Parte. 2 Rigore

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Rigore.

Per Elan nella vita non era mai esistito altro. Aveva basato la sua intera esistenza, quasi esclusivamente su di esso. Gli avevano insegnato a seguire le regole e così aveva sempre fatto.

Era una persona prettamente razionale e meticolosa e quasi mai lasciava che le cose sfuggissero al suo attento e scrupoloso controllo. Quando qualcosa andava fuori dai suoi ben programmati schemi cominciava a sentirsi destabilizzato e completamente a disagio. 

Era fatto così, quello era il suo carattere e rare erano le volte in cui decideva di lasciarsi andare all'irrazionalità.

Come per esempio, quella notte. Quello che stavano facendo era così sbagliato, così scorretto e così fuori dall'ordinario che, qualcun altro con il suo stesso carattere ma senza la sua innata quiete interiore, di sicuro sarebbe impazzito. Eppure, non si era trovato nella condizione di poter opporre resistenza, sua sorella l'aveva inevitabilmente messo alle strette. Quando gli aveva chiesto il perché del suo disaccordo lui aveva risposto che, mettendo in atto quell'assurdo piano, avrebbero infranto la legge, ma non fu credibile nemmeno per mezzo secondo. Sapevano entrambi che Arya aveva ragione, che ce l'aveva sempre avuta e che non era giusto tenerla segregata in quell'inferno. In quel caso, il rigore poteva anche essere messo da parte, le regole potevano essere infrante. Ma non era la destabilizzazione dell'ordine legislativo a preoccuparlo, anzi ne era quasi del tutto indifferente. Ciò che realmente lo preoccupava erano le conseguenze che avrebbero dovuto affrontare; queste andavano ben oltre un insulso processo in tribunale. No, non era così semplice: la questione era del tutto diversa, la posta in gioco troppo alta.

Ma lui non poteva dire niente.

Se mai l'avesse fatto, probabilmente avrebbe generato una catastrofe e non poteva proprio permetterselo. Aveva delle persone da tenere al sicuro.

 Ma come si fa a mantenere un segreto così grande e, nel frattempo, cercare di non deludere le aspettative di chi ci sta accanto?

 Elan non lo sapeva proprio. Ma quella notte,  mentre viaggiavano in aereo cercò in tutti i modi di trovare una risposta, facendo appello quel poco di lucidità che gli era rimasta.

Riuscì nel suo intento solo qualche minuto dopo esser sceso dall'aereo. Non era riuscito a chiudere occhio e sentiva che il cervello gli sarebbe scoppiato da un momento all'altro e, dando loro un rapido sguardo, notò che le sue sorelle si trovavano nella medesima condizione; l'unico desiderio che aveva in quel momento era quello di raggiungere la baita che avevano affittato, la quale si trovava, appunto, nei pressi di Kenai.

La piccola cittadina di Kenai era ubicata vicino ad un grande fiume dal medesimo nome, a sua volta situato nel Borough della penisola di Kenai, situato nel meridione dello Stato. Il territorio non era molto esteso tant'è che solo nel 2007, la densità della popolazione era riuscita a raggiungere il massimo di 7686 abitanti (nel 1940 erano solo in 300), mantenendo negli anni successivi, più o meno la stessa cifra. Elan aveva deciso di affittare una piccola baita vicino sia al fiume che alla foresta; questa, era grande ma non troppo, il giusto che serviva ad ospitare tre persone, al massimo cinque. Sarebbero potuti andare ad alloggiare dai nonni e risparmiare denaro, ma se l'avessero fatto il loro ridicolo piano sarebbe fallito con una percentuale che si avvicinava spaventosamente al 99%.

"Merda!" pensò frustrato "Perché non ci ho pensato prima?!". 

Ma ormai era tardi. Mancava qualche chilometro per arrivare e dal canto suo si sentì un po' sollevato nel pensare che, magari si sarebbe riposato in pace e tranquillità, anche solo per qualche ora. Avrebbe pensato a qualcosa per mandare tutto alla'aria più tardi. Guardò l'orologio e notò che ormai era quasi ora di pranzo, così nel tragitto per arrivare alla loro abitazione si fermò a prendere qualcosa da mangiare.

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