La pazza Signora V.

14 0 0
                                    

È una calda giornata d'estate e nel centro di una cittadina nelle campagne di Napoli, la vita è tranquilla e colorata come sempre.
"Pomodori, pomodori freschi.. bella verdura. Fate un buon sugo con ciliegini, pachino e sanmarzano, Signora vuol favorire?", chiede Assunta Genovesi, moglie di Salvatore, l'ortolano nella piazza del mercato della città.
La vacanziera milanese guarda la mercanzia, chiede con non curanza cos'è questo e cos'è quello, assaggia i pompelmi e qualsiasi agrumo presente nella bancarella, per dopo andarsene senza comprare nulla.
"Brutta...", mugugna la proprietaria, maledicendo la polentona, freddo essere e senza colori, " Martino!".
Al suo urlo un bimbetto dagli occhi neri e vivaci, scatta sull'attenti, alzandosi da un cuscino all'interno del loro camion.
"Dimmi zia", esclama, sistemando i capelli ricci e ribelli.
"Dio, cosa hai fatto, ora? Sei tutto disordinato! Ma è possibile che non capisci che prima di vendere la nostra verdura dobbiamo vendere la nostra persona!", commenta Assunta, cercando di sistemare la stoppa nera del ragazzo.
"Un disastro niente non ci riesco! Fa lo stesso", taglia corto, prendendo da sotto il bancone una borsa di naylon, piena di frutta e verdura.
La proprietaria scrive il conto su un pezzo di carta bianco ed un indirizzo : Via Delle Camelie, Fam. Verdi e Russo.
"No", sussurra Martino, "zia non ci vado qua!".
"E perché no? Sentiamo?", chiede la mora, asciugandosi il sudore dal viso, mentre passa del prezzomolo al pescivendolo, "sei troppo stanco?".
"No, zia. Quello è l'indirizzo della pazza, la signora Amanda".
"Non essere sciocco!", sbotta Assunta, servendo Maria, una sua amica.
"E ti fidi a mandare lí tuo nipote?", ribatte quest'ultima, scioccata mentre cerca il portafoglio nella sua immensa borsa.
"Certo. Amanda è solo una persona che ha avuto la fortuna di conoscere l' amore con la "A" maiuscola, per poi perderlo come l'ha trovato. Ora è sola, sono sicura che Martino oltre che portarle la spesa le farà anche compagnia!", conferma la donna, uccidendo con lo sguardo il bambino.
Il ragazzino, non può far altro che mettere la coda fra le gambe, avviandosi per le viuzze della città con la sua bicicletta verso un pomeriggio immaginabile.

***
"Fam. Neri, Fam. Borriello.... ecco qua Fam. Verdi e ..." legge il bimbo, la targhetta dalla quale manca il secondo cognome Russo, cancellato da un tratto di indelebile nero.
"Dai Martino... sei o non sei coraggioso", chiede una vocina all'interno del nostro amico.
Ci vogliono dieci minuti abbondanti prima che l'indice del bambino si decida a pigiare il campanello.
Nulla.
Nessuna risposta.
"Forse non è in casa!", conferma libero e leggero, caricando nuovamente la biciletta rossa.
"Chi cercavi piccolo?", domanda una donna, dai lunghi capelli biondi.
Il garzone non riesce a dare un'età alla signora che ha di fronte.
Bassa e snella, Amanda Verdi può passare benissimo per una venticinquenne, una ragazza molto giovane, con gli occhi spenti e vuoti.
D'altro canto può anche essere una trentacinquenne ancora in gamba con tanta voglia di vivere.
"Allora mi vuoi rispondere?", richiede la donna, tirando fuori un mazzo di chiavi dalla ventiquattr'ore in pelle rossa.
Ha un abbigliamento poco console per una vedova, specialmente in un paesino piccolo di provincia della bella Napoli, dove la donna è ancora legata al culto della terra e della famiglia.
La gonna alta nera evidenzia la sua figura sottile e la camicia in seta nasconde le sue forme morbide e femminili, intravedibili attraverso il tessuto leggero della blusa.
"Sei muto per caso?", sbotta la donna, abbassandosi a livello del bambino, "cosa hai lí, comunque?", indica la borsa da dove un'anguria sbuca leggermente fuori.
"Mi manda mia zia, Assunta... la fruttivendola in piazza, vicino al pozzo vuoto", spiega tutto d'un fiato il bambino.
"Bene, bene. Allora cercavi me!", esclama Amanda, aprendo il grande portone nero, " devi portarmi su la spesa. Tua zia mi aggiunge sempre quattro... cinque euro per il vostro disturbo ed io non vedo modo migliore di sfruttare la cosa".
Ammareggiato e senza speranze, Martino prende in mano la busta di palstica ed entra nell'edificio.
Il palazzo è uno dei più belli della città ed ora il piccolo ne capisce il perché.
Il pavimento composto da tessere nere e bianche disposte a scacchiera, crea l'ordine in un luogo che ad un primo acchito risulta disordinato.
Certo le biciclette e le moto, parcheggiate lí accanto all'entrata non sono il massimo, ma le opere d'arte che corrono su lungo la scala equilibrano tutto.
"Salve Marcello", saluta la signora Verdi.
"Salve, salve Amanda. Com'è andata oggi?", chiede un uomo, piccolo e grassoccio con in mano del grasso per moto ed una chiave inglese.
"Le case editrici sono da uccidere, secondo loro il mio lavoro è passato, ma... lo vedremmo nelle libreria entro Natale", esulta la donna, avviandosi su per la lunga scalinata.
Martino fa un cenno di saluto all'anziano per poi seguire la cliente.
Quattordici, quindici, sedici,..... trenta, trentauno,.... quaranta,...
"Signora, mi scusi. Siamo arrivati?", domanda il bambino, arrivati al quinto piano.
"Veramente abito al primo piano, ma devo andare un attimo in soffitta per prendere un libro", dice Amanda, con tono staccato, "non potevo lasciarti lí da solo sul pianerottolo e poi... un po' di moto non ti fa male. Sei piuttosto rotondetto".
Il quindicenne sa di non essere bellissimo e di essere fuori forma. Vede come le ragazze lo guardano mentre i bulli lo prendono in giro.
A lui non interessa ciò che pensa la gente, basta solo sapere che lei gli vuole bene: Maria, la persona di cui si è innamorato.
Nonché sua vicina di casa e compagna di banco, Maria, è anche la sua migliore amica e il suo primo amore.
Martino sa che non è una cotta qualunque, una cosa che ti viene e dopo se ne va come la stanchezza.
No. L'emozione che lui prova è come la passione per il calcio, come una partita tra Lazio e Roma.
"Siamo arrivati!", afferma la pazza signora V., aprendo una minuscola porta nera nell'attico dell'edificio.
"Grazie al cielo!", boccheggia Martino, appoggiando la borsa davanti ai suoi piedi.
"Vieni,... vieni garzone", chiama la donna, dall'interno del piccolo stanzino.
Martino si guarda intorno, assicurandosi  che non ci fosse nessun altro, appoggia la spesa accanto alla porta ed entra dentro alla soffitta.
La camera si rivela essere un lungo corridoio stretto, impolverato pieno di scatole, luci di natale e un immenso armamentario per motociclisti.
"Wow", mormora il ragazzo, accarezzando un casco da moto nero.
È lucido, non c'è polvere, sembra quasi che sia appena stato lucidato.  Martino riesce a vedere il riflesso del proprio viso, persino la voglia accanto alla bocca.
Naturalmente, apparteneva all'uomo di casa, lo si capisce dal teschio che colora il lato destro del copricapo.
"Non toccare nulla!", esclama la signora, avanzando con una pila di libri, dalla copertina ingiallita e pieni di muffa, sotto il braccio destro.
"Sì, certo!".
"Ecco, tieni questi", dice la donna, buttando tra le mani del povero ragazzo i tomi pesanti, "sei giovane. Sicuramente, riesci a portare sia la spesa e sia questi romanzi".
Così Martino, si ritrova ad essere un mulo da trasporto piuttosto che un garzone.
"Muoviti! Non ho mica tutta la mattina, sai?", lo ammonisce Amanda.
Ogni minuto che passa, il ragazzino odia sempre di più quella donna ed il suo modo di fare.
Non riesce a capire come una persona così aspra e ruvida possa esser stata innamorata, solo per un secondo di un napoletano.
L'anima grigia e fredda della nordista si sente e si può toccare con mano, non è calda e colorata come le personalità dei terroni.
"Eccoci qua", borbotta la donna, arrivata al pianerettolo dove il numero dieci ramato, brilla alla luce del sole che entra grazie ad una piccola finestra sulla parete.
La pazza signora V. apre la porta delicatamente, invitando il ragazzo ad entrare.
L'appartamento si presenta con un piccolo salottino accogliente. In mezzo alla stanza ci sono due poltrone marroni in pelle, ai lati di un tavolo in vetro, decorato da un vaso rosso e da un mazzo di margherite bianche e gialle.
Martino deve ammettere la signora ha gusto. Ha arredato casa con passione amore. Lo si capisce nelle tende aranciate, lunghe sino al pavimento in legno, o nei tappeti persiani che corrono lungo per l'entrata.
La donna appoggia la borsa sopra al tavolino, si toglie i sandali massaggiandosi il piede.
"Avanti piccolo... non mordo! Abbaio, ma dobbiamo festeggiare. Chiudi la porta!", ordina la signora, sparendo dietro ad una vetrata scorrevole.
Martino, appoggia i libri sopra una poltrona e la spesa sopra l'altra ed osserva le foto esposte sopra ad un camino in mattoni a vista.
Sulla prima immagine si vedono due bambinette entrambe dai capelli biondi vestite con un abito rosso, davanti a San Marco. La più grande opera del mondo, secondo zio Antonio, la prima ovviamente è la Reggia di Caserta.
Sulla seconda è inquadrata una moto nera ed un ragazzo dai capelli ribelli e scuri che sorride.
Infine, la terza ritrae la pazza signora Amanda mentre bacia, quello che deve essere stato il signor Russo.
Martino non resiste, deve assolutamente poter analizzare quel ricordo.
Gli occhi della donna accarezzano dolcemente il viso del bel ragazzo, di cui il nostro amico riesce a studiarne il viso.
Ha la bocca sottile e poco annunciata, un naso molto importante che sembra essere stato messo lì da un'artista per capriccio o meglio ancora come dispetto con l'intenzione di rovinare l'armonia tra gli altri elementi fisici.
Martino sposta l'attenzione alla signora Amanda,... è felice.
Estasiata osa dire Martino, la giovane, nel ricordo catturato dalla polaroid, raffigura il ritratto della spensieratezza e della contentezza in persona. La chioma color grano diventano tutt'uno con la foresta incolta del napoletano.
"Ecco qua, due bicchieri di prosecco freschi freschi", canticchia la pazza signora V., rientrando con due calici pieni di un liquido dorato adornato da mille bollicine.
"Ecco io non potrei bere...", comincia il garzone, cercando di declinare la proposta della padrona di casa.
"Non diciamo stronzate! Hai più di dieci anni, giusto?", chiede la scrittrice, sedendosi sulla poltrona in cui c'era la spesa, adagiandola a terra.
" Sí certo, ma...".
" A casa mia, i bambini hanno cinque anni quando cominciano a berlo! Hanno più prosecco nelle vene del sangue", dice la donna fiera e spietata, "quindi tu puoi berlo!".
Il ragazzino spento ed amareggiato sorseggia un po' di quella sostanza frizzantina.
Aspetta un attimino per far cantare le proprie papille gustative per poi continuare a bere il restante liquido.
La pazza signora V.  stampa un sorriso, guardando il ragazzo intento ancora a studiare i ricordi sparpagliati sopra al quell'odiosa mensola.
"Sei mai andato a Venezia?", domanda la donna bevendo del Franciacorta.
"No... non ho mai avuto possibilità".
"Male! Molto male!", boccheggia la signora Amanda per poi tornare al sup calice, "noi veneti diamo per scontato la sua bellezza. Non ci rendiamo conto che città come Venezia, Padova, Verona o anche il piccolo borgo del Petrarca, sono opere di una storicità ed arte unicamente ineguagliabile".
"Bhe mio padre dice che dopo la reggia di Caserta, c'è San Marco...", afferma il giovane, scolandosi l'ultimo goccio di prosecco.
"Ah sì?", borbotta contrariata la padrona di casa, mettendo il bicchiere, oramai vuoto sopra il tavolino,"aspetta qui torno subito".
Martino ha paurq di aver offeso la bella vedova, ma non possiamo comparare l'estetica della costa napoletana con gli ornamenti marmorei che abbelliscono le città nel nord-est italiano.
Un rumore improvviso fa balzare il piccolo garzone, mentre la signora V.-avanza con due volumi inmensi di album di foto.
"Bene... come ti chiami garzone?" domanda la signora V. appoggiando sul tavolino i due tomi.
"Martino... Signora, ma tutti mi chiamano riccio a causa dei miei capelli" spiega il ragazzo accarezzandosi un piccolo cavatappi che gli nasconde l'occhio destro.
" Capito. Bene allora Riccio, ora ti mostro la mia terra: il Veneto!".

347#amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora