Assassino

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Il getto bollente della doccia sembra quasi ustionare il mio corpo gelato dall'allenamento sotto le tipiche tempeste autunnali. Il fondo del box doccia è invaso dal vapore dell'acqua, che risalendo per i pannelli di vetro, vola fino alle narici, aprendo e rilassando la mente in modo naturale, qualcosa di provato nemmeno sotto l'effetto delle mie solite droghe. Passo qualche minuto con la fronte appoggiata al vetro dello sportello e il getto del docciolo che da dietro riscalda la mia schiena in preda ai brividi. Le goccioline che colano dai capelli sono ghiacciate, quasi non provenissero dalla stessa fonte da cui proviene il forte getto che mi ustiona la schiena, porca troia, sposto il docciolo e tiro un leggero sospiro di sollievo appena la mia schiena non bolle più, sollievo che poco dopo svanisce, sostituito da dei brividi di freddo, possibile che ogni doccia finisca così? Smetto di perdere tempo e inizio ad insaponarmi, prima il corpo e poi i capelli, dopo essermi sciacquato esco dalla doccia e mi avvolgo un asciugamano in vita. Messo il primo piede fuori dal box doccia, l'impatto con l'aria fredda della stanza crea una serie di brividi che percorre tutta la schiena. Apro di poco la finestra per far uscire il vapore dalla stanza, una volta che il vetro dello specchio torna limpido, posso vedere chiaramente, la mia immagine riflessa, l'immagine di un ventiduenne che non si rade e non si taglia i capelli da ormai parecchi mesi.

«Mosè si è tagliato la barba, finalmente!» nemmeno il tempo di entrare che Julian già rompe il cazzo, chissà che bella giornata mi aspetta.
«Non è aria» passo dritto tirandogli una spallata.
«Che cazzo vuoi?» sembra non averla presa troppo bene, me ne sbatto il cazzo, palestrato o no,  cambia un cazzo. Nessuno mi batte.
«Qualche problema?» mi giro a guardarlo dritto negli occhi, è più basso di me di qualche centimetro, ha la tipica carnagione di un nigeriano, dread neri, lunghi fino alla fine della schiena, braccia muscolose e leggermente sproporzionate rispetto al resto del corpo, palestrato e ben marcato, ma sempre meno del mio.
«Ehilà Jackie Chan, che ne dici di stare un po' a cuccia e venire a concludere qualcosa?» Igor e il suo tono saccente della merda iniziano davvero a rompermi i coglioni, e non perdo un attimo per renderlo chiaro.
«Che cazzo hai detto?» ringhio, questo pomeriggio inizia a darmi una sensazione orribile.
«Moccioso, stai a cuccia» continua imperterrito con il suo tono, mi sa che ha bisogno di schiarirsi le idee.
«Vedo che finalmente ci hai degnati della tua presenza, Jackson» una voce con un accento russo inconfondibile, proviene dalle mie spalle. Sto zitto e mi butto su uno dei tanti divanetti del locale, chiamarlo locale è un complimento. È una delle semplici topaie del ghetto, un po' più evoluta considerando che ci serve per le riunioni. In realtà era da settimane che non partecipavo, in fin dei conti, Aleskei non ha poi tutti i torti a rimproverarmi. Ma comunque, soltanto io posso decidere cosa fare. «Hai terminato la tua reclusione?» continua aprendosi una lattina di birra. Quale reclusione? Ah, sì. Mi sa che allora è qualche mese che non mi faccio vedere, altri che settimane.
«Sì, non è stata poi così male la prigione» ed era vero, avevo avuto abbastanza tempo per pensare a che fare della mia vita. A ventidue anni, spacciatore, tossicodipendente, alcolista, pluriomicida, partecipante a qualche gara clandestina, giusto due o tre al giorno, una quindicina di denuncie alle spalle, solite cose, spaccio, guida in stato di ebrezza, stupro.. E non ho nemmeno finito le medie. Penso proprio che continuerò così, utile il carcere, eh? Poi vabbè, la depressione post-carcere non c'entra nulla, credo..
«Perfetto, non mi interessa» e allora perché cazzo l'hai chiesto? «Direi che per te è ora di tornare sul campo, o sbaglio?» termina il glorioso discorso.
«Ma sì, dopo tre mesi in carcere perché non rischiare anni per rapimento?» dico ironico, Aleskei scoppia in una fragorosa risata, mentre gli altri mi guardano come se avessi appena stuprato la Madonna.
«Quindi la prigione ti ha davvero cam-» Igor, il più sorpreso fra tutti, prova a parlare quasi balbettando.
«No, ero ironico» gli anticipo il finale e sembra riacquistare gli anni di vita persi dallo spavento.

Mi butto dalla finestra del secondo piano e mi nascondo dietro il cassonetto della spazzatura, e pensare che dicevano che fare parkour non mi sarebbe mai servito, probabilmente se avessi seguito le norme no, ma non l'ho fatto quindi pace all'anima loro.. Pensandoci bene, dovrei metterli a dormire sul serio. Uno sparo.
«Figli di puttana! Sono scappati» non penso mai, e lo faccio solo quando non è il momento, fantastico Jackson, sei un genio indiscusso del male. Guardo il rolex argenteo attaccato al mio polso destro, è esattamente un'ora e mezza che siamo qui e 'sti coglioni del clan di Malcom sono ancora vivi, bisogna rimediare. Appena sono sul punto di alzarmi sento dei passi dietro di me, dall'altra parte del muro, e allo stesso tempo vedo Julian saltare dalla finestra accanto a quella da cui sono saltato io, seguito da altri tre tizi. Solleva il cassonetto e lo lancia addosso a due di loro, al contempo salto addosso al terzo, gli prendo la testa fra le mani e gliela giro, come twilight o come si chiama, solo che lui non è un vampiro ma un delinquente, come me. Si accascia a terra nel giro di pochi secondi ma da dietro arriva il tizio che sentivo alle spalle, mi pianta una pallottola nella spalla, il dolore è lancinante ma non mi sbilancio, anche perché Julian è a terra steso privo di sensi, credo il lancio sia stato abbastanza pesante per lui, sia quello dalla finestra sia quello del cassonetto.
«Dov'è Aleskei?» chiede puntando la pistola dritto davanti a me. «Dimmelo e vi lascerò vivere» aggiunge ridendo.
«Credi che se lo sapessi sarei qui?» non ho paura, un buffone del genere non può farmi paura. Gli salto addosso e non fa in tempo a premere il grilletto che si ritrova con la faccia appiccicata al terreno. «Chi è che non lascerai vivere?» lo scimmiotto.
«Voi» mi giro verso la voce e mi ritrovo Malcom a pochi metri con una pistola puntata contro di me e una contro Julian, che prova ad alzarsi ma con scarsi risultati.
Da dietro di lui spunta Aleskei con il furgone bianco, lo parcheggia a pochi centimetri dall'uomo che immediatamente ripone le armi ed alza le mani.
«Quanto tempo» Aleskei scende dal posto di guida del furgone e si avvicina per parlare con Malcom «Sei diventato più ragionevole, ed io che temevo di dover usare il fucile»

«Allora Jack, com'è andata oggi?» Nathan mi stava tartassando di domande da quando aveva visto la fasciatura alla spalla, è autunno e nonostante tutto non mi separerei mai dalla mia amata abitudine di stare senza maglia, figa assicurata.
«Te l'ho detto, siamo riusciti sia a prendere loro che a mettere a cuccia Malcom, in più abbiamo anche fottuto qualche cosa di valore» rispondo appoggiandomi allo schienale del divano. Accendo una sigaretta e ne passo una a Nathan, che rifiuta, come suo solito.
«E allora la spalla?» è visibilmente preoccupato «E Julian?»
«Te l'ho detto, alla fine è andato tutto per il meglio, basta fare domande, mica non ti volevi immischiare?» nonostante Nathan frequenti il mio stesso giro, ma soprattutto me, Julian ed Edward, ne è sempre rimasto fuori dalle cose pesanti. Conosce Aleskei, Igor e talvolta viene a vederci alle gare, si ubriaca ogni tanto e si rolla qualche canna, ma nulla di più.
«Sì, ma..» cerca di rispondere, si preoccupa per noi e lo capisco, ma se siamo nel giro un "perché" ci dovrà pur essere, ed è perché siamo abbastanza forti per farlo.
«Ma niente, avanti andiamo ad ubriacarci!» dico buttando la sigaretta sul pavimento del locale.
Dopo una o due ore fra Vodka, tequila, rum, ashish, scopate, musica trash a tutto volume ed aver perso Nathan, esco dal locale attraverso la porta antincendio e mi butto su una panchina. Una mezz'oretta dopo vengo svegliato da delle gocce d'acqua che piombano sulla mia faccia, prima piano e poi sempre più burrascosamente. Prendo il cellulare e vedo che sono ormai le 4 del mattino, lo sblocco e vado alle notifiche di whatsapp, trovo un messaggio di Nathan:
“Ho fatto colpo, ci vediamo domani! Nottee~”
Perfetto, ora mi tocca farmela a piedi sotto la pioggia, da solo. Che palle. Mi alzo dalla panchina e inizio a camminare, in strada non c'è nessuno.
Nel giro di pochi attimi mi ritrovo con una ragazzina in braccio piombata da chissà dove. Ma che cazzo?
«LASCIAMIII!» urla, scalcia e si dimena. La mollo e casca per terra sbattendo la schiena. Alza lo sguardo e mi trucida con gli occhi. Ha i capelli argento, quasi bianchi, raccolti in una coda di cavallo, occhi neri come la pece, due piercings sul sopracciglio destro e per il resto non vedo più nulla a causa della mascherina nera che porta, le copre il naso e la bocca. «Che cazzo di modi sono?» chiede con tono aggressivo.
«Tu mi sei piombata addosso, e tu mi hai detto di lasciarti» la fulmino con lo sguardo, nel mentre, lei si alza e si spolvera la gonna. Soltanto ora noto quanto sia.. Incredibilmente bassa, porca troia una lattina sarebbe più alta, cazzo fa? Le medie?
«Sì sì, come ti pare» finisce di sistemarsi e mi guarda «Cazzo hai da fissare tanto?»
«Quanti anni hai scusa?» chiedo, sono curioso. Non si può essere così bassi, dai..
«17, perché?» scoppio subito a ridere, non ci credo.
Visibilmente incazzata gira i tacchi e se ne va, tacchi che non ha considerando che porta soltanto le calze, sopra quelli che dovrebbero essere collant? Ha lottato contro una tigre o cosa? Hanno più buchi del mio conto corrente. Soltanto ora mi rendo conto di che gambe abbia, cioè, oddio, la gonna nonostante sia a vita alta, le arriva quasi al ginocchio, quindi vado ad intuito.
Riprendo la mia strada che per puro caso è la stessa che percorre lei, e sembra accorgersene.
«Mi stai seguendo, per caso?» chiede d'un tratto fermandosi, a momenti non le finivo addosso.
«No» rispondo secco.
«Sì» ribatte lei, cazzo di mocciosa.
«Ti sposti o no? Dovrei passare» dico indifferente.
«No, perché mi segui» ma è seria?
«Ascoltami bene, mocciosa. Non amo perdere tempo e se soffri di manie di persecuzione, la colpa non è mia» la prendo per la maglia, sollevandola leggermente da terra. Non sembra aver paura, anzi, sembra essere sul punto di scoppiare dalla rabbia.
«Ma chi cazzo pensi di essere, mollami immediatamente o ti cavo gli occhi» tira fuori un cacciavite da sotto la gonna, dove cazzo.. La mollo e cade di nuovo per terra, cazzo è? Bambi i primi secondi di vita?
«Credi di farmi paura, mocciosa?» le scoppio a ridere in faccia. Nell'esatto momento in cui sta per rialzarsi passa una macchina che si ferma a pochi centimetri da noi.
«Ehi, bambina. Vuoi un passaggio?» un uomo di all'incirca quarant'anni, si affaccia da una BMW nera. La guarda leccandosi il labbro inferiore nel mentre che lei si sistema la gonna, sono proprio curioso di vedere cosa farà ora.
«Se vuoi te lo do io un passaggio, a calci in culo» sputa acida una volta rialzatasi.
«Ehi, ragazzina occhio a come parli» il tipo apre lo sportello e scende dalla macchina dirigendosi verso di lei, che non sembra minimamente spaventata dall'armadio che le si sta parando davanti. O è stupida, o è un uomo.
Nulla ha più il tempo di accadere che la tempesta impervia.
I tuoni spaccano il silenzio tipico di una strada provinciale alle 4 del mattino, vabbè, oltre al rombo dell'auto dell'uomo che, data la tempesta, lascia perdere la mocciosa e se ne va.
I fulmini spaccano il nero intenso del cielo.
La pioggia cade violentemente dal cielo, ma lei sembra non accorgersene, incantata dallo spettacolo di acqua, tuoni e fulmini che ci si para davanti.
Take we down to the paradise city, where the gr- la suoneria del suo cellulare interrompe l'armonia creatasi dall'ambiente. Chiude la chiamata appena visto il mittente e se ne va, buttandomi un ultimo sguardo intenso.. Che ricambio con un medio.

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