Stavo tranquillamente dormendo, quando Daisy, la mia sorellina irruppe nella mia stanza urlando: "Auguri Jonathan!". Tenera, ma lo disse con un'aria inquietante.
Aspettate, non mi sono presentato. Mi chiamo Jonathan, Jonathan Reese e ho 16 anni. Vivo a Santa Monica e niente, tutto qui. Sono uguale a mia madre. Bella, la mia mamma. Mi ricordo poco di lei, è morta quando avevo solo quattro anni. Comunque ritorniamo a dove eravamo rimasti.
Daisy non è proprio mia sorella, perché è la figlia di mio padre e la sua nuova moglie, ma le voglio bene comunque. Però in quel momento la odiai da morire. Le dissi un semplice "grazie" e mi rigirai dall' altra. Lei si mise a urlare e per evitare che si scatenasse la Terza guerra mondiale, mi alzai. Cambiò subito umore e mi sorrise mostrando orgogliosa i dentini che le erano caduti.
Scesi in cucina, dove c'era Jessica che cinguettava allegramente la canzoncina di "tanti auguri a te". Jessica è la mia matrigna e dico solo che mio padre ha buon gusto nel scegliere le donne.
Ad un certo punto, suonò il campanello ed entrarono i nuovi vicini. Il primo a varcare la soglia fu un uomo sulla cinquantina. Era basso e piuttosto rotondetto. Portava dei baffi e un cappello passato di moda da almeno sessant'anni. La seconda ad entrare fu una signora, presumibilmente la moglie, ed era una bella donna, ma un po' robusta.
Ma poi, poi entrò lei, quella persona che cambiò il corso della mia vita. Dicono che gli angeli cadono dal cielo e spero che lei non si fosse fatta male. Dire che era bellissima era un insulto, era di più. Le sue labbra sorrisero, mettendo in mostra i denti perfetti. E poi, le fossette che comparivano ad ogni movimento della sua bocca la rendevano tremendamente dolce, con la faccia innocente da bambina. Oltre alle labbra, sorridevano anche gli occhi di smeraldo, che irradiavano più della luce del sole a mezzogiorno. Le ciglia lunghe sbattevano come le ali di una fenice. I capelli castani cadevano ondulati sul suo viso e sembravano le onde del mare della mia amata Baia di Santa Monica. E la ciliegina sulla torta era il suo fisico da angelo di Victoria's Secrets, vestito di una salopette che metteva in risalto la sua bellezza.
Di colpo mi guardò e le scappò una risatina. Ah, già ero in mutande. Aspettate un attimo... ero in mutande?! Se sul Guinnes dei primati premiassero le più grandi figuracce a livello globale, sarei già famoso. Infatti, senza neanche salutare, scappai di sopra, mi attaccai al cellulare e, per smaltire il momento imbarazzante, rimasi lì ad ascoltare Martin Garrix per un'oretta, fino a quando mio padre buttò giù la porta di camera mia urlando che ero stato maleducatissimo con i nuovi vicini e chissà che impressione si erano fatti sugli statunitensi.
-Perché, non sono americani? - chiesi a mio padre.
-No, sono appena arrivati dalla Sicilia, perché hanno avuto una nuova offerta di lavoro, qui, a Santa Monica.-
-Ah, e cosa fanno, i bagnini?-
- Non fare lo spiritoso con me, giovanotto. Ora andrai a chiedere scusa a casa loro. –
-No, papà, ti prego! Sequestrami il cellulare, vietami Call of Duty per sempre, ma ti scongiuro, non farmi andare a casa loro! –
-E invece ti presenterai dalla loro porta e ricordati di mettere i pantaloni, questa volta! –
-Ok – risposi arrabbiato.
-Ah, Jonhatan? –
-Che vuoi ancora? –
-Buon compleanno – e sorrise.
La casa dei nuovi vicini era di fronte alla nostra. Prima di suonare il loro campanello lessi il loro cognome: - C-A-M-M-A-R-A-T-A, Cammarata. –
Wow, erano davvero siciliani. Magari le ragazze lì sono tutte così. Stavo pensando di trasferirmi definitivamente in Italia, quando si spalancò la porta dei Cammarata e uscì la ragazza di prima, mentre parlava in una strana lingua, che avrebbe potuto essere l'italiano. Purtroppo non stava prestando attenzione a dove metteva i piedi e mi cadde fra le braccia. Fu imbarazzante per entrambi, ma penso che, in fondo in fondo, anche a lei fosse piaciuto quel momento.
-Ciao. – parlai io per primo, non ero mai stato troppo timido.
-Ciao. – mi rispose guardandomi negli occhi.
-Senti, scusa per prima, ma ero, insomma, ero in mutande e non mi sono presentato: mi chiamo Jonhatan.– Le porsi la mano.
-Piacere, Sara. – La strinse. Era bellissima la sua voce, avrei potuto vivere di quello. Lei era una sirena ed io ero Ulisse.
-Quindi, tu sei nuova da queste parti. – Cercai di attaccar discorso.
-Sì, vengo da Agrigento. – Sospirò. –Qui, però, è così bello. –
Quel momento sembrò durare in eterno. Ci guardammo negli occhi e lei mi sorrise. Giuro, non so cos'avrei dato per baciarla.
Purtroppo, durante quella sinfonia, stonò la vocina stridula di Daisy che urlò: -Jonhatan, è pronto il pranzo!-
-Arrivo, arrivo. – Cambiai tono di voce. –Senti, oggi è il mio compleanno e lo festeggio stasera in discoteca, ti va di venire con me? Così potrai conoscere nuove persone di Santa Monica. – In verità lo scopo era conquistarla sulla pista da ballo, ma sembrava che la scusa delle nuove conoscenze avesse funzionato.
-Oh, sì, mi piacerebbe tantissimo. –
-Allora, ci vediamo stasera. –
- Già. –
-Jonhatan vieni a mangiare! – Stavolta fu Jessica a dirmelo. Sapevo per esperienza che non bisogna farla arrabbiare. Infatti, più o meno due anni fa, mi aveva detto di spegnere l'Xbox, ma io, che ero appena diventato di fatto un teenager, non le diedi retta per dar sfogo alla mia ribellione adolescenziale e, anzi, le dissi che non era mia madre e perciò non aveva nessun potere autoritario su di me. Avrei dovuto fare più attenzione prima di parlarle in quel modo, anche perché stava stirando e lei ha la brutta abitudine di tirare gli oggetti che ha in mano, quando si arrabbia. Ora, non chiamate il Telefono Azzurro per questo, in fondo ognuno ha i suoi modi per insegnare l'educazione, però, in effetti, cercare di colpirmi con il ferro da stiro, non è proprio un buon metodo.
Comunque, mi congedai con Sara e scappai di corsa a casa mia. Appena aprii la porta, mi avvolse il profumo delle lasagne di Jessica, il mio piatto preferito. Erano già tutti seduti a tavola, che si gustavano quella prelibatezza, come se fosse la manna più buona.
-Forza, Jonhatan, vieni che si raffreddano. – Mio padre quando mangiamo ci vuole sempre tutti a tavola.
-Oggi vado a dormire da Lucy! Oggi vado a dormire da Lucy! - Daisy adorava i pigiama party, la facevano sentire grande.
-Ah, Jonhatan, cosa vuoi per il compleanno? – Mi chiese Jessica.
-Oh. – Stavo per rispondere GTA 5, un videogioco per l'Xbox, ma poi mi venne in mente che proprio oggi, il 29 ottobre, era spuntata dal nulla Sara. Pensai che quello fosse più che un regalo, quindi risposi: -Niente-
-Sicuro? –
-Eccome, Jessica, eccome. –
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Piacere, Joker
HorrorSentimmo un cigolio: la porta si era aperta. Non c'era traccia di nessuno sulla soglia. Era tutto apparentemente troppo calmo. Di colpo, si alzò un'ombra dietro di noi e lo sentimmo di nuovo, di nuovo quello schricchiolio si mescolò al silenzio: -Pi...