1. Incubo

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Mi svegliai stesa su un materasso duro, in una stanza buia; faceva freddo, ma non sentivo neanche la forza per tremare. Provavo un grande mal di testa. Il cuscino era umido e percepivo un cattivo odore di metallo.

Mi guardai intorno disorientata. Non capivo dove fossi e chi fossi. Chiusi gli occhi e iniziai a ripensare alle cose più semplici. Mi chiamavo Quinn, 17 anni, abitavo nel Queens, a New York, stavo tornando dalla palestra quando avevo visto un uomo correre con una valigetta e dopo... da lì in poi non ricordavo assolutamente nulla. Buio totale.

-Si è svegliata.- Disse una ragazza con tono freddo. Portava i capelli a caschetto, poteva avere massimo venticinque anni, ma era molto più robusta di me e il suo sguardo indifferente mi intimoriva. -D-dove sono?- Riuscii a dire. Pensai che non mi avesse sentito così ripetei più ad alta voce: -D-dove sono? - La ragazza non rispose e la porta si aprì. Entrò un ragazzo che si girò verso di me e poi disse a bassa voce: -Non è ancora tornato.- La ragazza gli fece un cenno e lui se ne andò. -Alzati. - La ignorai. -Alzati.- Ripeté senza neanche girarsi. Decisi che fosse più saggio obbedire. Una volta sollevata guardai il cuscino. C'era un motivo per cui mi era sembrato umido prima.

Era sporco di sangue.

Mi toccai la testa che iniziò a girarmi, era bendata.

La ragazza si avvicinò e mi porse un bicchiere. All'inizio credevo fosse acqua, ma presto mi accorsi che non era trasparente, era bianca. Non lo presi.

-Bevi.- Ordinò lei. Scossi la testa. -Ho detto bevi.- -A che serve? - Chiesi cercando di nascondere la paura che si sentiva benissimo dal tono insicuro di voce. -Ti farà stare meglio.- Rispose, ma io la ignorai. -Dove siamo?- La ragazza rassegnata si allontanò e posò il bicchiere sul tavolo. Poi si mise di spalle e inizialmente non capii cosa stesse facendo perché mi coprì la visuale. Era stato semplice allontanarla. Mi guardai intorno. C'erano tantissime boccette e materiali per esperimenti chimici, poteva sembrare una farmacia, se non fosse per l'atmosfera cupa e da brividi.

La ragazza si girò e tornò vicino a me con una siringa in mano. -Dammi il braccio. - -Tu non mi vuoi aiutare.- Dissi ferma. Mi sentivo così tanto spaventata, perché mi dovevano fare soffrire? Sentivo la gola bruciare e le lacrime mi appannavano la vista, il cuore mi batteva forte. -Smettila di piangere e dammi il braccio.- Insistette la ragazza. -Sto bene, non ho bisogno di questo. - Le lacrime iniziarono a sgorgare e presto cominciai a singhiozzare. Sapevo di sembrale debole ai suoi occhi, ma non riuscivo a smettere. Quella donna mi voleva uccidere e sicuramente ci sarebbe riuscita, che senso aveva cercare di combattere? Dove ero? Cosa volevano? Perché non potevo tornare a casa dai miei genitori?

Spazientita mi prese per un braccio e alzò la manica, avvicinò la siringa alla mia vena. Non so con che forza, ma le tirai un calcio al ginocchio. Lei indietreggiò dolorante e io mi alzai dal lettino. Iniziai a correre verso la porta, in quel momento pensavo solo di prendere tempo. Dopo pochi passi tutto iniziò a girare e caddi per terra. Vidi la porta aprirsi ed entrò il ragazzo di prima. -Tienila ferma, per favore.- Disse con tono fermo la ragazza, lui mi bloccò i polsi a terra e mi tappò la bocca. Lottai fino alla fine per liberarmi ma fu inutile, urlai, ma le sue mani non mi facevano emettere nessun suono e mi soffocavano. Era come un brutto incubo. La donna si avvicinò con la siringa e iniettò il liquido nelle mie vene. La testa iniziò a girare sempre di più, vidi tutto nero e persi conoscenza. -Per avere avuto un trauma del genere è molto forte.- Fu l' ultima frase che sentii.

**

Mi svegliai non so dopo quanto tempo. Ero stesa a terra lì dove mi ero addormentata. E così quel liquido non doveva uccidermi, ma solo tenermi calma. Mi inginocchiai e poi, sempre tenendomi la testa e strizzando gli occhi, riuscii ad alzarmi in piedi, piano piano raggiunsi la porta, per... fuggire... credo...

These four wallsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora