Capitolo 36

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Quando l'uomo si avvicina, mi rendo conto che è un ragazzo.
Avrà più o meno la stessa età di Brian e la sua stessa altezza.

Le somiglianze terminano qui.

Il soldato ha i capelli biondi tagliati corti e due gelidi occhi grigi.
La mascella è squadrata e le labbra sottili sono serrate.

Il suo viso non ha alcuna espressione, nessun sorriso di sfida, alcuna rabbia. Alcun ghigno di soddisfazione si cela dietro agli occhi chiari.

Alza una mano e meccanicamente l'abbassa verso di me.
Riesco a bloccare il colpo con facilità.

Sta valutando.
Testa il mio livello di preparazione e lo paragona al suo.

Mi spaventa.
Sembra una macchina da guerra.

Passa alla mossa successiva, a quella dopo e a quella dopo ancora.
Va sempre più veloce ed io inizio ad avere qualche difficoltà.

Che razza di allenamento ha seguito?
Non è solo veloce e forte, è anche tecnicamente perfetto.
Non commette un errore ed io non trovo spazio per attaccarlo.

Mi colpisce allo stomaco.
Cado a terra.
Mentre mi rialzo noto che ha lasciato la porta della cella aperta.
Mi fiondo verso l'uscita.

Appena metto piede nel lungo corridoio, riesce a prendermi per un braccio e mi tira a lato.

Sbatto sul muro in pietra che divide la mia cella da quella del prigioniero alla mia destra.

Il colpo mi lascia stordita e per un secondo vedo doppio.

Riesco appena a schivare un pugno al viso e mi sposto di lato.

Questo lo lascia interdetto per un attimo e riesco a colpirlo alla spalla.

Si gira e mi guarda infastidito, quasi fossi una mosca che vola sul suo piatto.

Dalle piccole finestrelle nelle porte in ferro iniziano ad affacciarsi i prigionieri, richiamati da tutto quel rumore.

Il lato del corridoio da percorrere per aver accesso al piano superiore è occupato da lui.

Ma io non ho mai pensato di riuscire a scappare, so di non poterci riuscire.
Per ora penso a sopravvivere.

Corro lontano dal ragazzo.
Vado verso i bagni.

Fortunatamente la porta è aperta.
Corro verso il pulsante che aziona le docce.

Appena entra anche lui nella stanza, lo premo.

Il rumore dell'acqua scrosciante lo porta a girarsi istintivamente da quella parte, lato opposto al mio, dandomi in tal modo le spalle.

Gli salto sulla schiena e mi avvinghio al suo collo in un disperato tentativo di soffocarlo.

Sbatte contro il muro usando me come scudo, cercando di farmi cadere.

Resisto sperando che la mancanza di fiato gli dimezzi le forze.
Purtroppo la dea bendata devo averla  lasciata qualche centinaio di chilometri lontana.

La sua resistenza respiratoria è molto sopra la media ed io sono troppo debilitata per poter resistere ancora.
Lascio la presa, sono distrutta.

Mi rialzo nonostante i dolori ovunque.
Se resto a terra è finita.

Lo guardo in viso e sento un pizzico di soddisfazione solleticarmi lo stomaco.
Ha la faccia rossa ed il collo irritato.

Questa volta è arrabbiato e temo che fino ad adesso non abbia fatto sul serio.

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