Capitolo 1

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Giorno 1384

Non so quanto tempo sia passato dall'ultima volta in cui ho visto il sole, in cui sono stata libera: libera di correre, di saltare, di cantare, di gioire e addirittura di piangere.

Dentro questa stanza buia e monotona non conta più niente.

 Non conta più nulla quando sei in un centro psichiatrico, dove ti isolano ancor di più dal mondo. Ma io non sono pazza. Mi ci hanno fatto diventare, è diverso. 

Da poco è entrata un'infermiera col mio pasto, non ho idea se sia pranzo o cena, non mi importa, lo ha lasciato accanto alla porta. Nessuno osa più avvicinarsi a me. Sono pericolosa. Non so cosa intendano con questo termine, non so più niente di niente, non so chi sono o chi ero. Non ho ricordi o emozioni. Solo voglia di liberarmi e mandare questi presunti medici a quel paese.

Nella mia stanza buia e vuota sento un' insolito rumore: il cigolio di una porta che si apre. Non mi volto a vedere chi è entrato nell'unica cosa di mia proprietà: la mia stanza.

Qualcuno mi si avvicina; una rabbia mista a paura inizia a crescere in me. L'invasore ha dei tacchi neri legati con un cinturino alla caviglia e un lungo camice bianco.
La donna accende la luce e con un grido animalesco mi nascondo sotto il letto. Odio la luce, grazie ad essa tutti mi possono vedere e giudicare ed è una delle cose che odio di più. La dottoressa si siede sul mio letto e fa finta di nulla iniziando a parlarmi come se non avesse paura di me. Ha la voce calda e leggermente vellutata, la odio.

Mentre picchietto l'unghia dell'indice sulla doga del letto la dottoressa si presenta:
-Salve. Sono la dottoressa Smith. Sono qui per aiutarti. Non devi aver paura, io posso capirti, posso aiutarti a liberarti da quel demone che ti porti dentro. L'ultima volta ce l'avevamo quasi fatta.
Non riuscendo più a sopportare le stronzate che stava dicendo le afferro le caviglie e inizio a tirarle, urla e si divincola ma la mia presa è forte. Cade e la tiro più forte sotto il letto.
-Lasciami! Animale!-  Le ringhio contro mostrando i denti pronta a conficcarglieli nelle carni. La sicurezza arriva presto e cerca di liberare la povera dottoressa Smith facendo forza opposta alla mia, lei non smette un secondo di urlare, il cervello non le funzionerà granché, come a tutti i suoi simili ma i polmoni funzionano fin troppo bene. Un omone della sicurezza tira più forte la Smith e riesce a liberarla, io rimango con una sua scarpa in mano che stringo forte tenendo il tacco rivolto all'esterno come fosse un' arma. Un altro della sicurezza mi spruzza dell'acqua in faccia e gridando a mia volta mi ritiro il più possibile nella mia ombra. Spengono la luce e escono dicendo:
-portatela in infermeria è stata ferita dal caso 77!

Ecco il mio nome: caso 77. Non ricordo se avevo un altro nome prima, ma spero di sì e spero che sia più bello di questo.

A butterfly in a jailDove le storie prendono vita. Scoprilo ora