Nomi (11 settembre - seconda parte)

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- Quindi non sei riuscita a farti nessun amico oggi? - mi domanda mia madre con gli occhi lucidi mentre siamo in cucina.
- Mamma... non è andata così male dai - le rispondo seria - Non c'è bisogno di farne un dramma!- e mentre le poggio una mano sulla spalla mi scappa un risolino.
- Ah. Ah. Ah - lei finge una risata e passa a me cipolle e coltello, le do il cambio nel tagliarle.
-Sei molto simpatica, Nicoletta - aggiunge con un pizzico di sarcasmo nella voce. Io invece mi blocco, qualcosa si attorciglia all'altezza delle mie corde vocali.
- Possiamo fare Nicole? - le chiedo con la voce un po' spezzata. Mamma capisce. Per qualche secondo in tutta la stanza si sente solo il rumore del coltello sul tagliere.
- Ti manca così tanto? - chiede poi lei.
Se mi manca Edimburgo, se mi manca la mia vecchia scuola, se mi manca Lily?
- N...no, è per le cipolle - le rispondo mentre mi asciugo una lacrima con il polso destro.
Io e la mia famiglia non abbiamo mai avuto una vera casa, non che io ricordi con lucidità almeno. Da quando avevo otto anni, per il lavoro di mio padre ci siamo sempre spostati un po' ovunque, senza rimanere per più di un anno nella stessa città. Quando siamo arrivati in Scozia avevo quindici anni, e sembrava che le cose sarebbero andate diversamente. Pensavo che sarei riuscita almeno a finire il liceo a Edimburgo. Nel corso degli scorsi tre anni mi sono fatta coraggio, ho migliorato il mio inglese e ho tentato di superare la mia timidezza. Stava funzionando. Ho conosciuto Lily al terzo anno di liceo, ad un'evento organizzato dalla biblioteca, e lei mi ha presentata al suo gruppo di amici: Marlee, Jon, Rey, Zoe e tutti gli altri.
Poi il lavoro di mio padre è cambiato, e insieme a quello tutto quanto.
Lui ora si trova ad Amburgo, e noi siamo tornate in Italia. Non so cosa stia succedendo tra lui e mia madre, loro dicono che è tutto okay ma io credo stiano passando un momento difficile. Sono forti però, riusciranno a superarlo.
- Dai, Nicole - dice ad un certo punto mia madre prendendo tra le mani le cipolle che ho tagliato e mettendole nella pentola, - l'Italia ti mancava tanto...-
Ed era vero.
- Sì ma... Anche Edimburgo mi piaceva e poi lì finalmente -
- Avevi degli amici. Lo so. -
Mentre parliamo continuo a muovermi nella cucina.
Tutto qui dentro mi fa pensare alle serate passate in compagnia, alle tavolate piene, mi sembra di sentire il tintinnio delle posate e le risate in sottofondo. Mi sento molto affezionata a questa stanza della casa, forse più per via di un ricordo che per altro, dato che siamo qui solo da due settimane. In Scozia, nell'ultimo anno, la nostra cucina era sempre parecchio affollata perché a Lily e agli altri piaceva particolarmente imbucarsi a casa mia per portarmi un dolce o per cucinare insieme. A guardarmi intorno, tra mestoli e barattoli di biscotti, non può non venirmi in mente che non c'è nessun amico da invitare a cena, il campanello non suonerà questa sera. E chissà per quanto tempo ancora sarà così. Il tintinnio che mi era sembrato di sentire sparisce di colpo, rimane solo un eco malinconico.
Mia madre però non deve essersi rassegnata al mio umore mesto. Dopo un'altra pausa di silenzio in cui la si poteva vedere attorcigliarsi freneticamente i capelli, come faceva tutte le volte che era preoccupata per qualcosa, mi viene davanti e mi fa: - senti. Mangiamolo domani l'arrosto. Che ne dici di una pizza? -
Accetto con un sorriso spontaneo.
-Prendo il solito! - dice subito, e corre già con il telefono in mano alla bacheca dove abbiamo attaccato il volantino di "Mario", la pizzeria alla fine della strada.
Parlare di pizza mi aveva fatto tornare in mente una cosa.
- Mà - le faccio.
- Mh? -
- In realtà forse ho fatto amicizia con qualcuno, stamattina -
- Davvero? - mi dice lei con la cornetta all'orecchio - Pronto, Mario! -
- Come si chiama? - capisco, leggendole il labiale.
Ora che ci penso non lo so il suo nome. Non me lo ha detto.
Poi suona il campanello.

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