Capitolo 1

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Era da quasi 24 ore che viaggiavo in treno, dal più profondo dell'Italia avevo intrapreso il viaggio per la Germania. Era fine ottobre ma non sapevo come spegnere il riscaldamento e quindi faceva piuttosto caldo sul treno. Non avevo quasi dormito per colpa del caldo, trascorsi il tempo leggendo e disegnando. Mi ero portata soltanto una valigia nera che pesava tantissimo, anzi troppo, e il solo pensiero di sollevarla al momento dell'arrivo mi stancava. Oddio! Mi annoiavo così tanto da dedicare interi minuti alla mia valigia. Feci una smorfia strana per togliermi questo pensiero insignificante dalla mente e mi alzai per andare in bagno. Il rumore frastornante del treno aumentava una volta uscita dalla cabina e mi infastidiva parecchio, vista la mia mancanza di sonno. Mi guardai allo specchio, aprì il rubinetto e bagnai le mani sotto l'acqua, era fredda, mi piaceva. Ero in piedi con l'acqua che scorreva e mi rinfrescava. Continuai ad osservare il mio viso allo specchio. La stanchezza del viaggio si faceva notare, soprattutto grazie alle occhiaie, ma del resto quelle erano parte di me da tempo ormai. Mi bagnai la faccia e osservai il mio volto sottile, ero piuttosto magra. Insomma, una ragazza come tante e per nulla dall'aspetto di una tedesca, anzi, ero un perfetto mix tra mio padre (italiano) e mia madre (tedesca). Occhi e capelli di un castano ben definito presi da papà, labbra sottili color rosa e il viso sempre pallido come la mamma, anche se avevo trascorso gli ultimi 8 anni in un piccolo paesino nel sud dell'Italia, sotto il sole caldo della calabria. L'Italia. La mia casa. La mia famiglia. Quanto mi mancheranno. Superato il momento di nostalgia e tristezza mi schiaffeggiai leggermente per svegliarmi un pochino e tornai al mio posto.

Guardando fuori dal finestrino iniziai a riconoscere la città, mancava poco. Tante volte sarei voluta tornare a vivere in Germania, mi ci bastava una settimana di vacanza per cambiare idea e richiamarmi in mente tutti i suoi difetti. Infatti, adesso, non ne avevo nessuna voglia, anzi, mi sentivo quasi costretta dopo che mia madre mi aveva ripetuta per un anno intero quanto fossi fortunata ad avere la possibilità di studiare all'estero visto che parlavo la lingua. Mia madre, Anna, è una tosta. Ne ha passate tante nella vita e per i suoi figli vuole che realizzino tutto ciò che lei non ha mai avuto occasione di fare. È una donna molto bella, bionda con gli occhi blu profondo, come il mare. Insomma, una vera tedesca. Bella. Seria. E severa. Dopo essermi convinta di questa scelta (o anche no) cercai quindi di vederci qualche lato positivo. Amavo leggere e amavo le lingue e avrei studiato lettere e filosofia in un'università frequentata da grandi filosofi. E chi sa cos'altro mi aspettava nella mia vecchia città, Hamburg.

Il treno iniziò a rallentare e vidi la stazione centrale e una folla di persone. Avevo addosso un pantalone lungo, stretto e una maglietta rossa. Mi misi la felpa di lana che mi aveva regalata mia nonna a natale e presi la mia valigia nera pesantissima. Fuori dal treno faceva piuttosto freddo, infatti era già sera. Cercai con gli occhi mio fratello e mia zia tra la folla. Mio fratello, Bruno, era tornato in Germania un anno prima di me, non andava tanto d'accordo con i miei. Ma in realtà andava d'accordo con pochissime persone. Mia zia Amanda, la sorella di mia madre, viveva sola. Aveva 30 anni ma non era sposata o fidanzata. Erano solo lei e il suo gatto, stava bene senza compagnia. Un vizio di famiglia d'altronde, anche mio fratello era un tipo solitario. Loro due non avevano un bel rapporto ma avevano promesso che mi sarebbero venuti a prendere insieme alla stazione. La folla sparì ma nessuna traccia di loro due. Mi sedetti su una panchina e aspettai.

-'Hai bisogno di una mano?' mi chiese una voce maschile in tedesco. Alzai la testa e davanti a me, in piedi, c'era un ragazzo. Era moro con gli occhi scuri, quasi neri, aveva un pochino di barba e un sorriso gentile. Indossava un pantalone blu scuro e una felpa grigia, le mani in tasca, e una chitarra sulla spalla. Mi guardava in attesa di una risposta.
-'Ehm, no. Cioè. Io. Sto aspettando che mi vengano a prendere.'
-'Capito, ma non è consigliabile per una ragazza stare sola in stazione a quest'ora.'
Lo guardai incredula e poi mi guardai intorno. Faceva già buio ma c'erano ancora persone in giro per la stazione e quindi il pensiero di aspettare da sola non mi spaventava.
-'Non ti preoccupare per me, mio fratello e mia zia dovrebbero arrivare tra poco.' gli dissi io, sorridendo.
Ricambiò il sorriso e si sedette vicino a me.
-'Aspetto con te.'
Sembrava simpatico ed era carino e non poteva avere più di 20 anni. Osservandolo bene mi resi conto che non sembrava affatto tedesco, anzi, più un tipo mediterraneo.
-'Sei tedesco?' gli chiesi in modo piuttosto sfacciato.
Lui rise.
-'No, turco. E tu?, Sei tedesca?'
-'Mezza!'  Gli risposi.
-'E l'altro mezzo cosa sarebbe?'
-'Italiana'
-'una bella italiana' mi disse lui in italiano.
-'Parli italiano?'
-'No, giusto qualche parola, ho degli amici italiani'
Gli sorrisi come una bambina imbarazzata. Lo avevo appena conosciuto ma mi piaceva parecchio, sembrava un tipo a posto. Appunto. Sembrava.

Emma - Un Amore Sbagliato Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora