La Torre di Astronomia era perfetta per ammirare l'alba nelle mattine primaverili in cui non riesci a dormire. Bastava solo farsi dare l'incantesimo per aprire la porta da Hermione e fare abbastanza silenzio per non svegliare i Corvonero, perché per raggiungere la torre dovevi passare vicino al loro dormitorio; e il gioco era fatto.
Mi piaceva venire lì, stare da solo con i miei pensieri e sentire l'aria gelida del mattino che mi ruggiva in pieno volto. A volte mi sdraiavo semplicemente a guardare la riproduzione della Terra e delle sue orbite, o mi appoggiavo alla ringhiera godendo il panorama. Da lì si poteva vedere quasi tutto il lago Nero, le colline scozzesi e, per quanto riguarda la scuola, le serre di erbologia e la Sala Grande.
Quella mattina mi sentivo nervoso, ero rientrato dalle vacanze natalizie ormai da un mese e con mio grande sforzo riuscii a scusarmi con Harry, porgendogli le mie scuse per aver dubitato di lui. Non è facile credere a certe cose, soprattutto se ti spaventano. Forse per i sensi di colpa o perché era un modo per fargli capire che gli credevo, mi unii all'Esercito di Silente e presi ad allenarmi con lui e tutti gli altri nella Stanza delle Necessità.
In quel momento udii dei passi provenire dalla porta della torre e scattai in piedi, allarmato. Mi nascosi dietro ad una colonna, lontano dalle scale. Quando poi vidi il testone scuro di Dean, tirai un sospiro di sollievo.
- Mi hai fatto spaventare!
Mi vide uscire dal mio riparo e trattenne una risata. - Scusa, ma è la quinta volta in un mese che ti vedo sgattaiolare fuori dal dormitorio e volevo sapere che andavi a fare.
- Magari mi vedo con una bella ragazza - dissi.
Lui mi fissò intensamente per qualche secondo. - No, me lo avresti detto.
- Non posso avere i miei segreti?
- Con me, no - rispose deciso.
Io mi sedetti di nuovo per terra. - Beh, tu mica mi hai detto della Weasley.
Dean aprì la bocca. - Te l'avrei detto oggi! È successo ieri pomeriggio e abbiamo deciso di non dirlo a nessuno.
Inarcai un sopracciglio. - E Ronald? Lui lo sa?
Dean parve imbarazzato. - Ehm... no. Dovrebbe?
- È suo fratello, come minimo.
Lui sospirò e si sedette anche lui. - Allora vedrò di farglielo sapere se la cosa funziona.
- Come mai proprio lei? - domandai, curioso.
- Ne possiamo parlare a colazione? Davanti ad una bella ciambella ripiena?
Io risi. - Va bene.
Dean sospirò. - Si sta bene quassù.
- Già.
Ci fu una breve pausa in cui due uccellini blu ci passarono davanti agli occhi, mentre si rincorrevano a vicenda.
- Sei sempre venuto qui, le altre volte?
Annuii.
- Come mai? - Mi chiese ancora.
- Mi rilassa, riesco a pensare.
Il cielo si stava tingendo di arancione.
- Mi piacciono le lezioni con Harry. Lui si che ci spiega come usare gli incantesimi, non è come quel confetto rosa ambulante.
- Non ho mai aperto il suo libro, e quando arriverò a casa lo userò per sistemare quel mobiletto in salotto.
Lui aggrottò la fronte.
- Sì, sai no quello bianco, davanti alla televisione.
- Dev'essere nuovo, perché io non me lo ricordo - commentò.
- No, no, è vecchio. Ma sì, Dean, quello con le foto dei parenti.
Si diede un colpetto alla testa. - Ora ricordo. Comunque forse faremmo meglio a tornare.
Non avevo voglia di scendere e iniziare una nuova giornata, ma se rimanevo ancora a lungo Gazza ci avrebbe beccati e portati dalla Umbridge.
- Ancora una cosa - mi fermò sulle scale - tu sei riuscito a evocare il tuo Patronus?
Lo guardai, spaesato. - Sì, mi è uscita una volpe.
Lui sembrò arrabbiato. - Com'è possibile che è riuscito a tutti e a me no!
- Abbassa la voce! E ora girati e cammina.
Lui non si mosse e mi guardò serio. - Seamus, so che è un momento difficile questo per te, ma ti volevo dire che io ci sono. Okay?
Sorrisi. - Ne avevo bisogno, amico. Grazie.
Dean si voltò e continuò a scendere le scale. Sapevo che su di lui potevo contare, è il mio migliore amico.
