un tratto mi capitò la più inattesa delle avventure.
In disparte, addossata al parapetto del canale, stava una donna; con i gomiti puntati sulla ringhiera essa, a quanto mi parve, guardava con fissità l'acqua torbida del canale. Aveva il capo coperto da un grazioso cappellino giallo, è indossava una civettuola mantellina nera. "È una fanciulla e certamente bruna" pensai. Ella, a quanto pare, non aveva udito i miei passi e non si mosse neppure quando io le passai vicino, trattenendo il respiro e con il cuore palpitante. "Strano!" pensai "Si vede che è profondamente immersa nei suoi pensieri" e, all'improvviso mi fermai come impietrito. Mi era giunto all'orecchio un sordo singhiozzo. Sì, non mi ingannavo: la fanciulla piangeva, e di minuto in minuto i singhiozzi si facevano più violenti. Mio Dio! Mi si stringeva il cuore. E, per quanto io sia timido con le donne... quello era però un tale momento che... Mi voltai, mossi verso di lei e stavo per dire: "Signorina!" se non mi fossi ricordato che questa esclamazione era stata migliaia di volte pronunziata in tutti i romanzi russi dell'alta società. Questo pensiero mi trattenne. Ma, mentre cercavo la parola, la ragazza parve riprendersi, si guardò attorno, tornò padrona di sé, abbassò gli occhi e scivolò accanto a me proseguendo lungo il marciapiede. Non osai attraversare la strada. Il mio cuore batteva come quello di un uccellino prigioniero. Un caso mi venne improvvisamente in aiuto.
Dal marciapiede opposto, non lontano dalla mia sconosciuta, apparve a un tratto un signore in frac, di rispettabile età ma non di ugualmente rispettabile andatura. Camminava barcollando e appoggiandosi prudentemente al muro. La ragazza, invece, procedeva a tutta velocità, timida e svelta come in genere fanno le ragazze che non vogliono che qualcuno si offra di accompagnarle a casa di notte e, di certo, il barcollante signore non l'avrebbe raggiunta se il mio destino non gli avesse suggerito di cercare dei mezzi artificiosi. A un tratto, senza pronunziar parola, il mio signore si stacca dal suo posto e, correndo a gambe levate, vola e raggiunge la sconosciuta. Ella andava come il vento, ma il vacillante signore stava per raggiungerla... ecco, la raggiunse; la fanciulla mandò un grido e... e io benedico il destino per l'eccellente nodoso bastone che per caso si trovava quella volta nella mia mano destra. In un batter d'occhio mi ritrovai sull'altro marciapiede, in un batter d'occhio l'indesiderato signore capì di che si trattava, prese in considerazione l'inoppugnabile argomento, tacque, si fermò e, soltanto quando noi ci trovammo già molto lontani, prese a protestare contro di me e in termini piuttosto energici. Ma le sue parole giunsero appena fino a noi.
«Datemi il vostro braccio,» dissi alla mia sconosciuta «ed egli non oserà più importunarvi.»
In silenzio ella mi porse il braccio che ancora tremava per l'emozione e lo spavento. Oh, indesiderato signore! Come ti ho benedetto in quel momento! La guardai di sfuggita: era una brunetta assai graziosa; avevo indovinato... sulle sue ciglia nere brillavano ancora le lacrime della recente paura o, forse, del precedente dolore, non lo so. Ma sulle sue labbra già affiorava il sorriso. Anch'ella mi diede un fuggevole sguardo, arrossì leggermente e abbassò gli occhi.
«Ecco, vedete, perché poco fa mi avete respinto? Se io fossi stato là, nulla sarebbe accaduto...»
«Ma io non vi conoscevo, credevo che anche voi...» «Forse che adesso mi conoscete?»
«Un poco. Ecco, per esempio, perché tremate?»
«Oh, avete indovinato subito!» risposi, entusiasta dell'intelligenza della mia ragazza, cosa che non nuoce affatto alla bellezza «Sì, avete indovinato fin dal primo sguardo con chi avete a che fare. Già, è proprio così: io sono timido con le donne, e sono ora agitato, non dico di no, non meno di quanto lo eravate voi un minuto fa allorché quel signore vi ha spaventata... E provo ora non so quale spavento. È come un sogno, ma neppure in sogno avevo mai supposto di poter parlare con una donna.» «Come? Possibile?»
«Sì, e se il mio braccio trema è perché non ha mai ancora sentito la stretta di una manina piccola e graziosa come la vostra. Ho perduto del tutto l'abitudine di trattare con le donne o, meglio, quest'abitudine, non l'ho mai avuta. Io, vedete, sono solo... E non so neppure come si debba parlare con loro. Ecco, anche adesso non so se per caso non vi abbia detto qualche sciocchezza. Ditemelo sinceramente: vi avverto, non sono suscettibile...»
«No, nulla, nulla; tutt'altro. E, se volete che anch'io sia sincera, ebbene vi dirò che alle donne piace una simile timidezza; se poi desiderate saperne di più, aggiungerò che essa piace anche a me e che non vi allontanerò da me sino a che non sarò giunta all'uscio di casa.»
«Voi farete sì che io,» presi a dire, ansando per l'emozione «che io perderò immediatamente la mia timidezza e allora... addio ai miei mezzi di successo!»
«Mezzi? Quali mezzi, e a che scopo? Ecco qualcosa che già non va bene...»
«Scusate, non lo dirò più: mi è sfuggito di bocca, ma come volete che in un momento simile non si abbia il desiderio di...» «Di piacere, forse?»
«Proprio così; ma siate, siate buona, per l'amor di Dio. Giudicate chi sono io! Dunque, ho già ventisei anni e non ho ancora veduto nessuno. Come posso quindi parlar bene, con disinvoltura e a proposito? Sarà più vantaggioso per voi quando tutto sarà messo in chiaro, allo scoperto... Io non so tacere quando in me parla il cuore. Be', ma fa lo stesso... Lo credereste, mai una donna, mai! Nessuna conoscenza! E sogno solamente ogni giorno che alla fine, un bel momento, ne incontrerò qualcuna. Ah, se sapeste quante volte sono stato innamorato in tale modo!»
«Ma come, dunque, e di chi?»
«Di nessuna, di un ideale, di colei che vedo in sogno. Io creo nelle mie fantasticherie interi romanzi. Oh, voi non mi conoscete! In verità, poiché non è possibile farne a meno, ho incontrato due o tre donne, ma che donne erano? Erano tutti tipi di padrone di casa tali che... Ma io vi farò ridere se vi dirò che parecchie volte ho pensato di attaccar discorso così, semplicemente, per strada, con una qualche signora aristocratica, si capisce, quando era sola; attaccar discorso timidamente, con rispetto, con passione; di dirle che, tutto solo com'ero, mi perdevo; che non mi scacciasse, che non avevo modo di conoscere sia pure una donna qualsiasi; di suggerirle che era persino dovere di una donna di non respingere la timida preghiera di un uomo infelice come me. Che, infine, tutto ciò che chiedevo era solo che mi dicesse due parole fraterne, con simpatia, che non mi scacciasse fin dal primo momento, che avesse fiducia nelle mie parole, che ascoltasse ciò che le avrei detto e ridesse pure di me, se le faceva piacere, mi infondesse un po' di speranza, mi dicesse due parole, due parole sole, anche se poi non ci dovessimo incontrare mai più! Ma voi ridete... Del resto io parlo così perché...»
«Non abbiatevela a male; rido perché siete voi il nemico di voi stesso, e, se voi aveste provato, ci sareste forse riuscito, sia pure per strada; quanto più semplicemente, tanto meglio... Nessuna donna di animo buono, a meno che non sia stupida o irritata proprio in quel momento per qualche suo motivo, si sarebbe decisa a mandarvi via senza quelle due parole che voi imploravate con tanta timidezza... Del resto, che dico! Certo vi avrebbe preso per pazzo. Io, vedete, avevo giudicato da me... Conosco molte cose e so ben io come si viva al mondo!»
«Oh, vi ringrazio!» gridai «Voi non sapete che cosa avete fatto ora per me!»
«Bene, bene! Ma ditemi come avete fatto a indovinare che io sono una donna con la quale... sì, insomma, che voi avete considerato degna... della vostra attenzione e amicizia... in una parola, che non sono una padrona di casa, come voi vi esprimete. Come mai vi siete deciso ad avvicinarvi a me?»
«Perché? Perché? Ma voi eravate sola, quel signore era troppo audace e siamo di notte: convenite anche voi che era un dovere...»
«No, no, ancora prima, laggiù, dall'altra parte. Volevate già avvicinarvi, no?»«Là, dall'altra parte ? Ma io, in verità, non so come rispondere; ho
paura... Sapete, oggi ero felice; camminavo e cantavo; sono andato fuori città; non avevo ancora mai vissuto dei momenti così lieti. Voi... a me forse era parso... Suvvia, perdonatemi se ve lo rammento: mi era parso che voi piangeste e io... io non potevo ascoltare... mi si stringeva il cuore... Oh, mio Dio! Non potevo dunque sentire un po' di pena per voi? Era forse un peccato provare per voi una fraterna pietà? Scusate, ho detto pietà... Be', sì... in una parola, vi potevo forse offendere perché senza volerlo mi è venuto in mente di avvicinarvi?»
«Lasciate, basta, non dite più nulla» disse la ragazza, abbassando gli occhi e stringendomi la mano. «Sono io stessa colpevole per aver parlato di questo, ma sono contenta di non essermi ingannata sul vostro conto. Ma eccomi ormai a casa: non mi resta che svoltare qui nel vicolo... due passi... Addio, vi ringrazio...»
«Ma allora è possibile, è possibile che non ci vediamo più? È possibile che tutto debba finire così?»
«Vedete,» disse sorridendo la ragazza «da principio volevate soltanto due parole, e adesso... Del resto, non vi dirò nulla... Forse c'incontreremo ancora...»
«Verrò qui domani» risposi io. «Oh, perdonatemi, ecco che già esigo...» «Già, siete impaziente... quasi esigete...»
«Ascoltate, ascoltate!» l'interruppi «Perdonate se vi dirò di nuovo qualcosa di simile... Ma ecco qua: io non posso fare a meno di venir qui domani. Io sono un sognatore: vivo una vita così poco reale e di momenti come questo ne conto così di rado che non posso fare a meno di riviverli nei miei sogni. Sognerò di voi tutta la notte, tutta la settimana, tutto l'anno. Domani verrò qui immancabilmente, proprio qui, in questo stesso posto, a questa stessa ora, e mi sentirò felice ricordandomi di oggi. Questo posto, vedete, mi è già caro. Ho già due o tre luoghi come questo a Pietroburgo. Una volta ho persino pianto, per un ricordo, come voi... Chi può saperlo? forse anche voi, dieci minuti fa, piangevate per un ricordo... Ma perdonatemi, ho passato di nuovo i limiti; voi forse un giorno siete stata qui particolarmente felice...»
«Sta bene,» disse la ragazza «io, magari, verrò qui domani, anche alle dieci. Vedo che ormai non posso più negarvelo... Ecco di che si tratta: io devo trovarmi qui: non crediate che vi dia un appuntamento, vi preavviso che ho bisogno di trovarmi qui, per me. Ma ecco... ve lo dirò francamente: non importerà niente se ci sarete anche voi; in primo luogo, possono capitare cose spiacevoli come oggi, ma questo non conta... Insomma, vorrei semplicemente vedervi per dirvi due parole. Soltanto, dite, non mi giudicherete male, adesso? Non crediate che io vi fissi con tanta leggerezza un appuntamento... Non ve l'avrei fissato se... Ma questo resterà il mio segreto! Facciamo soltanto un patto per l'avvenire...»
«Un patto! Parlate, dite, dite tutto, subito, io sono d'accordo su tutto, pronto a tutto,» gridai in estasi «rispondo di me, sarò ubbidiente, rispettoso... voi mi conoscete...»
«Proprio perché vi conosco, vi invito, per domani» disse, ridendo, la ragazza. «Vi conosco perfettamente. Ma badate, però, venite a una condizione: in primo luogo, soltanto siate buono, fate ciò che vi chiedo; vedete, vi parlo francamente, non innamoratevi di me... Questo non è possibile, ve l'assicuro. All'amicizia sono pronta, eccovi la mia mano... Ma innamorarsi no, non si può, ve ne prego...»
«Ve lo giuro!» esclamai, afferrando la sua piccola mano.
«Basta, non giurate, lo so, lo capisco che siete capace di pigliar fuoco come la polvere. Non giudicatemi male se parlo così. Se sapeste... Anch'io non ho nessuno con cui scambiare una parola, a cui chiedere un consiglio... Certo non è per strada che si dovrebbero cercare i consiglieri, ma voi siete un'eccezione. Io vi conosco come se fossimo amici da vent'anni... Non è forse vero che non mi tradirete?»
«Lo vedrete... Soltanto non so come farò a vivere queste ventiquattro ore.»
«Fate un bel sonno profondo; buona notte, e ricordatevi che ormai mi sono affidata a voi. Ma voi poco fa avete detto così bene: è possibile che si debba render conto di ogni sentimento, persino di una pietà fraterna? Sapete, questo l'avete detto così bene che mi è balenato subito il pensiero di confidarmi con voi...»
«Ma di che si tratta, in nome di Dio ? Che c'è?»
«A domani... Per ora lasciamo che resti un segreto. Tanto meglio per voi; almeno da lontano avrà l'aspetto di un romanzo. Forse domani stesso ve lo dirò, o forse no... Prima parlerò ancora con voi, ci conosceremo meglio...»
«Oh sì! Domani vi dirò tutto di me! Ma che è questo? È come se si compisse un miracolo... Dove sono, mio Dio? Ditemi, dunque: non siete forse contenta di non essere andata in collera con me come avrebbe fatto un'altra; di non avermi scacciato sin da principio? Due minuti, e avete fatto di me un uomo per sempre felice! Sì, felice: forse, come fare a saperlo? forse mi avete rappacificato con me stesso, avete risolto i miei dubbi... Forse mi capiteranno dei momenti simili... Be', domani vi dirò tutto, voi saprete tutto, tutto...»
«Bene, accetto: comincerete voi...» «D'accordo.» «A rivederci!» ci lasciammo. Vagai per tutta la notte: non sapevo decidermi a tornare a casa. Ero talmente felice... A domani!
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Le Notti Bianche - Fedor Dostoevskij
ClassicsLe notti bianche è un romanzo breve giovanile di Fëdor Dostoevskij, pubblicato per la prima volta nel 1848. L'opera prende il nome dal periodo dell'anno noto col nome di notti bianche, in cui nella Russia del nord, inclusa la zona di San Pietroburgo...