PETS

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PETS

Naruto camminava preoccupato dietro all'androide che lo stava guidando. C'era voluto del tempo perché lo curassero, anche se non si sarebbe mai aspettato un risultato del genere: le ferite si erano rimarginate. Non era rimasta neanche una cicatrice, la pelle si era rigenerata, persino le unghie strappate erano ricresciute. I segni che avrebbero dovuto essere indelebili erano spariti, non solo quelli subiti durante la tortura, ma anche tutte le cicatrici passate: il suo corpo era praticamente perfetto.

Indossava un pantalone nero corto fino al ginocchio, aderente, così aderente da essere imbarazzante per un uomo, ma comunque meglio di niente; il top che gli era stato dato, era una di lupetto nero senza maniche, aderente quanto il pantalone. Inoltre gli avevano fatto indossare una specie di collana elettronica, con dei pulsanti strani. Inizialmente, Naruto, aveva immaginato fosse solo ornamentale, tuttavia, quando aveva cercato di toglierla, si era reso conto di non riuscirci: il gancio da cui si era chiusa la prima volta non voleva saperne di aprirsi e, dopo aver tentato con tutte le sue forze di sbarazzarsene, uno degli androidi gli aveva detto: -Stai tranquillo, fra un paio di giorni, non lo sentirai neanche più.- E a quel punto il ragazzo aveva iniziato a sospettare che fosse un trasmettitore. Il fatto di non riuscire a toglierla gli procurava una certa angoscia.

Man mano che seguiva l'androide, era sempre più sconcertato da quel luogo maestoso ed enorme. I colori che predominavano erano il bianco e il grigio chiaro, tutto era elettronico: porte, luci, scale, non c'era niente di tradizionale. A tratti regolari, c'erano grandi finestre aperte, che lasciavano intuire sia la grandezza di quell'edificio - almeno quanto un'intera città - sia l'altezza, perché la terra si intravedeva lontanissima. Fra ascensori e navette di trasporto, raggiunsero l'ala dell'edificio a cui erano interessati in pochi minuti.

-Dove siamo?- Chiese Naruto al suo poco loquace compagno.

-Sasuke-sama ti spiegherà ogni cosa a tempo debito. Tu abbi solo l'accortezza di rivolgerti a lui con il massimo rispetto.- Si limitò a rispondere l'androide.

Il ragazzo non replicò: aveva capito che "Sasuke-sama" altri non era che l'Uchiha che lo aveva risparmiato e fatto curare. Aveva un'idea di ciò che volesse da lui, e il solo pensiero lo faceva andare su tutte le furie: era probabile che volesse usarlo come infiltrato contro i suoi stessi compagni. Ovviamente si sarebbe rifiutato, anche se temeva le conseguenze: lo avrebbero torturato di nuovo? O semplicemente ucciso? Prima che venisse catturato non aveva paura di nulla, ma ora si rendeva conto, non senza una certa umiliazione, che gran parte del suo coraggio era dettato dall'ignoranza: non sapeva cosa fosse la tortura, fino a che livelli potesse portare un uomo. D'altra parte, a che scopo torturarlo di nuovo? Lui non avrebbe parlato, lo aveva dimostrato già la prima volta: sarebbe stata solo una perdita di tempo. Di sicuro avrebbe affrontato il suo destino, facendo quanto era in suo potere per opporvisi; se proprio doveva morire, avrebbe venduto cara la pelle.

Arrivarono dinnanzi a una porta, bianca come tutte le altre, senza segni particolari. L'androide introdusse la sua scheda elettronica all'interno dell'apposito spazio e un microfono fuoriuscì dall'impianto di tasti che si trovava alla destra dell'entrata.

-Sono qui con il numero 317.- Disse il robot.

Naruto ebbe appena il tempo di collegare quel numero a quello che era riportato sulla sua collana, che la porta si aprì. L'androide entrò con i suoi soliti passi ritmici, tutti uguali, e lui lo seguì.

Si ritrovarono in un enorme salotto. I mobili erano tutti moderni, restavano rigorosamente sul bianco e il sul nero. C'era un tavolo nel centro, che conteneva un vaso e dei fiori probabilmente di vetro. Alle pareti erano appesi, di tanto in tanto, dei quadri con soggetti astratti e nella parte sinistra di quella sala c'era una grande cucina, sempre ultramoderna. Qualche porta sparsa qua e là, faceva intuire che c'erano diverse altre stanze, mentre una portafinestra in vetro lasciava intravedere il grande terrazzo che sia affacciava sulla città/edificio.

If I Had a Heart...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora