~Capitolo 3~

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Stavamo camminando nel lungo corridoio della scuola quando Aileen mi chiese i dettagli del mio incontro con il ragazzo scorbutico.

Lei aveva sempre avuto un ruolo davvero importante nella mia vita ed era sempre stata l'unica persona in grado di capirmi fino in fondo. Non posso nascondere che a volte litigavamo per delle sciocchezze e, più raramente, per questioni più serie, ma forse erano stati proprio questi litigi a rendere la nostra amicizia così forte e duratura.

Fui quindi costretta a ribadire quello che era successo il giorno precedente davanti casa e, di conseguenza, a perdere l'udito a causa dei gridolini emessi dalla mia amica.

"Non credi di star esagerando?" dissi reggendo tra le braccia una pila di libri per la mia prossima lezione di letteratura inglese, tra cui naturalmente non potevano mancare i miei preferiti: Cime Tempestose, unico per il forte intreccio di sentimenti contrastanti, quali l'amore e la vendetta, e Orgoglio e Pregiudizio, di cui l'affascinante figura di Mr. Darcy rendeva la lettura davvero accattivante.

"Sai benissimo che non riuscirai a farmi cambiare idea e inoltre sono più che convinta che nel giro di poco tempo vi vedrò felicemente insieme" urlò Aileen attirando l'attenzione di tutto il corridoio. Io abbassai lo sguardo imbarazzata. Non amavo stare al centro dell'attenzione, benché meno far conoscere i dettagli della mia vita poco emozionante a metà della scuola.

Non appena rialzai lo sguardo sentii il mio cuore prendere la rincorsa e il mio fiato perdere vigore, diventare fiacco.
Non lo vedevo dalla fine dello scorso semestre e all'incontro dei miei occhi con i suoi un brivido mi percorse la schiena. Il suo sguardo non era più lo stesso, non era più il dolce e pavido sguardo di cui mi ero innamorata due anni prima, era diventato freddo, distaccato, pieno di sé.
Jake se ne stava lì, appoggiato al suo armadietto e circondato dalla sua cerchia di amici, i suoi nuovi amici, per lo più compagni di squadra con le loro rispettive ragazze.

Piangevo, ma nessuno poteva accorgersene. Il mio era un pianto intimo, profondo, un pianto dell'anima e non del volto. Nel profondo del mio cuore prorompeva un forte diluvio.
Avevo trattenuto le lacrime perché non volevo che lui notasse qualcosa, ma in fondo quello che desideravo era esattamente l'opposto.

Aileen mi guardò come a volermi rasserenare e mi sorrise. Fortunatamente l'aula di letteratura precedeva gli armadietti e non dovetti passare davanti al gruppo.

Quando uscimmo da scuola rimanemmo abbagliate dall'intensa luce del sole che, battendo forte sull'edificio, lo aveva scaldato al punto da rendere quasi insopportabile restarvici ulteriormente.
Il parcheggio della scuola era interamente occupato dalle automobili di professori e studenti e per questo la madre di Aileen aveva preferito costeggiare poco lontano da lì.

"Credo tu abbia bisogno di un passaggio", disse la mia migliore amica corrugando le sopracciglia in attesa di una mia risposta.

"L'idea non mi dispiace, ma non dev'essere un problema per t-" riuscii solamente a dire prima di essere interrotta.
"Lo sai benissimo che per mia mamma non c'è alcun problema e che le fa solo piacere poter scambiare due chiacchiere con te" continuò Aileen. Poco dopo aprì la portiera posteriore di una vecchia Golf nera, facendomi segno di salire.
"Ciao mamma, possiamo dare un passaggio a Krystal?" chiese la mia amica lanciando sui sedili il suo zaino pesante.

"Certamente! Sali pure Krystal, mi fa soltanto piacere!" pronunciò a voce alta la signora Smith per farsi sentire. Aileen mi lanciò un'occhiata come a volermi dire "te lo avevo detto".
Mi tolsi allora lo zaino dalle spalle e mi sedetti accanto ad Aileen, mentre uno sguardo stanco ma, allo stesso tempo, sereno seguiva lentamente i miei movimenti dallo specchietto retrovisore.
Alla guida c'era una donna di poco meno di una cinquantina d'anni, mora, con gli occhi scuri come il cioccolato, dalla pelle poco invecchiata e un viso asciutto e ovale. I capelli nocciola cadevano lisci sulle spalle che erano in giusta proporzione con il resto del corpo minuto, coperto da un leggero vestitino di seta azzurro polvere.

Chiusa la portiera, la signora Smith inserì la chiave nel blocchetto d'accensione e mise in moto l'auto.

"Allora, come hai trascorso l'estate?" mi chiese la donna, mentre eravamo ferme in una lunga coda nel traffico.

"Abbastanza bene, grazie, mio padre ha deciso di portarci in montagna a luglio, mentre nei giorni restanti ho dedicato un po' di tempo allo studio e a qualche lavoretto qua e là. Voi?" risposi rendendomi conto di quanto la mia vita fosse monotona e attaccata alla noiosa quotidianità.

"Bene, grazie...stavo pensando...mm...ti ricordi, qualche anno fa, quando sei venuta con noi a Melbourne? Che ne dici se riorganizziamo una vacanza simile per il prossimo anno?" continuò lei e una scintilla di gioia si accese nei miei occhi.

Non potevo dire di aver fatto delle vacanze bellissime durante il corso della mia vita, soprattutto dopo che mio padre aveva perso il lavoro e si era dunque trovato costretto a lavorare nei momenti in cui alcuni suoi amici avevano bisogno di una mano in più; qualche anno prima, tuttavia, avevo trascorso l'estate più bella di sempre. I miei genitori e quelli di Aileen si erano da poco conosciuti ma, dato che io e la loro bambina non trascorrevamo più di mezza giornata lontane una dall'altra, avevano deciso di portarci al mare, precisamente a Melbourne, sulla costa dell'Atlantico, dove trascorremmo alcuni dei momenti più memorabili della nostra amicizia.

"Sai che non c'è nemmeno bisogno di chiedere!" risposi su di giri immaginando già di essere sdraiata sulla sabbia sottile e calda.

Diedi un bacio alla mia amica e con la mano salutai sua madre che aveva costeggiato vicino al mio piccolo quartiere.

Scesi dall'auto e dopo pochi passi raggiunsi casa. Tutto era in silenzio, si sentiva soltanto il dolce canto delle capinere e un lieve vento muoveva le foglie degli alberi che, scontrandosi, emettevano un rilassante fruscio. Nella casa di fronte sembrava non esserci nessuno, ma sapevo che quella sarebbe stata soltanto un'assenza momentanea. Prima o poi lui avrebbe fatto ritorno.

Salii in camera mia e notai quanto la vecchia libreria vicina alla finestra fosse in soqquadro. Decisi quindi di darci una sistemata. Spolverai a mano a mano tutti i libri, dai più vecchi ai più nuovi, finchè da uno di quei volumi cadde un piccolo foglietto. Al mio amore più grande, tuo, Jake, lessi sulla facciata impolverata; non vedevo quel foglietto da più di un anno: non era un semplice foglietto ma una lettera d'amore. Forse non meritava nemmeno d'esser chiamata così, dato che quelle parole non erano altro che una grande menzogna.

Senza che nemmeno me ne accorgessi una lacrima scivolò sul mio volto e con il lembo della manica la riasciugai immediatamente. Lui non meritava le mie lacrime ed io dovevo smettere di pensarci, o meglio, di pensarlo.

"Cipollina!" urlò mio fratello Connor spuntando all'improvviso dalla porta. Sobbalzai per lo spavento e portai una mano al petto percependo il battito accelerato.

Dietro a quel buffo soprannome si nascondeva un passato felice, infatti, da bambina, mia madre mi legava spesso i capelli in uno chignon alto, anche chiamato "cipollina", per questo mio fratello aveva deciso di utilizzare quel nomignolo con il solo scopo di darmi fastidio, dato che nei primi tempi non mi era molto gradito e lui si divertiva a vedermi irritata.

"Sei uno stupido!" risposi seccata.

"Mi dispiace averti interrotta, ma si dà il caso che sia l'ora di cena" continuò incrociando le braccia al petto muscoloso. Scossi il capo e lo seguii al piano di sotto.

-

Erano ormai le undici quando decisi di mettermi a letto: il giorno seguente ci sarebbe stata scuola e avevo bisogno di dormire. All'improvviso sentii lo sportello di una macchina chiudersi, così mi avvicinai alla finestra che si affacciava sul vialetto. Il ragazzo scorbutico era tornato.


~Daniela❤️

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 28, 2019 ⏰

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