II - Baci di consolazione

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"Solo un bacio, alla fine volevo solo un bacio, perché sapevo che se ci fossimo dati un bacio, lei non avrebbe più avuto la forza di andarsene così.
In quel bacio le avrei trasmesso il percorso delle nostre vite da quel momento in poi.
E il senso di ciò che per molti conta quasi poco o niente, per me è un niente che è tutto.
Perché un bacio non è un trofeo, perché non ho mai sentito nessuno vantarsi di aver baciato qualcuno, come a volte ho sentito fare per il sesso.
Un bacio per me significa:
"Da questo momento, da adesso in poi, starai con me".
Il fatto che qualcuno possa ridere del mio modo di amare, l'ho sempre accettato senza problemi, anzi spesso mi ha salvato, perché è chi ha capito questo, che sa amare come me, conosce cosa sia l'intimità e io voglio solo un amore così.
La storia per me inizia dopo il primo bacio.
Non a caso le persone che smettono di amarsi, a volte continuano a fare sesso, ma non si baciano più."

-Massimo Bisotti-

"Auguri!" urlarono in coro quando John stappó la bottiglia di spumante.
Il tappo di sughero colpí il soffitto, per poi ricadere a terra con un tonfo sommesso dalle grida degli invitati.
La schiuma bianca colava veloce sul vetro verdognolo.
John si attaccò rapido al collo del recipiente per recuperare più liquido possibile.
Intanto i suoi amici lo incitavano a versarne un po' anche nei loro bicchieri di plastica. Erano assetati ed impazienti.
John nemmeno ci badava a quelle tante mani tese verso di sé; stava pensando ad altro.
Cazzo, ora era maggiorenne.
Assaporava l'alcol che gli sollecitava le papille gustative e sentiva una scarica di adrenalina scendergli giù per la gola, attraversare petto e torace, fino ad arrivare alle punte dei piedi.
Ma quel vino non bastava più; vodka, ecco cosa voleva.
Appoggiò la bottiglia sul tavolo, lasciandola incustodita. Tempo due minuti e i suoi amici se la sarebbero scolata.
Cercò tra gli armadi della cucina, spalancando le ante in legno e facendole sbattere ogni qual volta non avesse trovato ciò che voleva.
Quando la trovò, nascosta dietro ad alcuni scatoloni di carta, l'afferró soddisfatto e la scrutó manco fosse un tesoro.
Svitó pian piano il tappo metallico ed iniziò a sorseggiare la bevanda alcolica.
In quel momento la musica martellante proveniente dall'impianto stereo, si fermò di colpo, lasciando regnare un silenzio quasi fastidioso, assordante.
L'unico lieve suono udibile era il deglutire persistente di John, che non aveva intenzione di lasciarne nemmeno un goccio di quel liquido trasparente.
E tutti a guardarlo e ad implorarlo di condividere quella bottiglia.

Nessuno invece faceva caso ad un altro rumore, ancor meno udibile; Cris se ne stava seduta su una poltroncina posta in un angolo della stanza, accanto alla stufa accesa.
Il fuoco scoppiettante copriva il rumore dei suoi singhiozzi e del suo respiro affannato.
Le lacrime le rigavano le guance ormai arrossate ed il sapore salato persisteva sulle sue labbra umide.

"Cosa c'è?", le domandò una voce. Era John.
Il ragazzo aveva abbandonato a malincuore anche la seconda bottiglia, lasciandola tra le grinfie degli altri predatori, quando aveva notato la sua amica in quelle condizioni.
Cris lo ignoró; non mosse lo sguardo fisso a terra e continuò a comcentrarsi sulle sue nocche graffiate che mordeva nervosamente.
John si accovacció accanto alla poltrona, stando attento a non cadere. "Guardami Cris", sussurrò. Ma lei non ne voleva sapere.
Poggiò due dita sotto al suo mento e le sollevò il viso per incrociare i suoi occhi bagnati di lacrime.
Cris non voleva farsi vedere in quello stato; si asciugó il volto con la manica della felpa bianca, che macchió di mascara sul polsino.

Il ragazzo la prese per una mano e la fece alzare. Poi la trascinò a fatica nel cortile esterno a casa sua, dove si sedettero su una panchina.
"Vuoi una?" le domandò John tirando fuori da tasca un pacchetto di Marlboro.
Ella annuì con un lieve movimento verticale del viso.
Una volta accesa la sigaretta posò la testa sopra la spalla del suo amico, chiuse gli occhi e lasció che il lieve venticello estivo le scompigliasse i capelli mossi.

"Ora mi spieghi cos'è successo?", interruppe il silenzio John.
La ragazza sollevò lentamente il volto impaurito nella sua direzione; si sentì ancor più debole alla perdita di quel contatto fisico.
John poté osservare i suoi occhi verdi, ancora lucidi ed arrossati, che brillavano al chiarore della luna piena.
Ebbe pochi secondi di tempo per ammirarli; poi lei abbassò le palpebre e prese un respiro profondo.
Dalla sua bocca uscí soltanto una parola, o meglio un nome, sussurrato con voce tremante, quasi impercettibile: "Lucas."
John aspettó aspettò che continuasse a parlare, incalzandola con un cenno del viso.
Ella allora riprese, con voce roca: "Sono una troia."
Ma John non capiva, il suo volto era segnato da un'espressione interrogativa. La ragazza non disse più nulla.
John le accarezzó una gamba cercando di consolarla e le chiese dolcemente di procedere con la spiegazione.
"Sono una troia John. Una schifosissima troia", continuò lei. Adesso stava urlando, con la voce rotta dal pianto e le mani nei capelli.
"Ma cosa stai dicendo?" domandò ancora confuso. "È proprio l'ultima cosa che puoi dire!".
Ed era proprio così; Cris non era come la maggior parte delle sue coetanee. Cris non scopava ogni sera con un ragazzo diverso, non andava in giro con vestitini provocanti, non faceva il filo a uomini sposati. Cris era diversa.
"Lucas mi ha detto che sono una troia ed ha ragione. Ha fottutamente ragione.", scoppiò di nuovo in lacrime lasciandosi cadere sul suo petto.
"Giuro che vado dentro e lo ammazzo", alzò la voce John e fece per alzarsi.
Ma lei lo fermò: "No, ti prego non farlo!", iniziò ad urlare disperata.
John ci rinunciò e si risedette accarezzandole i capelli. Non voleva peggiorare ulteriormente la situazione.
Aspettava nuove spiegazioni da parte sua.
Dopo un altro sospiro Cris riprese: "Me ne stavo dentro, seduta sul divano tranquillamente. Ero sola quando è arrivato Lucas dal piano di sotto...".
Cris gli raccontò tutto, trasformando i suoi pensieri e sentimenti in una valanga di parole irrefrenabile. Qualche volta si doveva fermare a prendere fiato, o per mordicchiarsi le unghie nel tentativo di non versare più nemmeno una lacrima.
Gli raccontò di come Lucas gli si era avvicinato malizioso, lasciandole qualche bacetto sul collo.
"Poi lui mi ha messo le mani nei pantaloni" proseguì arrossendo. Si vergognava quasi delle parole che le stavano uscendo dalla bocca. "M-ma ti assicuro che gliele ho tolte", balbettó cercando di giustificarsi per qualcosa che non era nemmeno successk.
"Allora quale sarebbe il problema?", chiese lui. "Ma poi Lucas non ha la ragazza?"
"È proprio questo il punto. Io mi sono lasciata prendere dalla situazione, avevo bevuto, e dio mio i suoi occhi azzurri mi fissavano, le sue labbra erano così vicine alle mie... E io non ce l'ho fatta, lo stavo per baciare!".
Si morse l'interno della guancia, voleva essere forte.
"Allora lui mi ha spinto via, ho perso l'equilibrio e sono caduta a terra. Ha sputato sul pavimento, vicino alle mie scarpe. E mi ha detto che sono una troia. E ha ragione. È fidanzato e io lo stavo per baciare, capisci John? Se non mi avesse fermato...", sta volta non riuscì a concludere la frase. Scoppiò di nuovo in pianti, coprendosi il volto con le mani.
"Faccio schifo", si ripeteva da sola, come per convincersi di una cosa che non era vera.

John l'abbracció e le accarezzó la schiena con movimenti circolari.
Poi le prese il volto e lo sorresse con le sue mani. Voleva guardarla negli occhi mentre le diceva "Tu non sei una troia, hai capito?"
Sì avvicinò a lei, perso nell'alcol che ormai stava facendo effetto e perso anche in quelle profondi iridi verdi smeraldo.
Forse era sbagliato quello che stava per fare, ma non ci pensò più di tanto.
Posò un bacio soffice a lato della sua bocca. Poi un altro, un po' più vicino, ed un altro ancora.
Si persero così quei due, in un abbraccio, mentre le loro labbra si sfioravano.
Cris tremava, per il freddo e per le ultime lacrime che sgorgavano dai suoi occhi.
Stava male.
Eppure in quel bacio, forse senza valore, trovò l'ultimo briciolo di speranza che le serviva.
John era una di quelle persone per cui valeva la pena vivere.
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Ispirato ad una storia vera.

Eee nulla, stasera va così. Spero vi sia piaciuta questa one-shot forse senza senso, che però per me ne ha molto.
E scusate per l'infinta citazione iniziale, ma era troppo bella e ne valena la pena ricopiarla.
Buonanotte a tutti💗

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