Prologo

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Correvo veloce, troppo veloce. Mi girai e, accorgendomi di averli finalmente seminati, rilasciai un sospiro di sollievo.
Non ce la facevo più a continuare, ero esausta.
Volevo solo tornare a casa, ma i miei piedi erano troppo stanchi per trovare la giusta via.

Per l'ennesima volta io, Lily Valery Wilson, ero riuscita a scappare dai miei inseguitori.

Mi arrampicai su un albero, nascondendomi tra le foglie di un verde opaco, per riprendere fiato.
Chiusi gli occhi e mi concentrai su ciò che mi stava succedendo attorno.
Sentivo ancora i loro passi attutiti dal terreno umido del bosco, che però creavano il leggero e fastidioso scricchiolio delle foglie autunnali calpestate.
Erano lontani, questo mi fece rilassare.
Usando i miei poteri feci crescere altre foglie intorno a me, in modo da essere più coperta da sguardi indiscreti, e restai immobile finché non se ne furono definitivamente andati.

Erano due secoli che scappavo dalla Dark Side, la congrega più potente di creature sovrannaturali di tutto l'universo e, probabilmente, avrei dovuto continuare a farlo per l'eternità.

Scesi dall'albero atterrando in piedi e lentamente mi diressi verso la mia nuova casa, o meglio, la mia vera casa.
Era strano, dopo centocinquant'anni, tornare a percorrere i sentieri in cui avevo giocato spensierata da bambina, quando ancora vivevo indisturbata con la mia famiglia, nel bosco vicino al portale.
Nell'Off Land, un universo parallelo all'Hunting Ground, il mondo degli umani, e abitato solo da creature sovrannaturali, era difficile nascondere una come me.
I miei genitori avevano costruito la nostra casa tra il branco dei Brown ed il portale per il regno degli uomini, uno dei pochi esistenti.
Esso conduceva direttamente a Schellsburg, in Pennsylvania, così che potessi sempre avere una via di fuga nel caso qualcuno mi stesse minacciando.

Perché tutti mi cercavano?

Semplice, per la mia unicità.
Ero l'unica ibrida sia vampira che licantropa esistente al mondo e, come se non bastasse, la mia parte da lupa era da alpha, garantendomi poteri ancora maggiori a quelli dei normali licantropi.
Neanche i miei genitori erano mostri tanto normali: mia madre, Sarah Brown, la figlia dell'alpha del branco dei Brown, si innamorò di Michael Wilson, uno dei piu potenti vampiri del mondo, che ricambiò follemente il suo amore.

Essendo nemici naturali, andarono contro il mondo per continuare a far vivere la loro relazione, ma questo non impedì loro di rinunciare alla felicità.
Si sposarono ed ebbero una figlia, me, il loro tesoro più grande.
Una storia d'amore così difficile non poteva che avere altre complicazioni: per i primi anni tutto sembrò andare per il meglio, vivevamo felici, uscivamo poco ed io mi crogiolavo nelle loro attenzioni.

Con il passare del tempo però, crescendo, mi feci un'adolescente ribelle e la casa ed il cortile iniziarono a non bastarmi più: avevo bisogno dei miei spazi.
Studiavo là dentro, ero informata su tutto, ma volevo vedere il mondo esterno con i miei occhi, la carta non mi bastava più.
Fu quello il motivo per cui, il giorno del mio diciottesimo compleanno, ebbi un'accesa discussione con i miei.
E, sempre quello, fu il motivo per cui la sera stessa fuggii dalla mia dolce ed accogliente camera, saltando giù dal tetto.

Volevo un'avventura.

Non mi sarei mai aspettata però che il mondo esterno fosse tanto diverso da quello descritto nei miei amati libri.
Non potevo neanche immaginare ciò che avrei causato uscendo allo scoperto.
Quando in un locale, ubriaca, mi ritrovai a sfoggiare la mia vera natura contro un altro vampiro, che mi aveva dato una pacca sul culo, aggredendolo, non avrei mai immaginato che tutto il bar mi si sarebbe accanito contro, cercando di uccidermi.
Non riesco a ricordare i dettagli, ero troppo sbronza per quello, so soltanto che, in qualche modo, riuscii a scappare.
La mattina dopo, quando tornai a casa, scoprii che tutto era cambiato: la mia copertura, di cui io non immaginavo neanche l'esistenza, ormai era saltata.

Nessuno poteva accettare l'esistenza di un essere così potente.
Venni vista come una minaccia e si scatenò una violentissima guerra per uccidermi.
Le famiglie di Sarah e Michael decisero di combattere per proteggermi, ma, anche loro, con l'arrivo della Dark Side, voltarono le spalle ai loro figli e, nella disperata ricerca di ricchezze, furono i loro stessi carnefici.
Da quel giorno non sono più invecchiata, ma questo non mi rese felice: da allora la mia memoria è caratterizzata più che altro da immagini di carneficine e battaglie.
I miei genitori cercarono di tenermi al sicuro per anni e di respingere gli attacchi con l'aiuto dei loro familiari, ma il giorno in cui i nostri cari ci lasciarono scoperti ed in cui li vidi morire davanti ai miei occhi, senza poter far niente per impedirlo, arrivò ugualmente e, a ventitré anni, piena di sensi di colpa, decisi di dare un taglio a tutto e sparire, simulando la mia morte.

Inutile dire che non funzionò.
Da allora scappavo da tutto ciò che riguardava il mio passato, ma soprattutto dalla Dark Side.
Lato Oscuro, nome perfetto per dei tiranni che mi volevano al loro fianco a tutti i costi.
Mi avevano seguita ovunque, non sopportavo che riuscissero sempre a trovarmi, in qualunque universo fossi.

Ormai ero diventata una specie di leggenda, una di quelle che si raccontano ai bambini per farli andare a dormire.
Non c'erano più prove certe della mia nascita, avevano cercato di cancellare ogni traccia della mia esistenza per non portare disonore alla memoria della figlia dell'alpha.
La mia storia, però, divenne così affascinante che venne tramandata oralmente, subendo modifiche e integrazioni avvincenti che rendevano impossibile dimenticarla.

Per cercare di fermare anche quel mezzo di diffusione gli anziani crearono un'altra leggenda che narrava: "Se il suo nome tu dirai, davanti te la troverai".

Da allora, nonostante le nuove generazioni di licantropi dei Brown non credessero realmente in me, il mio nome non venne più nominato.
Probabilmente, però, qualcuno non aveva tenuto bene la bocca chiusa, perché io ero tornata e non avevo intenzione di andarmene.

Quella era casa mia.

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