Capitolo 13

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La ragazza dalla pelle di porcellana tornò nel buio.
Attraversò la notte.
Sorpassò l'oscurità.
e raggiunse il Nulla.
Quello spazio infinito e indistinto, dove il destino veniva scritto.
La ragazza camminava cauta evitando la Ragnatela di capelli che si snodava ovunque in quell'angolo di universo brillando lievemente.
Doveva arrivare all'inizio di quella ragnatela se voleva fare ciò che si era prefissata di fare.
Continuò ad avanzare nell'oscurità seguendo i fili della ragnatela e infine arrivò lì.
Al centro del Nulla.
Davanti al Divino Nulla.
La ragazza lo osservò.
Una figura dai lineamenti maschili stava seduta composta su un trono sopraelevato e interamente coperto di capelli, lunghi, lisci e setosi capelli bianchi che ricadevano morbidi fino al suolo per poi intrecciarsi nella ragnatela. La pelle era di un pallore spettrale ma sottolineava il fisico efebico della figura che era comunque velato da quella massa infinita di capelli.
La ragazza s'inchinò davanti a lui.
"Mio Signore..."
Lui aprì gli occhi, erano totalmente neri: sclera, iride e pupilla erano un tutt'uno formando una superficie di un nero profondo e inquietante.
"Dimmi..."
disse tendendo le sue orecchie appuntite per sentire meglio la flebile voce della ragazza.
"Non voglio più assistere a tutto questo..."
Finalmente l'uomo spalancò anche il terzo occhio che aveva sulla fronte facendo correre un brivido lungo la schiena della mora.
"Credo di non aver sentito bene" scese dal suo trono illuminando lievemente la stanza grazie alla luce emanata dalla sua figura.
"Non voglio più assistere alle morti!" gli urlò in faccia la ragazza "Tu non sai com'è stare lì !"
L'oblio negli occhi dell'uomo si fece più intenso.
"Tu stai dicendo a me... che io La Conoscenza non so come sia stare lì?" un sorriso malato gli crepò il volto "Tu... un inutile piccolo Specchio, cos'è hai lasciato che qualcuno ti attraversasse di nuovo? O stare troppo a contatto con le anime ti ha resa debole?"
La ragazza indietreggiò lievemente percependo in qualche modo una sorta di pericolo.
"Io... vorrei solo sapere com'è.."
"Lo so che vorresti sapere com'è. Ma non puoi."
"Ti prego"
"Non ci provare"
"O forse non ne sei in grado?" la mora alzò un sopracciglio cercando di colpirlo laddove era più debole.
"Non usare questi trucchetti ti prego" le rispose lui scocciato "Con chi credi di avere a che fare? Laggiù tutti mi adorano: Dio, Geova, Jahvè, Zeus, Wotan, Brahmana cavolo se non avessi memoria perderei il conto con tutti i nomi che mi hanno dato... Vuoi davvero essere spedita laggiù solo per farti una vita insulsa e poi morire come tutti gli altri?"
"Voglio provare... poi tornerò a servirti come prima... ti prego Keter.. ho visto abbastanza morte"
L'uomo fece un gesto con la mano e dal fumo che si generò dalle sue dita creò una bambola: la pelle era azzurra, gli occhi di un rosa innaturale e i capelli bianchi come la neve.
"Non sarai un umana qualunque, dopotutto ti dovrei dare anche qualche privilegio non credi?"
"Per tutti gli anni in cui ti ho servito?"
"Esatto piccola" prese la sua mano e con un gesto fluido e calcolato la rinchiuse nella bambola "Ma non avrai ricordi di tutto questo... almeno finchè non morirai"

Si aprì un buco di luce nel nulla.
Keter sorrise e la lasciò cadere nel mondo.
Un riflesso era.
I riflessi avrebbe controllato.
Uno specchio era.
Negli specchi si sarebbe rifugiata.
Keter chiuse la fessura tornando al suo trono al centro del nulla.
Aveva altre cose da fare.
Destini da decidere.
Morti da orchestrare.

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