~BENVOLIO e ROMEO ~

103 3 0
                                    

Entrano BENVOLIO e ROMEO

●BENVOLIO - Fuoco consuma fuoco, caro mio.
Il dolore degli altri scema il tuo.
Se a ruotare in un senso
ti viene il capogiro, va all’inverso
sempre girando, e vedrai che ti passa.
Disperato dolor trova sua cura
nell’altrui pena. Date un nuovo tossico
all’occhio infetto, ed il tossico vecchio
cesserà dal produrre altra infezione.
●ROMEO - Eh, già, pure la foglia di piantaggine
è un buon rimedio.
●BENVOLIO - Rimedio a che cosa?
●ROMEO - Al tuo stinco, dovessi mai spezzartelo.
●BENVOLIO - Ma che dici, sei matto?
●ROMEO - Matto, no,
ma come un matto incatenato, sì,
stretto, in prigione, privato del cibo,
frustrato, tormentato…
(Vede il Servo dei Capuleti)
Olà, buon uomo,
buona giornata a te.
●SERVO - E buona pure a voi la faccia Iddio.
Di grazia, signor mio, sapete leggere?
●ROMEO - Sì, la mia malasorte
nel grande libro della mia miseri
●SERVO - Magari questo pure senza libro
l’avrete appreso… Ma sapete leggere
tutto quel che vi viene sotto gli occhi?
●ROMEO - Sì, certo, se conosco l’alfabeto
e la lingua nei quali è stato scritto.
●SERVO - Questo è parlare da persona onesta.
Allora state allegro. Vi saluto.
●ROMEO - No, resta, amico, questo lo so leggere.
(Gli prende dalle mani il foglio e legge)
“Signor Martino, con signora e figlie;
“Conte Anselmo e vezzose sue sorelle;
“la bella dama vedova Vitruvio;
“signor Piacenzio e graziose nipoti;
“zio Capuleti con signora e figli;
“la mia bella nipote Rosalina;
“Livia; il signor Valenzio e suo cugino;
“Tebaldo; Lucio e la briosa Elena”.
Una bella brigata. E dove vanno?
●SERVO - Su.
●ROMEO - Dove, su?
●SERVO - Di sopra, a casa nostra.
●ROMEO - Nella casa di chi?
●SERVO - Del mio padrone.
●ROMEO - Già, te l’avrei dovuto chieder prima.
●SERVO - Senza che lo chiediate, ve lo dico:
il mio padrone è il ricco Capuleti;
e se non siete di casa Montecchi
potete favorire pure voi
a bere un goccio. State allegro, addio.
(Esce)
●BENVOLIO - A codesto festino,
che i Capuleti danno tutti gli anni
per un’antica usanza di famiglia,
va a cenare la bella Rosalina,
la tua passione, insieme alle più belle
e le più vagheggiate di Verona.
Andiamoci, e là dentro potrai fare,
con occhio spassionato il paragone
tra l’aspetto di lei e di qualcuna
che io t’indicherò; e ci scommetto
che al paragone il tuo leggiadro cigno
ti sembrerà una povera cornacchia.
●ROMEO - Se la pia devozione del mio occhio
dovesse indurmi a proclamare vera
una tal madornale falsità,
che le mie lacrime si faccian fiamme,
e, come eretiche all’autodafé,
brucino queste loro trasparenze(18)
che, tante volte annegate nel pianto,
mai furono capaci di morire!
Una più bella dell’amore mio?…
Sulla terra l’onniveggente sole
da quando questo mondo ebbe principio
non vide donna che le stesse a pari.
●BENVOLIO - Eh, tu l’hai sempre vista tanto bella
perché non l’hai mai vista insieme ad altre,
e sopra la bilancia dei tuoi occhi
s’è controbilanciata da se stessa.
Ma nelle tue bilance di cristallo
se metti sopra un piatto la tua donna
e sopra un altro alcun’altra di quelle
che vedrai splendere a questo festino,
colei ch’ora ti sembra la più bella
ti parrà appena degna d’attenzione.
●ROMEO - Verrò con te alla festa,
non per vedere queste tue beltà,
ma solo per bearmi a contemplare
il fulgore di quella che so io.
(Escono)

Romeo e GiuliettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora