Prima parte

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Abitavo in campagna, una bella villetta insieme a mia nonna e mia madre. Entrambi solari e belle, di quella bellezza che ti trasmette sicurezza e felicità. Mia nonna aveva 64 anni e se li portava davvero bene. Aveva pochi capelli bianchi per il resto erano di un castano chiaro che si intonavano con i suoi occhi verdi e marroni. Mia madre, invece, aveva 30 anni ma sembrava quasi una ventenne. Portava i capelli lunghi fino alle spalle e aveva anche lei gli occhi e i capelli dello stesso colore di sua mamma. Ogni giorno aiutavo nonna, davo da mangiare agli animali e spazzolavo i cavalli. Avevo dieci anni e da poco avevo finito le elementari. Di quell'estate ricordo il caldo sole accarezzarmi il corpo, la mamma che collezionava abiti eleganti da vendere ai suoi clienti in paese e io che leggevo favole sotto gli alberi. Avevo un'amica, si chiamava Denise, aveva i capelli biondi e gli occhioni azzurri, di un azzurro così bello da invidiare. Io, infatti, glieli invidiavo tanto. Le volevo molto bene perché  lei era la mia migliore e unica amica. Abitava poco distante da me e andavamo nella stessa scuola, stessa classe. Con lei giocavo quasi ogni pomeriggio fino a mezz'ora prima del tramonto. Mi ha insegnato anche ad andare a cavallo, lei ne aveva uno molto bello, bianco, ricordo che quell'estate morí, pianse molto e io provai a consolarla, stringendola forte per poi prometterle che io sarei stata sempre lì con lei per qualsiasi cosa. Una settimana dopo mamma mi chiamó a tavola e con tono felice e rassicurante mi disse "Desy, tesoro mio domani sera partiamo, fai le valigie, ce ne andiamo a vivere a Milano. Papà ha trovato un monolocale lí, vedrai ti piacerà." Io non dissi niente, troppe cose mi passavano per la testa, la villa, i cavalli, Denise, la promessa, le sue lacrime, la nonna, la natura. Cosa mi avrebbe offerto la città? Chi avrebbe aiutato la nonna? Con chi mi avrebbe sostituita Denise?
Rimasi ferma, mamma mi guardava, attendeva una risposta, io annuii semplicemente poi andai di sopra a preparare le valigie. Non piangevo, accumulavo tutte le emozioni dentro. Non sapevo come reagire, "forse la città sarà migliore", pensavo. Misi tutto in ordine nelle borse e poi andai a dormire. Il giorno dopo vidi Denise e le diedi un origamo a forma di rosa. Tienila sempre con te, io devo partire. Le sue lacrime, mi odiavo. La strinsi ma lei mi mandó via. Avevo infranto la promessa. Mi lasciò lì da sola, impassibile all'esterno, me ne tornai a casa. Mi odiavo, mi odiavo da impazzire. Avevo rovinato tutto. "Spero che mia mamma abbia fatto la scelta giusta. Spero che la città mi piaccia. Spero che Denise mi perdoni un giorno." Mi dicevo. Poi chiusi gli occhi e mi addormentai. Quella fu la prima volta che mi sentí triste e tanto incolpa.

Mia mamma era eccitata per il viaggio, non vedeva l'ora di arrivare. Mi raccontava storielle di come sarebbe stata la nuova vita, realizzò vari progetti. Voleva aprire un negozio tutto suo di abiti. "Potrei chiamarlo Fashion Boutique o l'angolo dei desideri o dei sogni, che ne dici?" Io le sorridevo con forza e le dicevo che erano nomi molto belli per un negozio e che sarebbe stato tutto stupendo. In realtà l'unica cosa che volevo era Denise ma non lo dicevo. Già mi mancava.

Arrivate a destinazione mi vidi aprire un mondo nuovo, un mondo sembrare troppo grande per me. Troppe persone in spazi enormi da farmi sentire ancora più piccola di quella che ero. "Posso abituarmi" pensavo. Presto arrivammo in un quartiere con una piazzetta con delle panchine e alcuni giochi per bambini. C'erano ragazzi di varie etnie che fumavano, in quel momento non sapevo cosa stessero fumando, lo capii solo tempo dopo che si trattava di hashish. Mamma fece finta di niente e mi tirò verso il portone, dovevamo salire cinque piani a piedi, l'ascensore puzzava di piscio ancor più delle scale. Il palazzo era di quindici piani e era davvero angosciante. Salite al quinto piano aprimmo la porta e vidi una piccola casa formata da tre stanze: un piccolo bagno, una piccola cucina e un salone che faceva anche da camera da letto. Dove avrei giocato? Mia madre dove avrebbe realizzato i suoi capi?
"Allora ti piace? Lo so non è grande ma tutti e tre ci stiamo bene, papà l'ha arredata benissimo". Io le sorridevo ancora una volta per farla felice. "Domani ti porto a scuola, andrai alle medie finalmente, perlopiù in una grande e bella città, non sei entusiasta?" Le risposi che lo ero e poi iniziai a mettere apposto le mie cose. Molti vestiti e oggetti li rimasi in borsa e li misi sotto al letto perché  non avevo più dove metterle. Quel giorno rimasi a casa a leggere le favole che ormai sapevo a memoria.

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