Prologo

34 2 0
                                    

Contra ipsum dominum Iesum Christum in scelus apostasiae nefandae,

detestabile idolatriae vitium, execrabile facinus Sodomorum et haereses varias erant lapsi.

"Essi erano caduti contro lo stesso signore Gesù Cristo nella scelleratezza di una nefanda apostasia, nel detestabile vizio dell'idolatria, nel peccato esecrabile dei Sodomiti e in varie altre eresie."

(Clemente V - Bolla Vox inexcelso - 22 marzo 1312)


Roccasperta, 10 dicembre 1712

Le pareti in tufo della cella sono ormai quasi del tutto ricoperte di graffiti. Un grande sole, una luna, delle serie di numeri, il monogramma di Cristo, una squadra, un orologio con solo quattro ore, un filo a piombo, un ramo di acacia, tante croci, un compasso, una strana figura di uomo selvatico, altre croci su piccole piramidi triangolari, il simbolo delta, sequenze di numeri e di lettere, una rosa rossa, un pentacolo, una stella fiammeggiante, una livella, un pendolo, uno scalpello.

A terra giace inebetito un uomo alto e magro dai capelli corvini e i baffi neri. Una patina di stanchezza ne vela gli occhi, un tempo acuti e penetranti. È guardato a vista e non dorme da più di ventiquattr'ore perché è tenuto sveglio da guardie che si alternano a scuoterlo, picchiarlo e bagnarlo con acqua gelata.

La porta della cella è aperta e l'uomo sente avvicinarsi dei passi pesanti. Stanno venendo a prenderlo per portarlo al cospetto dell'inquisitore. Lo sollevano e, sorreggendolo, lo trascinano verso l'attigua sala adibita alle torture.

Le due guardie gli legano i polsi dietro la schiena e poi a una corda che pende da una carrucola fissata a una trave del soffitto. Poi attendono gli ordini dell'inquisitore, seduto a un tavolo di legno di quercia ingombro di carte, che si rivolge direttamente al prigioniero.

"Matteo, sai quanto detesto tutto ciò. La tortura non mi è mai piaciuta e per di più a un nostro fratello. Tu sei caporale del Sant'Uffizio, possibile che non capisci? Perché mi rendi tutto più difficile? Confessa e tutto ciò cesserà subito."

" Non ho nulla da confessare."

"Matteo", incalza l'inquisitore, "l'accusa nei tuoi confronti è gravissima. Per evitare scandali ufficialmente sei stato arrestato per blasfemia, ma i testimoni parlano di eresia, di pratiche occulte, persino di alchimia."

"Non so di cosa stai parlando."

A un cenno dell'inquisitore una delle guardie tira la corda sollevando il corpo del prigioniero che resta sospeso per le spalle.

L'articolazione della spalla destra, già provata da giorni, cede provocandone la lussazione. Matteo emette un grido sordo. Un altro cenno e il corpo del prigioniero viene fatto calare velocemente e poi fermato all'improvviso a mezzo metro da terra. Il colpo che ne consegue provoca un dolore fortissimo, Matteo lancia un urlo spaventoso e perde conoscenza.

"Tiratelo giù", ordina l'inquisitore alle guardie, "e riportatelo nella cella. Continueremo più tardi."

Il corpo viene trascinato in malo modo fuori della sala delle torture. Rimasto solo, Bartolomeo Cappucci chiude gli occhi stringendosi le tempie con una mano. Quel lavoro in realtà non gli è mai piaciuto. Non ha il fervore e lo zelo di molti suoi colleghi. E poi Matteo non è un semplice caporale del Sant'Uffizio, è un amico, hanno studiato insieme, vivono nello stesso piccolo convento, una cui parte è stata trasformata in tribunale dell'Inquisizione per volere dei superiori.

Roccasperta è un borgo tranquillo, fatto di gente devota che coltiva piccole superstizioni, niente da richiamare l'attenzione degli inquisitori. Ma da qualche tempo sono aumentate le dicerie e le accuse di strani riti che si svolgono di notte nei boschi. Nessuno sa con precisione che cosa accada. Si parla di gente venuta da fuori, di misteriosi predicatori itineranti che diffondono idee eretiche. Proprio a Matteo era stato affidato il compito di indagare tra i contadini e i pastori del posto e proprio lui aveva riferito che si trattava solo di fenomeni dovuti alla credulità popolare.

La cella dell'inquisitoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora