Capitolo due.

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Jared

Perché dovevo trasferirmi?

Amavo la mia vecchia vita. Amavo i miei amici e quello che combinavamo insieme. Non ero un tipo solitario, ma di me non si poteva nemmeno dire che fossi socievole. Me ne stavo sempre sulle mie, cercando di non dare troppo nell'occhio.

Perché dare nell'occhio voleva dire una sola cosa: essere giudicati e io odiavo le persone così superficiali da farlo.

Houston era una grande città, molto trafficata, ma mai come Boston. Niente superava i livelli di caos di questa città. Qui tutto si muoveva veloce, alla velocità della luce.

Vagai per la nuova casa, ispezionando ogni stanza e cercando un qualche appiglio per far sembrare questo trasferimento meno catastrofico. Purtroppo non c'era niente che potessi dire o fare, ero finito in questa merda ed ora ero completamente solo.

Odiavo dover andare in quella scuola di ricconi a cui i miei mi avevano iscritto, odiavo perfino che i miei genitori non sembrassero aver dato peso alle mie lamentale. Sarei potuto rimanere nella mia vecchia cittadina e continuare la mia vita, magari sarei andato a trovarli di tanto in tanto e tutto sarebbe rimasto al suo posto.
E invece mi toccava guardare queste pareti bianche all'apparenza immacolate e ritornare alla realtà.

Non potevo crogiolarmi nella mia solitudine e nel rammarico.

Quella mattina dovevo andare a scuola, e già ero in ritardo. Misi le prime cose che mi capitarono a tiro nell'armadio e scesi al piano inferiore.

«Stai molto bene, tesoro.» Mi sorrise mia madre versando del caffè in una tazza. «L'ho appena fatto, ne vuoi un po'?»

«Sì, grazie. Non ho tempo di fare colazione fuori.»

«Giovanotto!» La voce potente di mio padre mi fece voltare verso di lui. Eccolo lì, mentre da buon marito e lavoratore sfoggiava un sorriso finto sapendo bene di doversi spaccare il culo per le successive dieci ore. «Pronto per il primo giorno di scuola?»

«Non ho più otto anni, sarà un giorno come un altro.»

«Mi piacerebbe che fossi un po' più felice per tuo padre. Non potevamo stare ad Houston, l'azienda ha fallito miseramente e per fortuna tuo padre è un uomo intelligente e caparbio. Non è da tutti trovare immediatamente un altro lavoro.»

«Peccato che abbia dovuto cambiare città per farlo!» Presi la mia tazza e quel caffè mi aiutò a risvegliare i sensi.

«Non dire così...»

«No, va bene così, Lucy. Lascia che si sfoghi. Anche io avrei reagito così se avessi dovuto trasferirmi a sedici anni.»

Sbuffai e scossi la testa. Non ne potevo più di parlare, avevo detto fin troppo per evitare tutto questo. Non volevo fare il bambino, sapevo quanto questo nuovo ingaggio fosse importante per mio padre e oltretutto i risparmi non sarebbero durati per tutta la vita.
Dopo il licenziamento si era dovuto rimboccare le maniche e cercare un'altra azienda che lo avesse assunto. Per fortuna ci era riuscito ed ecco qui, ora ci ritrovavamo in questo posto caotico e frenetico.

Ero già in ritardo di un'ora, e il traffico non mi era affatto di aiuto nonostante la mia moto sfrecciasse tra una macchina e l'altra facendomi risparmiare non poco tempo. Il parcheggio era pieno di macchine o moto di lusso, era chiaro che non avrei incontrato altro se non viziati figli di papà.

Presi un bel respiro ed entrai.

Caos, caos ovunque.

Probabilmente non avrei potuto scegliere momento migliore per fare la mia entrata. I corridoi erano gremiti di adolescenti che correvano da un lato all'altro senza sosta.
Dopo essere riuscito a trovare la segreteria mi diressi verso l'armadietto che mi era stato assegnato. Mi voltai verso destra mentre trafficavo con la combinazione. La mia attenzione fu attirata immediatamente da una ragazza che si stava avvicinando.

Passo deciso, un ghigno sicuro deciso sul volto e gli occhi più belli che avessi mai visto.
Catturava tutti gli sguardi senza fare il minimo sforzo.
I lunghi capelli castani le svolazzavano accarezzandole dolcemente la schiena e il suo viso aveva un non so che di angelico. Indossava dei vestiti striminziti che lasciavano così poco all'immaginazione!
Avrei potuto indovinare il colore delle sue mutandine se l'avessi vista da un'altra angolazione. Il top attillato e quei pantaloncini che coprivano a mal'appena l'inguine sembravano essere stati creati apposta per il suo corpo.
E le calze...wow, non avevo mai incontrato una ragazza così tanto coraggiosa da mettere calze del genere!

Il ticchettio dei suoi tacchi risuonava nella mia testa, impedendomi di distogliere lo sguardo. Lei si fermò proprio nell'armadietto di lato al mio. Senza smettere di guardarmi lo aprì e davanti alla mia faccia sconvolta sorrise.

Era un pene di gomma quello che avevo visto? Merda si, non c'erano dubbi. Un grande pene viola era proprio lì, accanto ad una spazzola e altre cianfrusaglie, come se fosse normale! Prese alcuni libri e, senza smettere di sorridere, mi fece l'occhiolino e chiuse con forza l'armadietto inserendo successivamente la combinazione.

Inutile dire che rimasi pietrificato per almeno due minuti a fissare ammaliato il suo culo che si muoveva sculettando. Il lato A era fantastico, ma niente di paragonabile al suo lato B stratosferico

                
«Bella eh?» Il ragazzo che si stava godendo la scena esattamente come me sospirò.

«Dev'essere una cheerleader o qualcosa del genere.»

Quel tizio iniziò a ridere confondendomi ancora di più. «Ti assicuro che è molto lontana dall'essere una cheerleader. Proprio no.» Scosse la testa come se le mie parole fossero persino troppo assurde per essere pronunciate. «Sei nuovo mi sembra di capire.»

«Primo giorno.»

«Beh, amico mio...»

«Jared.»

«Ryan.» Replicò lui. «Se c'è una cosa che devi assolutamente sapere è che quella lì...» indicò il punto dove prima c'era quella ragazza. «È la zoccola dell'istituto. Ha fatto sesso con la maggior parte della popolazione maschile di questa scuola. No, che dico. Forse ha avuto anche qualche esperienza lesbo.» Sembrò pensarci su. «Anzi, conoscendola di sicuro!» Era come se parlasse più a se stesso che a me, come se condividesse un pensiero ad alta voce.

«Te l'hanno mai detto che parli tanto e a raffica?»

Ryan rise. «Ho la sensazione che diventeremo grandi amici noi due. Era da tempo che aspettavo l'arrivo di una persona normale in questa scuola di cloni!»

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