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Questa volta c'erano lacrime, ma non sul muro, sul mio viso. Non so esattamente perché stessi piangendo, forse era per tutto quello che stava succedendo in quel periodo messo insieme. Ero più triste e isolata del solito. Ho sempre sofferto di 'bullismo', a scuola, in palestra. Semplicemente mi prendevano in giro ovunque. Questi anni al liceo mi avevano resa più forte e ora anche se quasi nessuno mi diceva più niente non mi importava più, anche perché ora c'era un problema più grande nella mia vita, che non potevo combattere, perché veniva da dentro di me, ero io il mio problema. Era da due anni ormai che sapevo di non essere etero, e mi accettavo, ma il punto erano i miei genitori, che continuavano a parlare male degli omosessuali ogni giorno, e io, ogni giorno, morivo sempre di più. Leigh-Anne era l'unica a sapere questa cosa di me e mi consolava sempre, anche se le sue parole non risolvevano tutto, un po' riuscivano a farmi stare meglio. Ora c'era questa stupida canzone, alla quale io mi ero attaccata, forse troppo. Quella ragazza mi aveva risposto quanto, due? Tre volte? Eppure per me era già diventata un abitudine. Era diventata routine e mi faceva sorridere vedere le sue risposte, ma quel giorno, che, per la seconda volta di fila, non mi aveva risposto, scoppiai in lacrime. Era venerdì, quindi sarei stata due giorni senza poter controllare il muro, ma tanto ormai non sapevo più se essere felice o triste per questo impedimento. Mi asciugai le lacrime e tornai in classe un secondo prima che Lee venisse a chiamarmi.

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