Capitolo 1

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7.00.....il suono inconfondibile della sveglia mi fa capire che è arrivato il momento di alzarsi e prepararsi al meglio per iniziare questo terzo anno alla Golders Green College.

L'inizio delle lezioni è programmato per le 9.00, perciò direi di cominciare a prepararmi, dato che la mattina la mia voglia di essere svelta è pari a zero.

Mi avvicino all'armadio per scegliere dei vestiti, ma l'unica cosa decente che riesco a trovare è una magliettina non troppo lunga e dei jeans strappati.

Mi dirigo verso il bagno, ma trovando la porta chiusa decido di bussare per capire chi si possa trovare all'interno.

"ALICYA NON ROMPERE LE PALLE!" grida mio fratello con quella voce odiosa.

Ogni volta che provo ad andare in bagno, stranamente, è sempre occupato da lui.

Per evitare di perdere tempo decido di andare al piano di sotto per mangiare qualcosa.

"Buongiorno tesoro, pronta per questo nuovo inizio?" mi chiede mia madre non appena mi vede.

"Avrei preferito rimanere nel mio bel lettuccio"rispondo scocciata.

"Sisi Alicya, dicono tutti così. Vedrai poi come vorrai andare a scuola tutti i giorni per incontrare il tuo amore!" dice mia sorella prendendomi in giro.

"Non mi chiamo mica Charlotte" rispondo facendole la linguaccia.

Io e mia sorella abbiamo un rapporto a dir poco favoloso.

È la mia seconda migliore amica. Mi capisce in tutte le circostanze.

Al contrario di Bryan. Io e lui parliamo pochissimo, e quelle volte in cui ci provo, mi tratta come se fossi una bambina, anzi peggio, come se fossi la persona che più odia al mondo.

"Alicya puoi andare in bagno, ma muoviti, tanto bella non lo sarai mai." dice mio fratello con tono molto tranquillo.

Nonostante ci fossi ormai abituata, sapere che lui mi trova brutta in tutto e per tutto fa male.

"Alicya non lo ascoltare. Riesci ad essere sempre bellissima" mi rassicura mia sorella.

Le sorrido in segno di ringraziamento.

"Bryan, smettila di essere così odioso" lo rimpovera mi madre.

Decido di andare in bagno prima che Bryan possa dire altre cattiverie.

Sono le 8:15 ed io devo ancora truccarmi e pettinarmi.

Per fortuna non sono una ragazza che usa quintali di fondotinta, correttore, rossetto e tutte queste robe qua.

Un po di correttore sotto le occhiaia, mascara e matita possono bastare.

Alle 8:35 decido di uscire da casa ed incamminarmi verso scuola.

Riesco ad arrivare in dieci minuti, e questo mi tranquillizza.

Non appenna arrivo Esther e Dylan si avvicinano.

Li conosco da nove anni e sapere che frequentano i miei stessi corsi mi rilassa.

Sanno sempre come aiutarmi, come tirarmi su di morale, come farmi spuntare un sorriso anche quando non ne ho voglia.

Loro ci sono stati, ci sono, e ci saranno per sempre.

"ALICYAAA" urla Esther saltandomi in braccio.

"Ei amica, non ci vediamo da ieri sera, mica da un anno" dico facendola scendere.

"Ah si è cosí? Non mi vuoi puoi?" mi domanda lei "allora da ora in poi non rivolgermi piú parola!" dice facendo tutto da sola.

Non potrei non rivolgerle la parola. Come farei senza i suoi consigli? Senza i suoi sbalzi d'umore? Senza le nostre cavolate insieme.

"Non ci riuscirei" le dico facendola ridere.

"Siete peggio di due bambine di cinque anni" dice Dylan ridendo.

Bhè, in effetti ha ragione. Quando iniziamo a prenderci in giro e mettere il broncio, siamo peggio di due bambine.

"E ne andiamo fiere" dico, facendo scoppiare a ridere i miei migliori amici.

Tra meno di cinque minuti l'inferno avrà inizio. Prendiamo i nostri zaini e ci avviciniamo alla nostra aula.

Il corridoio è affollato da studenti del primo superiore che non ho mai visto prima d'ora.

"A pensare che tre anni fa noi stavamo al posto di questi ragazzi" dice Esther con tono nostalgico.

"Come mai lo dici cosí?" Chiede Dylan.

"Il tempo passa in fretta. Troppo."dice Esther.

Ha ragione. Tre anni fa al posto di questi ragazzi c'eravamo noi. Posso immaginare come si sentono.

Per più di due mesi ho avuto la costante paura di essere presa in giro da quelli piú grandi e cose del genere.

"Ed io invecchio sempre piú. Mi fa male tutto!!" Dice Dylan facendoci ridere.

Non appena finisce di dire quelle parole, la campanella suona, mandando in frantumi questo momento di felicitá.

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